C’è gente con competenze straordinarie che si dedica ad attività senza grande utilità sociale e c’è gente incompetente che coinvolge in un dibattito idiota l’intera popolazione di una nazione. L’inutilità dei primi non fa male a nessuno e la loro reputazione ondeggia tra l’essere ritenuti geniali o dei semplici perditempo. I secondi invece vivono di opposti: o vengono acclamati come menti illuminate o vengono insultati per i delinquenti che sono, visto che si arricchiscono per risultati o teorie oggettivamente prive di valore. Le due categorie, va da sé, sono presenti in ogni professione e campo, compreso quello della ricerca.

Questa settimana il piccolo mondo scientifico si è arricchito di due paper che possono essere definiti fondamentali come può esserlo un ombrello a protezione dei manoscritti originali dei Vangeli sotto le cascate del Niagara. Ma non un ombrello qualsiasi, intendo proprio uno di quelli piccolini che vendono i Pakistani in stazione centrale e che si rompono perfino a contatto con la nebbia. Di seguito un riassunto di queste due ricerche, ad esempio delle categorie di cui dicevo: prima i competenti perditempo, poi gli incompetenti sopravvalutati.

Come chiamare Caravaggio per imbiancare il bagno

Goldman Sachs ha pubblicato un paio di settimane fa un report di 67 pagine riguardante un’analisi Mondiale. Si intitola: The World Cup and Economics 2014. Ovviamente il report ha destato la curiosità di molti (compreso il sottoscritto), speranzosi di poter leggere chissà quali sofisticate spiegazioni partorite dalle menti dei maestri assoluti della finanza. Brevemente, è diviso in alcune classi d’analisi.

Nella prima vengono indicati i risultati di un modello predittivo sulla nazionale che vincerà i Mondiali 2014. Suppongo la quantità di tempo dedicata dai migliori cervelli del mondo per arrivare al risultato: “Vince il Brasile”, con tanto di Montecarlo Analysis basasta sulle statistiche storiche delle squadre partecipanti. Roba che se alla sede di Goldman ci portavo il Nick, il Gio, il Ciuzzy e una cassa di Moretti facevamo prima e meglio.

Le probabilità di vittoria di ogni nazionale secondo il modellone di GS. L’Italia ha il 5,6% di arrivare in finale e l’1,5% di vincere.

Seguono poi una serie di correlazioni spurie (qui un vecchio articolo per chi non sapesse cosa sono) da far sanguinare gli occhi, se non fossi convinto che sia tutto uno scherzo, una semplice mossa di marketing per far rafforzare il marchio e regalare del buon tempo perso alla pausa caffè. Nell’ordine Goldman ci informa che:

1) Le nazioni che vincono il mondiale avvertono una performance dei mercati finanziari superiore nei primi 60 giorni alla media mondiale, con lenta discesa nei mesi successivi. Viceversa quelle che perdono la finale

2) Il numero di cartellini rossi estratti durante i tornei sono aumentati assieme al tasso di criminalità registrato in Inghilterra.

3) La quantità di terra arabile di una nazione terra aumenta le probabilità di vincere i mondiali (R-quadro pari a 0,31, ma vabbè).

4)L’inflazione nel mondo ha seguito un andamento negli anni decrescente, proprio come è diminuito il numero di gol segnati ai Mondiali

Tutto questo in una ventina di pagine, intervallate dalla formazione dei sogni secondo Franz Beckenbauer (forse l’analisi più lucida e oggettiva del paper). Le restanti 40 sono dedicate ad un’analisi di una pagina in cui i dirigenti dei vari uffici internazionali di GS tentano di incrociare le possibilità di ogni squadra con lo stato dell’economia di quella nazione. Insomma, si tratta di pagine che potrebbero tranquillamente essere pubblicate su Focus, ma mettiamola così: anche i migliori han bisogno di cazzeggiare di tanto in tanto. E come dicevo all’inizio, male non fanno.

Come chiamare Hannibal Lecter a Hell’s Kitchen

Se il report di Goldman Sachs non renderà il mondo un posto peggiore, il secondo che vengo a presentarvi è compartecipe di un fenomeno che sta ballando la samba sul confine della legalità. Si intitola Stem Cells and Niemann Pick Desease, ed è stato pubblicato da Marino Adolina sull’International Journal of Stem Cells. Si tratta di una delle prime – forse LA prima – pubblicazioni scientifiche prodotte da Stamina Foundation, di cui Andolina è vicepresidente. Il suo nome è sempre stato nascosto dal fondatore e presidente Davide Vannoni, fino alla settimana scorsa quando il tribunale di Pescara l’ha autorizzato – obbligando l’ospedale di Brescia a collaborare – a proseguire la cura Stamina su un bambino di tre anni.

Attenzione però: utilizzare i termini “pubblicazione scientifica” in questo caso può essere tanto inadeguato quanto definire Belen Rodriguez un’artista contemporanea. Si tratta infatti di 3 misere paginette descrivibili con i seguenti aggettivi:

• inutili: in quanto pubblicate da una rivista totalmente sconosciuta nel campo medico, e pubblicata dalla altrettanto sconosciuta Catholic University of Korea – Insitute of Biomedical Industry
• imbarazzanti: il paper contiene robe toccano il limite della professionalità (“As long as the cells maintain the features of stem cells, they are able to move across the blood brain barrier and to “feel” the chemical messages of cellular damage”) e lo superano entrando nel mondo del ridicolo (“Maybe if we had chosen this treatment much earlier the outcome would have been different”. Come ha commentato qualcuno: “Maybe if my grandmother had the wheels, she could have been a cart”).
• false: l’articoletto si chiude con la dichiarazione da parte di Andolina dell’assenza di conflitti d’interesse economico nella ricerca. Ma certo, è solo il vicepresidente dell’unica fondazione che sostiene la validità, l’applicabilità e quindi la commerciabilità del trattamento (e, guarda caso, è l’unica a detenerne il brevetto) 

Probabilmente in un Paese ideale la gente avrebbe fatto di Andolina una burletta da Bagaglino, facendogli mangiare quelle tre paginette per poi magicamente fargliele uscire da altri pertugi. Una pratica da far portare via massimo cinque minuti, che poi bisogna andare avanti a lavorare. O a leggere più attentamente il report di Goldman Sachs, per bullarsi con i colleghi del marketing.