Ben ritrovati, cari esserini monosinaptici!
Eccomi rientrato da una riposante vacanza. Come state? Ferie finite, stress da rientro, nervi a fior di pelle? Psoriasi?
Avete bisogno di una psicoterapia? Non esitate allora, contattatemi in privato che vi fornisco IBAN o indirizzo a cui inviare il contante, così potremo iniziare qualche seduta. Scherzo ovviamente, la mia mente è troppo elevata per accettare di prostituirsi al vostro servizio; ecco perché ho scelto la carriera accademica: il disprezzo verso l’essere umano medio.
Oggi tuttavia ho deciso di venire incontro alle vostre facoltà mentali ancora obnubilate dallo sbrego delle nottate al Cocoricò. Per cui non parlerò di neuroni, cervello o macchine sparaflashanti: dato che già solitamente non ci capite un cazzo, in questo clima sonnacchioso di inizio settembre finirei per annoiarvi. Vi parlerò di alcuni piccoli trucchetti utilizzati da noi strizzacervelli. La motivazione è duplice: in primo luogo, non voglio che pensiate che tutto ciò che fa un terapeuta sia restare seduto annuendo e fingendo di ascoltare i cazzi vostri mentre in realtà sta pensando al nuovo SUV che si comprerà grazie alla vostra parcella. Dietro a quelli che possono sembrarvi commenti o osservazioni banali si celano invece (o dovrebbero celarsi) una professionalità e una tecnica, che non sono spontanee in un rapporto qualsiasi. In secondo luogo, se adotterete queste “tecniche” diventerete voi stessi degli ascoltatori migliori e vi saranno utili nella vita di tutti i giorni, per migliorare il dialogo con la vostra fidanzata, coi colleghi, con vostra madre, col salumiere, insomma con chicazzovipare.
Per semplificare la questione, parleremo dell’ipotetico paziente Eushtacchio*, 42 anni: giunge alla nostra osservazione perché dedito a pratiche di autolesionismo penico, che hanno cominciato a creare dei problemi nel rapporto tra lui e la moglie.
Innanzitutto un bravo professionista deve sapersi porre davanti al paziente in uno stato d’animo di assenza di pregiudizio. Il fatto che il buon Eushtacchio goda nell’infilarsi i chiodi arrugginiti nel prepuzio piuttosto che trombandosi sua moglie non deve indurci subito a pensare che lui sia un picchiatello o che sua moglie è così cozza che è meglio crocifiggersi il pene piuttosto che chiavarla. Dobbiamo porci nei suoi confronti con un atteggiamento aperto, genuinamente interessato e non giudicante: ecco, magari le risate le tratteniamo fino a quando Eushtacchio non ha chiuso la porta dello studio.
Quando Eushtacchio viene a trovarci, solitamente ci racconta in maniera solo apparentemente semplice e lineare quello che gli succede e come si sente a riguardo (d’altronde, se fosse una persona lineare non dovrebbe sentire il bisogno di scartavetrarsi –letteralmente- la minchia ogni qual volta che sta male psicologicamente). È qui che entrano in gioco la riformulazione e la chiarificazione. La prima consiste nel ripetere, con parole diverse, il concetto appena espresso dall’altra persona. Esempio: “minghia oh sono troppo incazzato con mia moglie, quella shtronza demmerda si ha ppreso la cushtodia dei figli e dice che io sono pazzo e non li posso tenere”. Riformulazione: “dunque, se ho ben capito lei ha detto che sua moglie ha un atteggiamento ostile verso di lei, e lei è molto arrabbiato con sua moglie perché le ha portato via i bambini, giusto?”. La riformulazione non serve solo a tradurre in italiano le frasi dei pazienti più capre (anche se i grammarnazi che albergano in noi non vedono l’ora), ma anche a dare un nome corretto ai sentimenti e alle emozioni, a dimostrare che si è attenti a ciò che l’interlocutore sta dicendo, e soprattutto a verificare che abbiamo compreso appieno quello che lui sta dicendo. Questo aumenta il rapporto di fiducia che lui avrà in noi e lo spingerà a raccontarci ancora di più i fatti suoi (muah ahah altro che Mossad).
Similmente, la chiarificazione (ovvero il dare un senso compiuto a ciò che l’altro ha detto in modo confusionario) spingerà l’interlocutore ad avere una visione più chiara di quello che ha espresso e di conseguenza di quello che sente. Eushtacchio: “allora no, ieri ero aggitato e non capivo ungazzo perchè a mia moglie se n’era vvenuta a prentere i banbini e allora ho shpaccato una porta e poi lei ha ddett che se non ci do i soldi mi manta in calera porcoddio”. Chiarificazione: “signor Eushtacchio, vedo che lei è ancora arrabbiato. Mi ha detto che lei ieri era così nervoso che ha addirittura rotto una porta: ma questo è successo dopo che sua moglie la minacciasse di mandarla in prigione, ho capito bene?” e così via. State bene attenti però che nulla di tutto ciò deve sfociare in una interpretazione, che è tutt’altra cosa: ad esempio “io credo che lei si affetti il pene come un’amicachips perché suo padre da piccolo la trattava come un idiota e ora sua moglie fa lo stesso” (d’altronde, come darle torto). Mai, MAI lanciarsi in interpretazioni se non dopo mesi e mesi di colloqui, se e solo SE siamo sicuri a) che siano corrette, b) che il paziente stesso sia in grado di ragionare appieno sull’argomento e ne abbia già acquisito una certa consapevolezza.
Ora, tutto ciò che abbiamo visto (vicinanza empatica, riformulazione/chiarificazione, assenza di pregiudizio) sono solo alcune delle tecniche utilizzate nei colloqui psicologici. Quando parliamo con gli altri invece siamo sempre più impegnati a raccontare i cazzi nostri piuttosto che ad ascoltare in modo partecipe, oppure, se ascoltiamo, nella nostra mente albergano frasi tipo “dio, quanto è coglione questo”. Risultato: l’altro, non gratificato perché non si sente ascoltato, smette di cagarci.
Poi non lamentatevi se alla festa delle medie nessuno vi invita, il Dr Sucks ve l’aveva detto.
(potete trovare la prima parte dell’articolo qui)
Ossequi
Oliver
*personaggi e avvenimenti qui descritti sono frutto di pura invenzione
Il Dr Oliver Sucks nasce numerosissimi anni fa in un paesino imprecisato del Uaiòming. Dopo un’infanzia e un’adolescenza assolutamente mediocri, si iscrive al corso di Psicologia e Neuroscienze della scuola Radioelettra di Torino e si laurea col massimo dei voti. Consegue poi un dottorato in Neurotuttologia alla CEPU e infine corona il suo sogno scientifico diventando emerito professore di Cognitive Neuroscience alla Fave University. Da qualche tempo, nei momenti liberi tra un simposio, una conferenza e una frustata ai suoi dottorandi, si dedica alla divulgazione di argomenti neuroscientifici per voi giovani topini da laboratorio di IMDI. E’ anche un accanito fan degli Elio e le Storie Tese, nel caso non ve ne foste già accorti. http://www.facebook.com/ilDottorSax
26 Novembre 2012
23 Aprile 2012
Il Dr Oliver Sucks nasce numerosissimi anni fa in un paesino imprecisato del Uaiòming. Dopo un’infanzia e un’adolescenza assolutamente mediocri, si iscrive al corso di Psicologia e Neuroscienze della scuola Radioelettra di Torino e si laurea col massimo dei voti. Consegue poi un dottorato in Neurotuttologia alla CEPU e infine corona il suo sogno scientifico diventando emerito professore di Cognitive Neuroscience alla Fave University. Da qualche tempo, nei momenti liberi tra un simposio, una conferenza e una frustata ai suoi dottorandi, si dedica alla divulgazione di argomenti neuroscientifici per voi giovani topini da laboratorio di IMDI. E’ anche un accanito fan degli Elio e le Storie Tese, nel caso non ve ne foste già accorti. http://www.facebook.com/ilDottorSax
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