Durante l’ultimo anno, il mercato italiano di biscotti e dolci vari è stato sconvolto da un nuovo fenomeno: quello del senza olio di palma. Numerose aziende hanno fatto la scelta di sostituire questo prodotto con altri oli, spinte anche da associazioni ambientaliste, come Greenpeace.
Ma facciamo chiarezza. Quali sono i reali rischi legati all’assunzione di olio di palma e cosa invece è solo allarmismo?
L’olio di palma è un olio vegetale ricavato dalla spremitura dai frutti della Elaeis guineensis, conosciuta come palma da olio.
I principali paesi produttori ed esportatori di olio di palma sono Indonesia e Malesia, seguiti da altri paesi africani.
Arriviamo alla composizione dell’olio di palma. Nell’olio di palma grezzo, che è composto quasi per il 100% di lipidi, si ha una percentuale di acidi grassi saturi intorno al 50% (il cui principale è l’acido palmitico), di grassi acidi monoinsaturi del 40% (principalmente acido oleico), di acidi grassi polinsaturi del 10% (principalmente acido linoleico). Oltre a questi, l’olio di palma contiene altre sostanze come la vitamina E, soprattutto sotto forma di carotenoidi.
Quindi, l’olio di palma, al contrario di altri oli vegetali, ha una percentuale più alta di acidi grassi saturi.
Dal punto di vista della salute, è opportuno limitare il consumo di grassi saturi (presenti principalmente in prodotti di origine animale, come il burro, ma non solo) in favore di grassi mono- e polinsaturi (presenti in maggior percentuali in altri oli vegetali, come l’olio di oliva o di semi di girasole), al fine di prevenire l’insorgere di eventuali malattie cardiovascolari.
Chiariti questi aspetti, poniamoci un’altra domanda ricorrente.
Lo scorso marzo, l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha pubblicato uno studio (una ricerca tecnica di 159 pagine, indirizzata ad esperti della Commissione europea) sugli eventuali effetti della trasformazione dei glicidil esteri in glicidolo, processo che avviene durante la digestione. Il glicidolo è noto per essere un potenziale agente cancerogeno.
Questo studio, tuttavia, non è esclusivamente relativo all’olio di palma, ma a tutti gli oli vegetali raffinati. Quindi è inesatto e allarmistico additare questo ipotetico rischio al solo olio di palma, considerato anche il fatto che non è mai stato effettuato alcuno studio relativo alla correlazione tra olio di palma ed insorgenza di tumori.
L’origine delle polemiche che circondano l’uso dell’olio di palma nasce da problematiche relative alla coltivazione della stessa palma da olio.
La palma da olio ha un ciclo produttivo di circa 25 anni, con una produzione media di 4 tonnellate di olio per ettaro. Questo fatto ha reso la coltivazione estremamente vantaggiosa, al punto da spingere molti piccoli produttori, principalmente del Sud-Est asiatico, ad intraprendere politiche di deforestazione per aumentare il terreno a propria disposizione.
Questo ha portato alla necessità di istituire forme di controllo per la sostenibilità ambientale dell’olio di palma. La prima associazione internazionale a nascere (nel 2004) è stata la RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil), seguita da altre come la POIG (Palm Oil Innovation Group), che si pone come obiettivo di supportare la RSPO attraverso la creazione di standard ancora più severi. Quindi da più di dieci anni è in atto uno sforzo congiunto internazionale per ridurre l’impatto ambientale della coltivazione della palma da olio, cercando di ottenere la completa sostenibilità di questo prodotto.
La completa sostenibilità ovviamente non si è ancora raggiunta. I problemi esistono e sono presenti. Tuttavia, il discorso non può essere ridotto semplicisticamente, dal momento che per valutare l’impatto ambientale di una coltivazione bisogna tener conto di una moltitudine di aspetti. Uno di questi è il fatto che la palma da olio è un tipo di piantagione che necessita di molta meno energia, fertilizzanti e pesticidi di altre, come la soia o la colza. Per fare un esempio, per produrre una stessa quantità di olio, serve una superficie di piantagione di soia quattro volte maggiore rispetto ad una di palma. Quindi, volendo operare una sostituzione della coltivazione della palma con un altro tipo, si andrebbe incontro ad un danno ancor maggiore.
Per i principali paesi esportatori di olio di palma, questo prodotto rappresenta una fonte essenziale di sviluppo economico che non può essere alienata. Ma allo stesso tempo è necessario che sia regolamentata, al fine di salvaguardare la fauna e il patrimonio forestale, che incide sul clima globale. Il punto è trovare un equilibrio tra produzione e salvaguardia dell’ambiente naturale, che è la strada perseguita dai fautori della coltivazione sostenibile, tra cui troviamo sia aziende sia la precedentemente citata Greenpeace.
In Italia, a fine 2015, si è formata l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, a cui hanno aderito tutte le principali aziende del mercato dolciario italiano. I membri di questa associazione si impegnano “ad utilizzare unicamente olio di palma certificato RSPO entro il 2016 e ad utilizzare entro il 2020 olio di palma sostenibile secondo i criteri definiti dall’Unione stessa, più stringenti rispetto a quelli attualmente previsti da RSPO”.
Tuttavia, molte aziende italiane, tra cui membri della RSPO (come la Barilla), hanno comunque deciso di eliminare l’olio di palma dai propri prodotti in favore di altri grassi di origine vegetale, come l’olio di girasole.
Al di là di quanto questa scelta sia stata dettata dal voler migliorare la salubrità dei propri alimenti o invece sia solo una mossa di marketing, la cattiva informazione che ne è conseguita ha portato ad una demonizzazione dell’olio di palma, che è in gran parte ingiustificata, anche se, come detto in precedenza, questo prodotto va comunque utilizzato con consapevolezza, al pari di ogni altro alimento.
Ma chi è che sta contribuendo attivamente a questa demonizzazione, propagandando più o meno esplicite falsità?
Mettiamoci nei panni di chi volesse informarsi sull’olio di palma e decidesse di utilizzare uno strumento come Google per trovare qualche dato. Simuliamo una ricerca “olio di palma fa male” e vediamo cosa ne risulta.
Ecco. Tra questi articoli quelli che portano dati confermati, non scadendo in allarmismi ingiustificati, (rimandando a fonti attendibili) sono due (escludendo la voce di Wikipedia, che comunque è una risorsa utile): l’articolo di Wired (citato in precedenza) e quello dell’AIRC. Gli altri riportano titoli sensazionalistici e informazione incorretta.
Ma soffermiamoci su due di questi.
L’articolo di Repubblica non riporta dati effettivamente sbagliati. Tuttavia, li veicola in maniera parziale, offrendo una visione complessivamente allarmistica della questione, utilizzando come fonti altri articoli che hanno la stessa impostazione, poco scientificamente accurata, dell’articolo principale.
Il secondo è l’inchiesta di Altroconsumo, che consiste in una piccola indagine sulla presenza del glifosato in alcuni prodotti alimentari reperibili in Italia. Anche qui, i toni che cadono nell’allarmismo nascono da una ricerca compiuta su un campione piuttosto ristretto. Le ricerche di questo tipo è sempre opportuno che siano analizzate criticamente e confrontate con altre ricerche, possibilmente su larga scala.
Comunque, qualunque sia l’origine di questa demonizzazione generale dell’olio di palma, è bene non cedere mai alla tentazione di affidarsi a fonti tendenziose o, peggio, di non cercare l’origine di una notizia.
Un’analisi consapevole e critica di ogni singolo stralcio di informazione che ci troviamo davanti ci aiuterà a non cadere vittima di disinformazione e bufale varie.
20 anni, sono uno studente di Fisica che cerca di fare debunking attraverso un po' di informazione scientifica e si diletta di musica.
8 Gennaio 2017
7 Gennaio 2017
19 Dicembre 2016
18 Dicembre 2016
11 Novembre 2016
20 anni, sono uno studente di Fisica che cerca di fare debunking attraverso un po' di informazione scientifica e si diletta di musica.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.