“When out of men’s hearts all hate has gone
It’s better to die than forever live on”
Little Black Angel, Death in June
Fatico a pensare a qualcosa di più veritiero. Almeno per quella che è la mia storia. Cosa diventiamo dunque quando non odiamo più?
State leggendo la mia rubrica, quindi presumo che vogliate una mia risposta al riguardo o quantomeno ve l’aspettate vista la premessa. Bene, vi dirò la mia: diventiamo niente, semplici vegetali dotati d’intelligenza. Perché? Perché l’odio presuppone l’amore, presuppone ideali. E come facciamo a vivere senza amare qualcosa o qualcuno? Io non voglio risparmiarmi la bile se l’alternativa è una vita piatta. Voglio continuare ad essere travolto da un vulcano in continua eruzione, per quanto sia stancante.
Il problema è che amare significa idealizzare e gli ideali non sono cosa di questo mondo. Prima o poi ce ne accorgiamo. Allora le scelte diventano due: accettare in qualche modo la cosa (accettando così anche l’idea di continuare una vita piena di disillusioni) oppure entrare nel più buio dei tunnel e non vederne più l’uscita.
Direi che non abbiamo molta scelta se vogliamo sopravvivere.
C’è tuttavia qualcosa che può allentare tutta questa merda ed è l’arte. Trovare la proprio visione/opinione espressa anche da qualcun altro (in una forma bella) è quanto di più magnifico la vita riserbi al nostro intelletto. Ci fa sentire meno soli in mezzo al mare della stupidità umana. A questo proposito faccio riferimento ad un altro grande pezzo dei Death in June: “But, what ends when the symbols shatter?”. Dice (ma dipende dalle interpretazioni) più o meno quanto ho detto io. L’unica parte scritta che manca è quella riguardante l’accettazione, ma il fatto che l’autore abbia trovato le palle di scrivere ‘sta canzone presuppone la scelta di non mollare tutto.
When life is but disappointment
And “nothing” is amusing
The one wild hunt
For loneliness
Is a life without god
Is an end without love
Soulless today
And soulless tomorrow
We struggle for the joy
Oh, we struggle for the joy
That life is haunted by
Its memories – its meaninglessness
Yearn to be gathered, cracked and saved
A thought for a life time
A thought for a night time
But, what ends when the symbols shatter?
And, who knows what happens to hearts?
But, what ends when the symbols shatter?
And, who knows what happens to hearts?
Ah, non v’ho parlato dei Death in June. Ebbene sono un gruppo molto complesso e controverso. Qui trovate un’ottima sintesi della loro storia, qualcosina c’è anche su Wikipedia. Ma il miglior metodo per comprenderli è ascoltarli prima (come con tutti i gruppi direi). Se v’interessa saperlo, il mio album preferito è “But, what ends when the symbols shatter?” (ne trovate tutti i pezzi su Youtube), ma tutta la discografia merita. Ovviamente bisogna cimentarcisi bene, non sono facili di mandar giù. In compenso una volta amati li si ama per sempre.
Mi rendo conto che quest’articolo non sia proprio facile da digerire. Voglio dunque allentare (ma non troppo) la pesantezza delle mie riflessioni con un’altra piccola riflessione.
Qualche giorno fa stavo leggendo Il Segreto di Luca. Nel terzo capitolo si narra di questo partigiano di nome Andrea Cipriani (uno dei protagonisti del libro) che, trionfante, fa ritorno al paesino dal quale era stato esiliato durante il Fascismo. La scena in questione è questa: in Comune si discute su come fare la cerimonia di bentornato. Si parla di invitati. Ma ad un certo punto partono delle osservazioni:
“«Non credete» egli spiegò «che dovremmo amichevolmente consigliare di astenersi dalla cerimonia almeno quelli che, a suo tempo, denunziarono alla polizia il maestro Cipriani e lo fecero arrestare? »
«Già, già » borbottò il sindaco «naturale.»
[…]«Non dovrebbero starsene alla larga anche quelli che firmarono la petizione perché il Cipriani fosse cancellato dal ruolo dei maestri? Che ne pensate?»
[…]«E quelli che lo presero a sassate mentre si trovava ammanettato tra i carabinieri?»
[…]«Se escludiamo tutti gli indegni, scusate, chi parteciperà alla cerimonia? Forse qualche cafone, ma nessuna persona per bene; non vi pare?»”
Ora, non è per confrontare i Partigiani con i grillini (ghe mancaria altro…), ma questa scena m’ha ricordato molto l’elettorato italiano: per 17 anni ha votato e sostenuto Berlusconi. Appena le cose sono iniziate a cambiare (ma neanche troppo) tutti sono diventati santi, tutti “rivoluzionari”. Ed eccolo la solita damnatio memoriae.
Che volete che vi dica? L’uomo è lo stesso di sempre. Mai cambiato e mai cambierà.
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