Chiariamolo da subito, non sono qui per risolvere i problemi di droga di nessuno. Se ne avete, anzi, forse è meglio che chiudiate la pagina e andiate a bombarvi altrove, perché ciò che ho da dire potrebbe non piacervi.
Ma partiamo dal principio: qualche giorno fa sono tornato da una partita di calcetto e ho trovato ad aspettarmi, oltre alla cena, una puntata di PresaDiretta sui problemi di droga, in particolare sulla cannabis. La cosa ha prodotto uno scontro familiare, e questo articolo è il risultato del dibattito. Il problema principale temo sia stato – mea culpa – che da qualche tempo trovo il buonismo di sinistra illogico e intollerabile: quel buonismo che spinge la gente a pensare di poter salvare tutti. A me pare una cosa logica che, semplicemente, quando qualcuno arriva oltre una certa età, oppure oltre un certo limite di droga assunta al giorno/settimana/mese/anno, sia impossibile salvarlo, a meno che lui non voglia. Beh, diciamo che è impossibile salvare chiunque, se quel qualcuno non vuole essere salvato, il che è la ragione per cui sono favorevole all’eutanasia per tutti e non capisco le leggi contro il suicidio (piccola parentesi: se sei depresso e tenti il suicidio, sbatterti in una cella imbottita ti renderà più allegro? Ne dubito).
Comunque, riprendiamo. L’assunto è che certa gente non si possa salvare (e trovo stupido pensare il contrario). Io aggiungo: la gente che non si può salvare perché non vuole essere salvata bisogna lasciarla morire, e nel caso anche aiutata a farlo. E aggiungo di più: lo Stato può e deve lasciarla morire, per il bene del resto dei suoi cittadini. Io sono, si sarà capito, pro-legalizzazione, e non solo della cannabis, che pure fonti mediche mi dicono possa essere assai dannosa: farei monopolio statale produttivo e gestionale di tutte le droghe, metterei visite mediche mediche come requisito per averle, e i soldi li intascherebbe lo Stato, il quale d’altro canto ne assicurerebbe la qualità e il dosaggio non letale – sapete, per togliere soldi alle mafie e comunque salvaguardare, per quanto possibile, la vita dei suoi cittadini. In un situazione del genere, chi continua a comprarla illegalmente corre rischi stupidi – al pari di adesso, ma con più idiozia, perché l’alternativa sicura e legale c’i sarebbe – e a quel punto, per quanto mi riguarda, entra in gioco la selezione naturale. Era troppo stupido per sopravvivere, un po’ come se fosse stato un bifolco qualunque e avesse deciso di non fermarsi ad un posto di blocco dei carabinieri. Insomma, da capo: chi non vuole essere salvato, va lasciato morire. O aiutato a farlo, vendendogli la droga – e come succede con chi fuma sigarette o tabacco, e con chi beve alcolici, lo Stato ci guadagna in tasse e controllando il mercato. Il tutto garantendo al cittadino la libertà di fare ciò che vuole, o meglio, di farsi quando vuole.
Ovviamente, sarebbero necessarie le stesse accortezze che si hanno con le due merci sopra citate, il tabacco e l’alcol, ossia bisognerebbe stilare delle leggi, stabilire delle pene per chi fa cazzate in stato alterato, e poi ovviamente farle rispettare. E prima di tutto bisognerebbe vincere la resistenza cattolica e di destra riguardo a queste cose – per la qual cosa il buonismo sinistroide, pur così fastidioso e irritante, potrebbe essere utile. E poi? Poi qualcuno morirà, fungendo tra l’altro da esempio per gli altri, quindi rendendosi assai più utile di quanto non sia al momento, e tutti cominceranno a lamentarsi (ma lo farebbero ugualmente). E qualcuno, probabilmente gli stessi sinistroidi che hanno aiutato a far passare il provvedimento, dirà che è orribile che lo Stato lucri sulle dipendenze della gente, al che io riderò e gli farò notare che le cose già stanno così. E che i soldi in cassa potrebbero far sì che non sia più necessario tagliare su istruzione, pensioni e sanità, quindi dovrebbero tacere e ringraziare. Insomma, come cantavano gli Ska-P, “Legalización!“, ma con un punto di vista un po’ diverso dal solito. Per riassumere: problemi di droga? Muori.
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