L’altra mattina ho dovuto chiamare un centro sportivo per disdire la prenotazione di un campo su cui dovevo giocare la sera stessa. La donna della reception, con una voce legittimamente scocciata, mi ha informato che avrei dovuto comunque pagare l’ora che avevo bloccato perché i termini di preavviso erano scaduti. Purtroppo per lei questa minaccia era del tutto innocua, dato che al momento della prenotazione mi avevano chiesto soltanto il nome (e io prontamente avevo dato quello di un mio amico). Onestamente, aver realizzato che i centri sportivi non si premoniscono contro disdette dell’ultimo momento mi ha lasciato interdetto. Moltissime imprese che offrono servizi per cui è prevista la prenotazione si tutelano attraverso diverse forme, come l’anticipo di una caparra o l’obbligo di fornire il numero di una carta di credito. Queste mia perplessità è stata ulteriormente stuzzicata da un articolo di Priceonomics intitolato Why Don’t Restaurants Charge for Reservations? La domanda posta dal sito (che ancora non ho capito se si colloca più vicino al serissimo Quartz o al minchione The Onion) è particolarmente interessante: perché un ristorante accetta tutto il rischio di perdere incassi potenziali per aver inutilmente tenuto bloccato un tavolo?
A prima vista il rischio non sembra poi così alto. In fondo il prezzo per una settimana in hotel è decisamente più alto di quello di una cena, per cui è comprensibile che l’albergatore chieda la caparra e il ristoratore no. Inoltre, se non dovesse presentarsi il cliente, è molto probabile che il tavolo possa essere occupato da avventori giunti sul momento (qualità che invece non tocca i centri sportivi). Eppure sono convinto che, a lungo termine, il numero di disdette per un ristorante sia particolarmente elevato e il proprietario del locale, a conti fatti, potrebbe e dovrebbe preoccuparsene.
Secondo Priceonomics una ragione del mancato charge sulle prenotazioni è da ricondurre al fatto che possano intaccare il principio alla base di un ristorante, ossia l’ospitalità. Il ragionamento dei ristoratori sostanzialmente è questo: “Non importa se c’è un sacco di gente disposta a venire a mangiare da me, se ci sono le file o se si ammazzano per prenotare. Non sono interessato a ottenere un profitto extra, alzando leggermente i prezzi del menù o chiedendo un premio per aver bloccato il tavolo. Ho aperto il locale per condividere l’ospitalità e la bontà dela mia cucina. Inoltre l’introduzione di un sistema ostile ai clienti potrebbe colpire duramente lo zoccolo duro costituito dagli aficionados“.
Il ragionamento è comprensibile e per diversi aspetti corretto: uno apre un locale perché è bravo a cucinare, non perché esperto in price setting. Purtroppo però il mondo è popolato da persone con una spiccata dote per la microeconomia, ed ecco che a San Francisco sono nate applicazioni che sfruttano un potenziale mai sfruttato dai business tradizionali (diciamolo: mobbasta con queste applicazioni che sfruttano potenziali mai sfruttati!). In poche parole le società dietro queste apps non fanno altro che prenotare tavoli su tavoli in tutti i ristoranti della città, in particolar modo quelli più richiesti. A quel punto vendono la prenotazione per qualche spicciolo al primo interessato (che in precedenza aveva chiamato il ristorante per farsi sentir dire: “Ci spiace, è tutto prenotato”). Pochi spiccioli per centinaia di prenotazioni fanno tanti bei soldini ed ecco a voi un nuovo business.
Oddio, forse non totalmente “nuovo”: in fondo è dalla nascita della agenzie viaggi che alcune persone fanno soldi con le commissioni sulle prenotazioni. E, come dicevamo, il premio per la prenotazione esiste in tanti altri settori: da quello alberghiero a quello dello spettacolo (un esempio su tutti il salatissimo costo di prevendita su Ticketone). E se non siete convinti che la gente sia disposta a pagare in anticipo per una cena, pensate al successo di Groupon.
Qualche ristoratore ci è arrivato, e ha introdotto prezzi variabili con la domanda (per esempio lo stesso menù costa meno nell’infrasettimanale) o chiedendo un anticipo al momento della prenotazione online. Senza sorprese, le cose sembrano andar bene. A questo punto, le domande successive sono: tra quanti anni arriverà anche in Italia? Riuscirà ad estendersi ad altri settori, come quello dei centri sportivi?
Il mio scontatissimo parere è che ancora per anni dovrò prenotare i campi di calcetto con nomi farlocchi, fino a che tutte le polisportive milanesi avranno registrato il mio numero di telefono.
Per quelli che la partita doppia è andare allo stadio ubriachi. Prendo un libro o un giornale di economia, lo apro a caso, leggo e – qualche volta – capisco l'argomento, infine lo derido. Prima era il mio metodo di studio, adesso ci scrivo articoli. Sono Dan Marinos, e per paura che mi ritirino la laurea mantengo l’anonimato.
9 Febbraio 2014
27 Gennaio 2012
Per quelli che la partita doppia è andare allo stadio ubriachi. Prendo un libro o un giornale di economia, lo apro a caso, leggo e – qualche volta – capisco l'argomento, infine lo derido. Prima era il mio metodo di studio, adesso ci scrivo articoli. Sono Dan Marinos, e per paura che mi ritirino la laurea mantengo l’anonimato.
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