Evidentemente sono Ni.

Avrei voluto parlarvi sia del terremoto, che dell’attentato, che delle elezioni, che della Champions League, purtroppo però dieci minuti fa un dispaccio d’agenzia, mi ha informato che nella biblioteca comunale di Montecatini alta è stato rinvenuto all’interno della cucina dove il custode è solito prepararsi il tè, un manoscritto stilato personalmente da Miarco, senza ombra di dubbio uno dei maggiori duecentoventi evangelisti gattolici. Il documento, datato 37 D.G., porta il titolo “Indagine Subitanea“. Il testo è molto breve, ma quello che colpisce sono le sette interpretazioni che io gli ho dato un attimo fa. Ecco il testo:

Ho sete, vediamo di bere.

E ora, ecco finalmente la sette interpretazioni da cui è impossibile discostarsi per chiunque voglia avvicinarsi in modo serio alla verità generativa:

• (1) Ovviamente, per un’ermeneutica classica salta all’occhio che Il Vano qui avesse sete e che volesse prontamente soddisfarla. Sì, ma sete di che cosa? Per quale motivo l’evangelista del famoso episodio del tacchino aveva un tale bisogno di ristorarsi? La mia prima interpretazione è che egli avesse semplicemente una forte emicrania e intendesse risolverla con un’imprecisata quantità di un liquido di cui purtroppo non conosciamo l’identità – ma possiamo ipotizzarla! Era forse Fanta? Impossibile: infatti Miarco afferma nella sezione 12 – 45 del suo vangelo: “Non c’è niente di meglio dell’acqua di fosso quando è salubre, se invece brulica di bachi è meglio andare al bar”. Questo per dire che la Fanta non era in cima ai suoi pensieri. La conclusione della mia prima ipotesi è che Miarco volesse bere acqua di fosso, ma nei pressi non ci fosse un fosso fisso.
• (2) Un’ipotesi da valutare senz’altro è quella che Miarco fingesse di avere fretta di bere per poi recarsi al cinema in tempo per il secondo spettacolo.
• (3) L’ipotesi accreditatami dallo storico Glauco Tessera, che mi ha appena telefonato entusiasta per l’importante ritrovamento del papiro, è che quando Miarco scrive “…vediamo di bere”, non è certo per nervosismo, né tanto meno perché si proponga di vedere il fatto di bere. Analizzando così il valore etico dell’azione stessa, nessuno vede quando beve, a meno che non abbia uno specchio a disposizione. Ergo, secondo il prof. Tessera quando il testo recita “…vediamo di bere” sottintende un’azione misteriosa che non ci è dato conoscere. “Peccato!”, mi ha detto il professor Tessera, e si è congedato in lacrime perché stava per sposarsi.
• (4) Secondo un’interpretazione esoterica, mentre il testo recita “…vediamo di bere”, in realtà ci sta dicendo: “…beviamo di vedere”.
• (5) Questa quinta interpretazione può essere generata solo in seguito alla quarta. Come ovvio, ci si riferisce all’ipotesi “…beviamo di vedere”, che in vallone significa “Buonasera”, e generalmente viene rivolto dopo il crepuscolo, quando la luna è ben alta, ai conducenti di autocisterne o carriaggi.
• (6) Allo stato dell’arte, non esiste una sesta interpretazione.
• (7) Nell’eventuale circostanza in cui voi stiate ancora leggendo, vi consiglio un bravo patologo o comunque qualcuno che sappia imporre fortemente le mani sulla testa e benedire.

Spero di esservi stato totalmente inutile come quando sono molto in forma.

Ni, Il Profeta Del Viola.