Come ogni anno dal 2013 in poi, si arriva al mondiale e i forum di discussione riecheggiano con una domanda: is the gap closing? Tradotto: il divario fra Corea del Sud e resto del mondo si sta finalmente chiudendo?
Come lo scorso anno i fan europei con i Fnatic, in questa edizione 2016 i fan americani riponevano tutte le loro speranze nel Team SoloMid: quasi imbattuti durante la stagione regolare e a dir poco dominanti nei playoff, sembravano avere le qualità necessarie per arrivare in semifinale, e chissà, con un po’ di fortuna anche puntare alla vittoria finale. Insomma, i segnali c’erano tutti: questo era l’anno buono, il divario era stato finalmente colmato.
Il campo di battaglia la pensa diversamente: nelle semifinali tre squadre su quattro sono coreane, mentre i TSM si fermano ai gruppi. Come se non bastasse, l’unico team rimasto non coreano, gli europei H2K, viene eliminato con un secco 3-0 da quella che sulla carta è la più debole delle tre squadre provenienti dalla LCK.
Un osservatore superficiale sarebbe tentato di liquidare la questione con un secco “no”, ma, come direbbe qualcuno, la situazione è un po’ più complessa.
Andiamo ad analizzare innanzitutto come si è evoluta la questione nel corso delle varie stagioni.
In season 2 la scena competitiva di League of Legends doveva ancora maturare e, sebbene esistessero già squadre professioniste coreane, i brand più importanti membri della KeSPA (Korean e-Sport Association) dovevano ancora fare il loro ingresso. A quei tempi non si parlava ancora di divario fra Corea e resto del mondo e tuttora il mondiale 2012 resta l’ultimo vinto da un team non coreano.
La questione si impone in tutta la sua gravità durante il mondiale 2013. Sotto ogni punto di vista i coreani sembravano di un altro livello: meccaniche, laning phase, movimenti sulla mappa, strategia, conoscenza del gioco e dei campioni più efficaci, coordinazione durante i combattimenti.
È infatti fra season 3 e 4 che secondo molti si registra il massimo distacco fra squadre coreane e occidentali.
Adesso, nonostante i team della LCK continuino a dominare le competizioni internazionali, non si può negare che la distanza si sia ridotta. Da un lato, le squadre coreane odierne sono forse più deboli rispetto alle corazzate che si sono imposte nel 2013 e 2014, dall’altro bisogna ammettere che gli occidentali hanno fatto significativi passi avanti.
Negli ultimi due anni, le principali squadre americane ed europee hanno investito molto in infrastrutture, affiancando ai giocatori uno staff di supporto sempre più nutrito. Il primo passo è stato dare più responsabilità agli allenatori, seguito poi gradualmente dall’assunzione di analisti dedicati e in certi casi addirittura psicologi dello sport.
Anche per quanto riguarda le mere capacità meccaniche si sono visti importanti miglioramenti: giocatori come Bjergsen o Forg1ven non hanno nulla da invidiare ad un Crown o un Bang in termini di riflessi o apm.
Hanno poi avuto molto peso nella crescita di Europa e Nord America i giocatori coreani che sono andati a giocare in quei campionati a partire dal 2015. Giocatori come Huni o Reignover hanno messo i diretti avversari di fronte ad un diverso stile di gioco anche durante le competizioni domestiche, costringendoli o ad adattarsi ed imparare o a venir distrutti ogni volta. Questo meccanismo, che prendendo in prestito un termine dall’economia, potremmo definire “trickle down” già si verificava in misura minore durante i tornei internazionali, ma la presenza costante di coreani ha accelerato il processo.
Quindi, se le squadre hanno ormai uno staff di supporto più ampio, i giocatori meccanicamente sono praticamente allo stesso livello e bene o male la conoscenza del gioco è abbastanza uniforme fra le squadre professionali delle regioni più importanti, come mai alla fine però continuano a vincere sempre sti dannati coreani?
L’unico aspetto in cui il gap non sembra essersi ridotto, ma forse addirittura aumentato, è il cosiddetto “macro-game”, ovvero la capacità di decidere cosa fare all’interno della partita. La cosa è abbastanza sorprendente, se si considera che si tratta di un aspetto relativamente stabile fra una stagione e l’altra.
Escludendo l’ipotesi che allenatori e analisti occidentali siano stupidi, una spiegazione può essere individuata nel rapporto che si viene ad instaurare fra giocatori e allenatore/analisti.
È noto come molti giocatori in occidente abbiano delle idee piuttosto decise (e altrettanto pittoresche) su come si debba giocare a League of Legends e se a queste opinioni si abbina una forte personalità, si possono venire a creare situazioni paradossali, in cui una strategia accuratamente preparata durante la settimana viene buttata all’aria all’ultimo secondo dall’estro estemporaneo di un giocatore che sceglie un altro campione.
E ancora, ci sono stati numerosi casi di giocatori (il più famoso ad oggi forse è Forg1ven) che si sono rifiutati categoricamente di giocare un determinato campione, costringendo l’allenatore e il resto della squadra a muoversi di conseguenza. Oppure, soprattutto nelle stagioni passate, alcuni giocatori semplicemente si sono rifiutati di allenarsi agli orari stabiliti.
In Corea, anche grazie ad un innegabile fattore culturale, la situazione è diametralmente opposta. È emblematico quello che è successo in questa edizione del mondiale durante la semifinale Rox Tigers contro SK Telecom T1, quando coach Kkoma ordina a Bengi, già due volte campione del mondo ed epitome del jungler di supporto, di prendere Nidalee, forse il campione che più di tutti si allontana dal suo stile di gioco, e lui senza battere ciglio esegue.
Per farla breve, è necessario un cambio di mentalità da parte dei giocatori stessi se le squadre occidentali vogliono avere anche solo la minima possibilità di competere per un titolo internazionale.
Studente di Relazioni Internazionali, nel tempo libero fra una tesi e l'altra scrive di e-sports.
22 Marzo 2017
26 Novembre 2016
9 Novembre 2016
4 Ottobre 2016
28 Settembre 2016
Studente di Relazioni Internazionali, nel tempo libero fra una tesi e l'altra scrive di e-sports.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.