Per la morte di Stefano Cucchi giusto ieri è arrivata la scontata ma doverosa solidarietà portata alla famiglia dal Presidente del Senato Pietro Grasso che ha laconicamente affermato che “la violenza non può far parte della dignità di uno Stato civile, soprattutto quando viene da rappresentanti delle istituzioni”. L’ennesimo personaggio di una recita a soggetto già scritta, per quella che gli studiosi dell’antico teatro greco senz’altro etichetterebbero come “tragedia”. La recente assoluzione (la formula adottata dal giudici è quella prevista dal secondo comma dell’articolo 530 ovvero “quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova”) di tutti gli imputati (in primo grado erano stati condannati solo quattro medici e il primario dell’ospedale Sandro Pertini di Roma) è praticamente sintetizzabile in “Stefano Cucchi è stato ucciso dalle scale”, che equivale a un “la Costa Concordia è stata affondata dallo scoglio”. Monsieur de La Palisse ne andrebbe fiero.
Federico Aldrovandi, Riccardo Rasman, Aldo Bianzino, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi, Michele Ferrulli, Dino Budroni, Riccardo Magherini. E questo fermandoci con la lista solo agli ultimi anni. Quasi una squadra di calcio, ma se aggiungessimo i dimenticati, i rimossi, i mai rivendicati probabilmente avremmo anche le riserve. Nessuno di loro era uno stinco di santo, e Stefano Cucchi, drogato e (presumibilmente) spacciatore (quando fu fermato era stato visto cedere a un uomo delle confezioni trasparenti in cambio di una banconota; portato in caserma e perquisito venne trovato in possesso di 12 confezioni di varia grandezza di hashish per un totale di 21 grammi, tre confezioni impacchettate di cocaina, una per dose, una pasticca di sostanza inerte, una pasticca di un medicinale per l’epilessia) era forse il “capitano” di questa squadra di cittadini “perfettibili”, ma pur sempre cittadini come me, come voi. Tutti o quasi erano stati “presi in custodia”. Se qualcuno viene “preso in custodia”, che sia da ufficiali delle forze dell’ordine, o da medici, o da pubblici ufficiali di qualche tipo, DEVE essere custodito. Si deve evitare che si faccia del male da solo, o che altri possano arrecargli danno, quale che sia il tipo di danno. Appare quindi paradossale che chi dovrebbe difenderti, proteggerti, custodirti (di nuovo questa parolina magica) possa essere invece l’elemento che ti spinge nel baratro per non farti più (mai più) risalire. È solo l’ennesima perla da aggiungere alla grottesca collana dei misteri della giustizia italiana, che di giustizia ha ben poco. Innocenti in galera, comuni cittadini (per quanto perfettibili) che fanno una brutta fine senza spiegazioni logiche, colpevoli impuniti o con pene ridicole, mitigate da domiciliari, patteggiamenti, pene ridotte, e altre amenità garantiste dei diritti di poche e giustizialiste per tutti gli altri stronzi SignorNessuno.
Per essere chiari però non è neppure il caso di dividere la società in categorie, non c’è bianco e nero, non c’è ACAB che tenga, quelle sono chiacchiere che lasciamo alla rabbia del momento e all’ indignazione a comando di questo o quel regista. Come detto in apertura tutti recitano una parte già scritta, per coltivare l’entropia della palude, delle sabbie mobili del “sistema giustizia” italiano. Un sistema che si nutre delle proprie carni, ed alimenta tutti gli attori che partecipano al gioco. Chi sono allora i Cucchi, e i parenti delle vittime (sì, vittime) come Cucchi? Sono semplicemente delle scorie da eliminare: partecipano al processo (mai parola può essere più azzeccata) di alimentazione e lubrificazione di questa macchina mostruosa per poi venir espulse, senza tanti problemi, senza nessun apporto, supporto, finale liberatorio. Via, espulsi come feci scure, scaricate nel cesso che è diventata (ma veramente è “diventata” o forse è sempre “stata”?) questa ridicola nazione di patetica gente che si indigna a comando. Siamo tutti attori, ma la massa può recitare solo in ridicoli filmetti di serie B, inutili, noiosi, stupidi, come solo chi apre gli occhi quando gli viene detto di farlo può essere.
E così ecco gli hashtag, le raccolte di firme, i gruppi di protesta su facebook, e ancora instagram, twitter e i vari megafoni virtuali per sordi scemi. Perché più il brusio pretende di elevarsi a urlo, a grido di pietà, più la macchina dell’entropia si alimenta, e si rafforza, pronta a cancellare il caso A per passare al caso B, e poi al C, e via avanti all’infinito, ciclicamente ricominciando da capo.
È mai cambiato qualcosa? Sono mai stati presi seri provvedimenti? C’è mai stata una reale rivolta popolare dal basso? C’è mai stata una qualche figura istituzionale che sia andata al di là di una posizione che si ferma a una doverosa solidarietà? No. Né mai ci sarà. Perché non solo è inutile, ma è addirittura controproducente. Quale parassita oserebbe mai attaccare il corpo, seppur ripugnante nella sua mostruosità, che gli dà nutrimento?
Aspettando che altri mordano la polvere…
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