Prendi un gruppo di persone “autistiche“ e rinchiudilo in un hotel prima e in un locale pieno di alcolici poi: cosa potrà mai andare storto? Il raduno di IMDI è una esperienza che non può essere spiegata a parole: va vissuto come si fa con un viaggio mistico, religioso, quasi esoterico; io, l’uomo che visse due volte, con la collaborazione del buon Christian Conti, l’autore della “Posizione Conti“, proverò a farmi carico del fardello del rendere comprensibile l’inconoscibile: ecco a voi il report ufficiale del raduno più numeroso e molesto di IMDI (per ora…).
La sveglia suona alle 6.30 e io e il Carda (mio ospite per l’occasione) ci svegliamo e prepariamo a tempo di record per affrontare le successive sei ore di traversata in auto, traversata durante la quale la guida sarà interamente affidata al sottoscritto. La partenza, prevista per le 7.20, subisce dei rallentamenti a causa della mancanza di capacità di distinguere la destra dalla sinistra del buon Carlo Bellioni che, privo della connessione internet, si perde nel raccordo in cerca dell’uscita giusta; Lorenzo Vagnoni e Matteo Corradini Massimiliano Cocchi sono invece puntualissimi ma, incapaci di leggere delle banali indicazioni, sbagliano fermata e tardano: alle 7.40 l’A-team dei romani (cui Christian non ha partecipato causa fine dei posti auto) è pronto a partire.
Tempo di uscire dal casello della A24 ed è subito prima sosta, durante la quale mentre vado a fare benzina (non per darmi fuoco questa volta) Bellioni e Vagnoni pensano bene di fare scorta di gustosa Peroni in lattina da consumare come aperitivo durante il tragitto; seguiranno una diretta di presentazione della combriccola del Porco, una playlist decisamente disagevole (Dark Polo Gang, Lolocaust et similia), numerose pause pipì causate dalla birra e pause sigaretta causate dal nervosismo di Vagnoni, mentre Carda fa il Carda e Corodini parla di cene di pesce; nel frattempo a metà strada la macchina di fronte a noi perde il controllo, si schianta contro il guardrail e finisce nella corsia di emergenza, noi attraversiamo la scena indenni calpestando numerosi DVD di film trash da fiera di paese rischiando di forare le gomme fra i miei copiosi rimbrotti verso Nostro Signore.
Nonostante i numerosi inconvenienti e soste alle 13.30, perfettamente in linea con il mio calendario temporale dell’evento, la brigata romana da me comandata giunge sana e salva al Grand Hotel Doria, sede istituzionale del pranzo di presentazione della futura testata giornalistica sulla quale sto narrando questi stessi fatti; Spina è il primo ad accogliermi con una espressione mista fra il felice e il turbato, e dopo i saluti mi accompagna alla sala da pranzo. La vista è inaspettata e sorprendente allo stesso momento: “quanti cazzo siete?” Fortunatamente la mia truppa può vantare l’Intel Master Carda, il Neo di IMDI, e grazie alle sue doti di programmazione tutti a breve avranno una targhetta con il proprio nome ben in vista. I primi che riconosco sono i miei ragazzi della sezione Cultura: l’aristocratico Brenno (esattamente come me lo sarei aspettato), che il buon Vagnoni scambia per un cameriere dell’albergo, lo svizzero Max e l’ammogliato Domenico mi danno il benvenuto, viene poi il turno di LAURETTI (di cui parlerò diffusamente in seguito) e le sue due top waifu Carlotta e Silvia, poi inizia a presentarmisi gente totalmente random a cui mi rapporto con ripetuti e ossessivi “e tu chi cazzo sei?” e con non poca fatica pervengo al mio tavolo. Ad aspettarmi trovo il mio BFF Christian Conti, che mai mi sarei aspettato di trovare a un raduno di IMDI, e Filippo Tiberi, coordinatore della sezione videogiochi e co-fondatore della testata (theWise); dopo i saluti e un lungo abbraccio rigorosamente no-homo con Christian provo a prendere qualcosa dal buffet ma, con mio grande disappunto, scopro che gli IMDIani hanno una certa fame e si sono spazzolati praticamente ogni cosa. Raduno due tre avanzi, bevo un po’ di vino e finalmente, dopo ore di viaggio e digiuno, mangio.
Dopo il lauto pasto ecco materializzarsi davanti ai miei occhi l’uomo che ha sprigionato la scintilla che ha fatto ardere il braciere memico dei nostri cuori; FRULLO varca la soglia ed è subito panico: scene di isteria collettiva, Bellioni che si prostra letteralmente ai suoi piedi, Spagnol che osserva basito, gente che piange e secchi in mezzo alle gambe delle (poche) donne presenti in sala. A questo punto è il momento di spiegare a tutti gli astanti i nostri progetti futuri: apre il discorso Frullo con una panoramica sul gruppo, la pagina, i meme, l’universo e tutto; segue un lungo discorso di Spina sulla grandezza del raduno, sull’importanza dell’evento, sul piano editoriale di theWise e sulla forza dell’unione fra la prima generazione IMDIana, di cui lui stesso e Frullo sono esponenti, e della seconda generazione di cui io sono parte; dopo un breve pom-elogio a Flavio Tosi è il mio turno: da classic anti-joke Stati quale sono faccio un l u n g o d i s c o r s o sulle metodologie di lavoro, sulla associazione senza scopo di lucro di cui saremo parte e sugli obiettivi da dover raggiungere per fare informazione decente in Italia; al termine del mio noiosissimo sermone Weber fa il Weber e sopraggiungono anche il Sat, Vitto 404 (l’admin fantasma) e GIGINONVAUNCAZZO Iacopini; vederlo dal vivo è stato uno dei momenti più memorabili di questo evento, e chi lavora come me qui dentro può benissimo immaginare il perché.
[Christian] Il discorso di Spina era accorato, sentito. L’insolita dolcezza delle sue parole, testimonianze riportano, pare abbia causato problemi di carie a tre quarti di presenti e c’era chi, giura, ha visto melassa iniziare a colare dal soffitto. Riuscì a toccare alcune corde, nascoste così in profondità dentro ognuno di noi, che neanche pensavamo d’avere, così abituati ad interagire tra di noi solo dietro lo schermo di un pc. Questa volta invece eravamo tutti lì. Potevamo guardarci negli occhi. La voce di Spina non veniva filtrata attraverso schede audio più o meno scandenti, non aveva i tasti per il volume né il comando per il muto. Ci colpì così com’era, nuda e cruda. Lui si commosse, noi con lui.
“Questa volta è l’admin che posa per un momento le pagaie a terra, e ringrazia tutti, ognuno di voi”.
Non si sminuì come leader. Non perse di credibilità. Non iniziammo a temere di meno il prodotto del suo ligneo ufficio. Semplicemente si mostrò come uomo, e questo se possibile rafforzò ulteriormente la sua posizione.
*Bonus track: Spina che definisce ad un certo punto Cosetta come “messa lì per ricordarci cosa non dovremmo mai diventare” [/Christian]
Dopo aver preso possesso della camera e saldato il conto di pranzo e pernottamento vengo informato del cambio di programma più importante della giornata: siccome il tempo è infame (classic Milano is classic…) lo spostamento al bar “L’Arpa” di Ado Ritz viene anticipato di ben 4 ore e così, con ancora il rosso del pranzo in corpo e senza nemmeno il tempo di darmi una sistemata (riesco comunque a mettermi in giacca e cravatta) è subito ora di trasferirci nel luogo che distruggerà la dignità mia e di molti altri nostri compagni di ventura. Guidato dalla erudita Primiceri il piccolo gruppo di ritardatari formato da me, Christian e pochi altri riesce a raggiungere il luogo designato, non prima di essersi perso almeno tre volte; gli altri ci hanno preceduto di pochi minuti, ma già guardando negli occhi i presenti e in particolar modo Spina capisco che la nave sta già iniziando a naufragare. E, da buon membro dello staff, decido di affondare anche io assieme alla barca.
A questo punto vengo meno a una delle due promesse che avevo fatto prima di mettere piede al raduno, e cioè inizio a bere qualsiasi cosa mi venga offerta rinunciando a ogni forma di sobrietà inizialmente prevista nella mia scaletta da Direttore editoriale serio e rispettabile. Nonostante ciò riesco a mantenere un discreto livello di integrità e, con una ingente quantità di alcol in corpo, raduno tutti i coordinatori di theWise/IMDI e faccio un bel discorso motivazionale su questi mesi di intenso lavoro: abbiamo qualità, abbiamo menti eccelse e grandi prospettive davanti, anche se la strada è ancora lunga. Da segnalare la apparizione di DAN accolta da tutti gli oldfag con boati e crisi isteriche collettive (escluso Spagnol, che osservava silente). Dopo un lungo question time cui prendono parte coordinatori e oldfag vengo rapito da Carlotta con la quale ho un interessante discorso su referendum, calcio e politica americana; Bonarrigo si aggrega poco più avanti (salvo poi essere salutato da Dario Lazzarini il quale, dopo aver appreso l’identità del suo interlocutore, esclama: “se tu sei Bonarrigo io con chi cazzo ho parlato per gli scorsi 30 minuti?“), nemmeno il tempo di concludere il discorso però che la waifu bolognese viene carpita da altri (HUE) e così esco dal bar in cerca di altri interlocutori da molestare. Al tavolo sulla destra incontro Brenno e Max con i quali ho un interessante scambio sulle prospettive di crescita e gestione della testata e con cui faccio un paio di partite a Cards Against Humanity, e poco dopo incontro la piccola Giada (unica persona di questo raduno più bassa del sottoscritto) e la sua amica ma soprattutto Mohamed “ISIS” (credo, così c’era scritto sul cartellino…), un italiano yemenita con il quale inizio a parlare della situazione geopolitica e culturale del suo paese natale (il tutto sentendomi fomentassimo per aver finalmente trovato una utilità alla mia inutile laurea) mentre accanto a me il Gioppa prova a gonfiare un preservativo con il naso infilandoselo in testa fallendo, a suo dire, a causa delle dimensioni “da cazzo cinese” del preservativo stesso.
Verso le 21 sopraggiunge la Theresa con annesso melone verde in testa e la festa inizia a carburare, con Spina che nel frattempo ha perso completamente il controllo e Christian che siede “disattivato” in un angolo della stanza nella sua famosa “posizione Conti”; in un altro luogo del locale Vagnoni offre drink a persone a caso, Corodini è smarrito, qualcuno viene salvato dal collasso via messaggi telegram di terze persone non presenti al raduno e fa il suo ingresso in scena anche Adriano Titta, lo spiegatore di cose più famoso del web: Alberto Picca va in Full Banana emozionandosi più di quando segna il suo Monaco e per l’emozione rompe un vaso del bar. L’altra banana della serata, Andrea Cucchiella, the man who broke IMDI, collassa inerme su un divano dopo aver sboccato l’universo e diventa vittima delle angherie di mezzo gruppo, venendo addobbato come albero di natale per la gioia di Spina che nel frattempo sta leccando il collo di un sempre più basito Claudio Agave, mentre sullo sfondo Spagnol osserva e annota; la direttrice Laura inizia a produrre dirette convulse in cui si assiste alle scene da me descritte e Cucchiella, ripresosi, decide di continuare la serata come solo i veri uomini sanno fare: continuando a bere. Frullo, che da buon uomo sposato era partito con l’idea di tornare nel neo-nido familiare entro sera, dopo aver salutato gli astanti tre o quattro volte circa perde il treno e torna indietro a bere come se non ci fosse un domani; lo si vedrà compiere atti miracolosi quali: la spartizione del pane ai discepoli, una “guida pratica al girare una paglia” feat. Bellioni, una trololol song e tante altre cose, fra le quali è bene menzionare il dialogo con Markov Vasilyev che, dopo aver provato a fare conversazione con il Divino senza successo, viene guardato con un misto di pietà e comprensione dal Nostro che apre silenziosamente il portafogli porgendogli il proprio biglietto da visita, allontanandosi poi dal locale. Spina nel frattempo balla, polemizza con vecchi sulla pensione retributiva, si scatena in diretta contro grigi illustri, tiene comizi elettorali, fa da sponsor alla Chiquita e fa sfoggio della sua pelliccia mentre Weber, dopo aver lavorato tutta la sera per accoppiare quante più persone possibili, inveisce contro il Napoli.
Nell’assistere a queste scene sono consapevole del fatto che ho ormai raggiunto il mio limite di sopportazione etilico, ma all’improvviso un Sat di ottimo umore e discreto tasso alcolico decide di coinvolgermi in un irrinunciabile brindisi di vecchie glorie assieme ad Ado, Iacopini, quel che rimane di Spina, Piero e altre persone che non ricordo. Complice il c.d. “Vino buono” e il mio stato psicofisico il memorabile cin-cin è il colpo di grazia alla mia serata; ho qualche ricordo confuso di qualcuno che si siede sulla testa dello statuario Christian con le terga esposte ma poi, sotto lo sguardo attento di Spagnol, una mia osservazione cinica, spietata e crudele in un dialogo con Vagnoni mi causa risate incontrollate che terminano la loro lunga corsa contro il frigo del locale, lasciandomi ridente e quasi esanime a terra.
Da qui, il buio: qualcuno raccapezza (quasi) tutte le mie cose e decide che è ora di portarmi in salvo in hotel. A giudicare dal materiale visivo in possesso delle Autorità le donne della redazione (Laura e Serena) mi trascinano letteralmente nella metro, inseguite da Christian che nel frattempo si è rianimato e ride della mia sfortunata sorte mentre io maledico il suo nome con il poco che rimane della mia voce, scomparsa nel question time della serata. Nel frattempo il buon Lauretti decide di sedersi sopra il mio corpo esanime e di sbatacchiarmi da una parte all’altra delle scale della Rossa, e per protesta esprimo tutto il mio disappunto a un malcapitato cestino presente in zona. In qualche modo pervengo alla mia camera d’albergo e riesco a provvedere autonomamente alla mia sopravvivenza da solo (visto che Christian si è smarrito nella metro) e, pochi istanti prima della mia morte apparente, il mio compagno di ventura raggiunge il mio capezzale, e così decido di affidargli le mie ultime volontà.
[Christian] Ora attacco io caro, anche perché da qui inizi ad avere i ricordi un po’ confusi… Attacco da dove mi riprendo freschissimo dal mio coma preventivo:
Mi riprendo freschissimo dal mio “coma preventivo”. Dicasi “coma preventivo” quel tipo di coma che si verifica in anticipo, e in maniera assolutamente non dannosa e non permanente, rispetto un coma vero e proprio dalle terribili conseguenze (CFR: STATI). In pratica il corpo, poco prima di arrivare sul punto di accusare i danni provocati dall’alcool, va in modalità stand-by. Al risveglio, credetemi, ti senti in forma smagliante! Mi risveglio dunque all’improvviso e penso: “Cazzo! Stasera non se scopa”. Già, perché le coppie ormai erano state sicuramente già formate e io sarei rimasto a bocca asciutta. Ciò che non sapevo, allora, è che quello di lì a breve si sarebbe dimostrato l’ultimo dei miei problemi…
Mi rialzo di getto col fare di uno colto in un momento di distrazione e richiamato all’ordine; sono bagnaticcio, ma non capisco perché. Non indosso il mio cappello, ma non capisco perché (Sfortunatamente il giorno seguente lurkando trovai la terrificante verità). Inizio a muovere i primi passi scomposti alla ricerca di qualche anima con cui interagire, qualcuno con cui magari avevo delle questioni in sospeso o discorsi lasciati a metà, anche se non so esattamente quanto tempo fosse passato dalla mia apparente dipartita. Preoccupato, inizio a comprendere che forse ero rimasto in stato comatoso troppo a lungo. Improvvisamente, la luce: osservato da Spagnol intravedo un gruppetto formato da almeno un paio capocce note in compagnia di Stati, uno dei miei più cari amici, che si sta allontanando dal locale, diretti verso la metro; al mio arrivo non trovo precisamente la situazione che avevo immaginato: Stati è ormai l’ombra ilare e scomposta dell’uomo carismatico e serio che è solito essere; afono, ride senza controllo alcuno e barcolla, privo di qualsivoglia equilibrio. Accanto a lui riconosco Dan (che, sì, ha un volto), Laura e Serena, che cercano di mantenerlo in piedi tramite un sofisticato sistema di tette e leve.
Evidentemente il Destino mi vuole accanto a lui, e non si sputa in faccia al Destino. Laura ha a un certo punto la brillante idea di aprire una Live direttamente sul gruppo rendendo così tutti partecipi di quanto sta succedendo, che è sicuramente più esaustivo di quanto potranno mai esserlo le mie parole (inb4: LURK MOAR). Arriviamo in metro, finalmente. Ancora tutto contento seguo il gruppo e, giunti davanti le macchinette, aspetto facciano i biglietti. Già, perché quegli idioti non avevano pensato a farli insieme a quelli dell’andata! Poveri fessi. Tutti muniti iniziamo a passare attraverso i tornelli. Infilo il mio ticket, tutto fiero: luce rossa. Riprovo: luce rossa. Qualcosa non funziona. Inizio a gridare, cerco l’attenzione dei miei compagni nella speranza che mi aiutino in qualche modo, ma nulla. Sono ormai lontani, tutti troppo impegnati ad occuparsi del piccolo Stati. Sono rimasto solo. Io, il mio biglietto, il tornello e l’alcool nel sangue. Scopro più tardi che il fesso ero stato io, perché a Milano dopo la mezzanotte i biglietti scadono.
Guardo in tasca: non c’è nulla, eccetto un accendino: mi hanno anche fregato il tabacco, maledetti. Corro verso le macchinette, cerco qualcuno a cui scroccare dei soldi, ma nulla. Trovo “solo” Sat, nel frattempo sopraggiunto in compagnia di due ragazze. Un uomo totalmente a caso mi fa passare con lui il tornello, senza motivo alcuno. Usciti dalla metropolitana impieghiamo qualche minuto a capire verso quale direzione sia situato l’albergo, ma ce la caviamo egregiamente. Appena entrato in albergo corro subito a sincerarmi delle condizioni del mio piccolo amico. Come metto piede nel corridoio della stanza vedo un capannello di persone sedute per terra: riconosco Serena, Velia, il buon Tiberi, Wolf e lui, sì, proprio Stati. Lo carichiamo e lo portiamo in camera; vista l’ora e la quantità di zuccheri ingeriti ha sicuramente bisogno della sua dose di insulina. Frugando malamente tra le sue cose troviamo la sua insulina notturna: lui la prende e, con la nonchalance di chi ripete quegli stessi movimenti giorno dopo giorno da ormai una vita intera, la regola sulla giusta dose e se la spara felice. Si rende conto, dopo una rapida occhiata in giro, di aver dimenticato al bar di Ado la sua tracolla e, prima di entrare in stato comatoso, pronuncia criptiche parole:
«Me so dimenticato l’insulina».
E poi il buio.
Entriamo nel panico. Cosa aveva voluto dire? Aveva dimenticato l’insulina per il giorno dopo? E in caso, ne aveva una scorta? Aveva dimenticato l’insulina di scorta, ma aveva in camera quella titolare? Ne avrebbe avuto bisogno? Più cerchiamo di dare risposta a tutte queste domande più aumenta la consapevolezza del fatto che se mai avessimo voluto uscirne puliti, senza perdere il nostro amico e direttore (e senza anna ar gabbio) l’unica soluzione era quella di recuperare tutto ciò che Stati aveva dimenticato, nella speranza che l’insulina cui si riferiva sia tra quelle. Conoscendolo bene, so della sua giustificata mania iperorganizzativa di portarsi appresso molta più insulina di quanta gliene serva in realtà, per precauzione, ma in queste condizioni quanto sono disposto a rischiare? Serena mobilita tutti gli IMDIani ancora in giro per la città; centro operativo delle operazioni di recupero diventa la stanza di Tiberi, che vede un via vai di persone senza precedenti.
Prima però di raccontare di come e quando tutto venne ritrovato, voglio narrarvi di uno dei momenti forse più commoventi della sera. Più di me c’è stata una sola persona che è rimasta SEMPRE accanto a Stati: era Dan. L’ineffabile Dan. L’anguilla del gruppo. Eravamo io e lui, inizialmente, a vegliare sul suo sonno. Ricordo distintamente come la vita mondana ci reclamasse, come una incredibile quantità di donne facesse il nostro nome e ci invitasse a fare sesso con loro. Ma noi no, stoici e per nulla homo iniziamo a stringerci l’un l’altro accanto a Francesco. Questo per alcuni romanticissimi minuti, perché poi io me so rotto il cazzo, ho pubblicato numero della stanza e piano su Facebook, ho invitato tutti a passare in qualunque momento a dare gli ultimi saluti al direttore morente e me ne sono andato da Tiberi, lasciando aperta la camera ardente con tanto di luce soffusa. Ogni tanto tornavo, insieme a Serena, a sincerarmi delle sue condizioni, e trovavo sempre Dan, disteso sul mio letto, in silenzio, che lo osservava e controllava che nulla andasse storto. In uno di quei momenti in effetti salvammo la vita al povero diabetico: capitò che si svegliasse, dimenticasse di essersi già fatto la dose notturna e cercasse di farsene un’altra. Sarebbe morto se non l’avessimo fermato, e neanche in diretta Live. Che spreco…
Intensifichiamo le ricerche. Noi, un manipolo di uomini e donne chiusi in una stanza e intenti a rompere il cazzo a tanta gente, molta della quale vuole solo tornarsene a scopare. Improvvisamente, il genio: Raffaele Lauretti si palesa in tutto il suo splendore con in mano un cartone della pizza.
«Raffaè, ma l’insulina?»
«E che ne so io! Però mi hanno regalato questa».
Scoperchia la margherita, la ripiega in quattro e la assapora felice spargendo unto in tutta la stanza.
Comunque, tornando a noi, dopo l’entrata trionfale Raf va a occupare una delle poltroncine presenti nella stanza e rimane lì almeno finché non vado a dormire, facendo DAB come se non ci fosse un domani e ripetendo circa un centinaio di volte il suo tormentone cheaunacertaharottoilcazzomanonsoperchéfasempreridere. Dopo Lauretti diversi gli ingressi totalmente ed esclusivamente ilari oltre che assolutamente inutili alla causa. Sfilano in ordine Radu, Sat e il Cardarelli (minchia). Per ultimi, finalmente, coloro che risolvono la situazione: Camba e Theresa, provvisti della giacca di Stati, la sua sciarpa e soprattutto la sua tracolla, che stando alle ultime parole dello stesso Francesco dovrebbe custodire la sua insulina. La apriamo: chiavi della macchina (FORTUNATAMENTE, NDR), cavo del suo carica batterie per l’iPhone e, ovviamente, NESSUNA INSULINA.
Il panico. Molti iniziano a parlare di chiamare l’ospedale e farlo ricoverare, altri di farsi un giro delle farmacie. Altri di farsi il giro delle farmacie solo dopo aver ottenuto la ricetta di qualche medico dell’ospedale. C’è bisogno di qualcuno che si assumesse la responsabilità di decidere.
Io: «Signori, facciamo così. Stati in genere ha ottima memoria ed è molto previdente, quando è sobrio. L’insulina gli servirà solo a metà mattinata dopo aver fatto colazione. Abbiamo parecchio tempo: lasciamolo riposare, domattina presto lo svegliamo, lo costringiamo a fare un check dei suoi possedimenti e se poi ci sarà bisogno lo accompagneremo in ospedale o da qualche medico».
I miei compagni approvano. Rimango d’accordo con Dan e Serena, i quali si sarebbero presentati in camera per le ore 7:00 circa. Li saluto, do un’ultima controllata al mio morente amico, e mi metto a dormire. [/Christian]
Ore 7:00 circa del mattino. Mi alzo di scatto. Oltre ad aver provvisoriamente perso la vista nella metà inferiore del campo visivo, la prima cosa che noto è Dan che, seduto davanti a me, mi chiede nuovamente se gli ratifico il TTIP. La prima cosa che faccio è il check-in di tutte le mie cose e, con mia grande sorpresa, noto che non ho perso nulla e che qualcuno (che scopro essere in seguito Cotoletta) si è arrubbato una delle magliette del raduno. Poco male; arriva Christian trafelato non tanto per sincerarmi della mia condizione, quanto piuttosto per questioni di ben altra importanza:
«Stati, sta cosa la devi vede!»
Ancora barcollante riesco a uscire dalla stanza, al di fuori della quale vengo accolto come un novello Gesù dagli astanti (escluso Spagnol, che mi osserva quasi divertito), tutti estremamente preoccupati e poco riposati (mica come me, che avevo dormito sei ore come un sasso kek). La prima cosa che faccio è ringraziare Serena per l’assistenza e chiedere spiegazioni circa il mio ritorno a casa; secondariamente guardo il telefono: 58 notifiche. Sono diventato un meme. Scortato dai superstiti riesco a fare colazione, luogo nel quale ricevo manifestazioni di incredulità, affetto e risate; poco dopo sopraggiunge Spina in condizioni migliori di quanto mi aspettassi con al seguito Fulviarberto Mazzola, che scopro con immensa ilarità essere l’oscuro artefice della pizza di Lauretti. Alla spicciolata arriva tutta la combriccola e la situazione si tranquillizza: VagnoniXTitta diventa reale grazie al Camba, Bonarrigo bivacca e io salgo in stanza, ricompongo me stesso, faccio la valigia e sono pronto per lasciare il Doria con chi resta per pranzo.
Tutti insieme appassionatamente ci dirigiamo al Duomo: foto di rito, Letterio avvia una simpatica iniziativa per sensibilizzare il mondo circa la mia condizione, Zordan ha riso irl e Bellioni chiede nudi, mentre Spagnol osserva il tutto alle mie spalle armato di bagaglio a mano. Ho giusto il tempo di salvare Daniele Bevilurker e Corodini da un coma diabetico con il mio zucchero di scorta prima di lanciarmi selvaggiamente verso il primo Mc sbranando ogni cosa sul mio passaggio. La giornata prosegue con un tour del decisamente poco /fit/ Marco Cherubini per le zone più disabitate di Milano e, dopo un agognato caffè, raduno la truppa romana e sono pronto per tornare verso la Capitale, non prima di esserci persi per circa un’ora alla ricerca della fermata della metro più vicina girando in tondo fra le bestemmie coordinate mie e del buon Vagnoni. Passo il viaggio in auto a metà fra l’euforico e il depresso sapendo che tutto stava volgendo al termine, ma poi una luce nell’oscurità:
Nato in Abruzzo, vivo da sempre a Roma. Direttore editoriale della testata, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all'Università La Sapienza e studente magistrale LUISS, mi occupo del funzionamento pratico del giornale e mi diletto a scrivere articoli di carattere politico, storico e culturale.
16 Aprile 2017
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31 Dicembre 2016
30 Dicembre 2016
Nato in Abruzzo, vivo da sempre a Roma. Direttore editoriale della testata, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all'Università La Sapienza e studente magistrale LUISS, mi occupo del funzionamento pratico del giornale e mi diletto a scrivere articoli di carattere politico, storico e culturale.
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