Premessa. Il 18 maggio scorso ho partecipato ad un workshop riguardante il food blogging legato a Twitter e nell’ottica di un acceso scambio (leggi= ho aggredito una vegana che sosteneva tesi pseudoscientifiche senza citare le fonti) ho avuto modo di incontrare il Professor Giorgio Triani (qui il suo sito internet) che è un pazzo egomaniaco come ogni buon professore che si rispetti e una parola tira l’altra mi è stato offerto di collaborare al Master in web communication e social media per giornalisti e pubblicitari (qui la pagina facebook) per il quale inizierò a curare la redazione del magazine allegato (Socialnonmente, qui il sito internet). Molto probabilmente terrò inoltre un laboratorio e forse qualche lezione e in quest’ottica mi sono ritrovato tra le mani l’ultimo testo scritto dal professore in questione.
Devo dire che essendo l’autore del libro un docente di italianistica (a proposito, che accidenti di materia sarebbe?) pubblicitario e giornalista, mi sono approcciato al libro con profondo sospetto, pronto a sorbirmi i neurodeliri di una persona che non essendo nata nell’era del digitale l’ha subita più che cavalcata, e l’inizio non mi ha deluso. Le prime 20 pagine (il libro è di 130) sono uno stupro per il cervello. Essendo abituato alla società dell’istante (mi rifiuto di chiamarla “istantocrazia”, capito Giorgio? Mi rifiuto perbacco!) e a notizie più simili a lanci ANSA che non a vere e proprie dissertazioni, mi sono incartato e scornato su un periodare che giudicavo troppo ampolloso. Ma una volta che il cervello si abitua, scorre che è un piacere. La tesi parte un po’ molto da Adamo ed Eva (rivoluzione industriale and shit), ma si sviluppa con coerenza citando dati e fonti (e già questo rende una vaga idea di come dovrebbe essere formulata una tesi, o voi subumani lettori di Gramellini). In buona sostanza questo libercolo di 130 pagine tocca e affronta (lasciando solo spunti, e ci mancherebbe: per numero di argomenti indicati sarebbe una pubblicazione in 24 volumi se dovesse essere ogni cosa sviscerata) temi che vanno dalla gestione di una società pendolare e in movimento (con i problemi urbanistici della multifunzionalità, dell’evitare che rimangano quartieri dormitorio o zone come la Bicocca di Milano che dopo le 17.00 rimangono semi deserte) al flusso di merci e uomini, dalla globalizzazione all’estremizzazione dei formati (dal micro al macro). Si parla dell’obsolescenza programmata, della necessità di correre senza fermarsi, della dipendenza dai social network.
Ora, direte voi: CHE DUE SOMMI COGLIONI. Lo so, lo pensavo anche io. Ma non è il classico professore rompiballe che sale sulla soapbox e punta il ditino da dietro la scrivania su cui è radicato. La trattazione non giudica, ma espone. E ci lascia un barlume di speranza.
Nota a posteriori: non sto elogiando un testo solo perché lavoro con l’autore. Non lo farei mai per rispetto della mia dimensione intellettuale e per il rispetto di chi legge. E anche se avere una sorta di istituzionalizzazione mia e di IMDI tutta che verrà portata come case history in un master legato all’albo dell’alta formazione, il mio culo non è in vendita. Regardz.
Umile braccio armato di Frullo. Se avete bisogno di qualcosa, dovete chiedere all'uomo col fucile. Per parlare con me http://ask.fm/ImdiSpina, per richieste particolari inerenti a imdi.it [email protected], per richieste particolari inerenti alla mia persona (n-no homo) [email protected]
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