Alla fine è successo. A New York è piovuto. Ma proprio un sacco di acqua eh. L’unica cosa rilevante è stata fatta da questi tizi qua. Time square è già attiva. La Borsa ha riaperto. La nuova serie di Jersey Shore è già in lavorazione. Il fritto cola e la gente ingrassa. Sandy non ha sortito il suo effetto, è tornata a ballare con John Travolta. E’ un po’ come quando ti porti a letto quella meravigliosa biondona agganciata in discoteca e da nuda si riserva una specie di Barbapapà. Coi baffi. Un flop. L’emergenza annunciata ormai è diventata mesta compagna delle nostre giornate e gli americani in questo sono maestri indiscussi. Il problema secondo me risiede nel concetto stesso di definizione e gestione di “emergenza”. Ovvero, l’emergenza è un qualcosa di straordinario, di imprevedibile e quindi per sua natura di difficile gestione. Ormai tutto è emergenza. E’ emergenza raffreddore, è emergenza freddo in inverno ed emergenza caldo in estate. E’ emergenza disoccupazione, terremoto, alluvione, crisi occupazionale. Ormai TUTTO è emergenza. Viviamo in uno stato di perenne tensione, pronti a subire uno scippo da un momento all’altro a causa dell’emergenza crimine, a venire sommersi dall’acqua a causa dell’emergenza alluvione e a congelare nei nostri monolocali a causa dell’emergenza freddo. E non parliamo dell’emergenza petrolio, crisi e occupazione che giornalmente ci sottraggono preziosi euro altrimenti destinati a ben più gaie occupazioni. Perché vedete, l’emergenza ci rende ciechi. Ora lungi da me essere complottista e massonico, già sulle pagine di questo sito si è discusso approfonditamente di cos’è il complottismo e del perché le sue basi affondano nell’inconsistenza, ma è credo di rilievo per chiunque abbia una connessione neurale degna di questo nome che quando c’è l’emergenza si può agire in deroga. In nome dell’emergenza sono sorte le New Town abruzzesi, per esempio, altrimenti mai e poi mai accettate. Vi è dunque una florida economia dell’emergenza. Il desiderio di superare le difficoltà e quindi fare sacrifici diventa preziosa vacca da mungere, si tratti di voti, di denari o di potere. Nessuno si domanda mai perché l’emergenza diventa tale. Nessuno si domanda il perché i fiumi esondano (forse perché i letti sono irregimentati in corsi di cemento? Forse perché il terreno è meno permeabile?), nessuno si domanda del perché edifici recenti come la Casa dello Studente crollino come castelli di sabbia (letteralmente), nessuno si domanda perché la crisi economica morda così tanto (il lettore medio preoccupato per la crisi del tessile ad esempio difficilmente conoscerà l’esistenza dell’accordo Multifibre su cui si sono pasciute almeno due generazioni di imprenditori del settore). La parola emergenza è pavloviana. Il comune cittadino smette di ragionare, perché ragionare non è solidale. Non fa squadra. Non fa Paese. Chi osa elevare una critica, per quanto costruttiva, viene emarginato. Anche perché prevenire l’emergenza presuppone regole, lavoro, investimenti. Che nel paese dell’Altrismo difficilmente verranno presi in considerazione.
Umile braccio armato di Frullo. Se avete bisogno di qualcosa, dovete chiedere all'uomo col fucile. Per parlare con me http://ask.fm/ImdiSpina, per richieste particolari inerenti a imdi.it [email protected], per richieste particolari inerenti alla mia persona (n-no homo) [email protected]
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