Benvenuti al terzo appuntamento, bookfags.
Nei primi due articoli mi sono limitato ad esprimere, in maniera generale, alcune opinioni riguardanti Jeffery Deaver e Stephen King e qualche loro opera, senza entrare mai nello specifico (spero di poterci tornare prossimamente).
In questo nuovo articolo invece, vorrei soffermarmi su Haruki Murakami ed in particolare su un romanzo che mi ha inaspettatamente colpito: After Dark.
Premetto che il genere non mi interessa tantissimo, ma amo il Giappone ed in particolare Tokyo, quindi quando mi fu regalato questo libro decisi di leggerlo dato che tutta la vicenda si svolge nella capitale nipponica. Inoltre mi scoppiavo come un matto a Yakuza 1 alla Play e ricordo con enorme piacere quelle atmosfere, quelle luci e quelle voci di ragazzine giapponesi sempre indifese e… Scusate, sto divagando troppo e rischio seriamente di sparare troppe cazzate, quindi torno al libro.
Tokyo in una notte, perché?
Il romanzo parla delle vicende che si svolgono dalla mezzanotte alle sette del mattino nella capitale nipponica, quando la citta’ rivive grazie alle insegne al neon, ai locali notturni e alla gente che preferisce la notte per restare sola, oppure per cercare compagnia. Dopotutto di notte il tempo si dilata, e questo Murakami lo esprime benissimo attraverso molti paragoni, come quello dell’ascensore.
I personaggi sono vari, diversi fra loro, ma hanno comunque qualcosa in comune; partendo dall’Alphaville, un love hotel gestito da Kaoru, un’ex campionessa di lotta libera, in cui una giovane prostituta cinese viene picchiata da un cliente che poi fugge (ma che incontreremo più avanti nella storia). In una caffetteria poco distante, Mari, diciannovenne studentessa di cinese in cerca di solitudine, sta leggendo un libro e sempre nella stessa caffetteria Takahashi, musicista jazz alla mano e chiacchierone, vorrebbe attaccare discorso ma si scontra con la voglia di solitudine di Mari. Ma quando Kaoru cerca qualcuno che faccia da interprete alla prostituta ferita, Takahashi, che con il suo gruppo sta provando in uno scantinato vicino all’albergo, permette a Mari di aiutare proprio la padrona del love hotel. La giovane viene così a contatto con un ambiente a lei estraneo, ma riesce a comunicare con le persone che vi incontra in modo spontaneo e profondo: per la prima volta vince la riluttanza a parlare di Eri, la sorella maggiore, così diversa da Mari, così lontana ma allo stesso tempo vicina, caduta in uno strano letargo volontario dal quale non sembra volersi svegliare. L’immagine della bellissima ragazza che sta per essere inghiottita nel nulla attraverso lo schermo di un televisore e osservata attraverso una telecamera (vera o immaginaria non è dato sapersi) è inquietante, e Murakami non fornisce spiegazioni in merito, lasciando tutto in sospeso, oppure lascia a noi la scelta di decidere se esiste una spiegazione plausibile, oppure no.
Il punto chiave del racconto, benché non lunghissimo, è la notte. La notte come punto di incontro (dopo questa frase mi sento un po’ Marzullo ma vabbe’), oppure come fase di riflessione, passaggio. Tutto nel romanzo di notte assume un’altra forma, le persone si trasformano per poi tornare ”normali” una volta sorto il sole, c’è chi scappa dalle insegne, dai suoni e profumi della Tokyo notturna e chi invece trova qui conforto e risposte ai propri problemi.
Il romanzo è una continua ricerca di risposte, oppure di domande, vengono prese in considerazione le storie, le persone che vivono solo di notte, non prendendo in considerazione quello che succederà quando sorgerà il sole. Personalmente consiglio la notte anche come momento di lettura di questo fantastico libro.
Sono troppe le cose lasciate in sospeso in questo libro, ma personalmente sono giunto alla conclusione, e forse è meglio così.
Ogni personaggio del libro e’ simile a noi, e chi di noi non ha mai trovato conforto nella notte?
TommyWarsaw
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