Seguaci di Cthulhu, buondì.
Dopo aver trattato nell’ultima recensione la narrativa di Poe, mi e’ sembrato giusto dedicare qualche riga, anche dopo aver esaminato i vostri commenti, su un autore che è impossibile non associare alla narrativa di Poe, cioè Lovecraft. In particolare i racconti che vado a recensire sono quasi introvabili in rete, quindi spero apprezziate.
Affronterò oggi alcuni racconti presenti nella collana GTEN (esattamente nel tomoII). Prima però dedicherò qualche riga alla descrizione dell’uomo Lovecraft, della sua narrativa e in cosa si differenzia da Poe.
Anche essendo lo stile molto simile nei due scrittori, quindi ‘antiquato’, i contenuti a mio avviso sono diversi.
Il secolo dei Lumi mise in crisi le credenze popolari, e il sonno della ragione, come ovvio, produce mostri. Mostri che non variavano nella narrativa di questo periodo. Per arrivare ad una mutazione di questo clichè si deve aspettare il XX secolo, con Machen a cui lo stesso Lovecraft deve buona parte della sua ispirazione.
L’orrore di Lovecrat è un ”orrore cosmico”, come egli stesso definì la sua narrativa, infatti l’uomo è tranquillo finchè ha il controllo dei suoi sensi, ma con l’entrata in gioco delle forze cosmiche, dell’extraterrestre, stravolge tutto e costringe l’uomo a conoscere queste forze per sconfiggerle, quindi in Lovecrat la conoscenza è fonte prima del terrore. Le creature soprannaturali non sono incorporee come gli spettri, bensì hanno una materialità suprema che costringono l’uomo ad assumere una sostanza indefinita e mutevole; l’immortalità delle sue creature non deriva dalla natura sovra-materiale ma proprio dall’antica materialità che non può putrefarsi oltre. È da qui che nasce il ciclo di Cthulhu (o Yog-Sothoth) il più conosciuto dei Grandi Antichi. In cui la materialità dovuta ai tentacoli e al forte odore di putrefazione è tangibile.
Ora torno al libro, sperando un giorno di tornare a parlare in maniera più ampia del ciclo di Cthulhu e sempre del libro affronterò solo i racconti lasciando da parte le collaborazioni, le miscellanee e i versi.
Il primo di questi è La morte alata: facente parte del ciclo di Cthulhu, è un racconto scritto quasi per intero sotto forma di diario, un resoconto che potrebbe a prima vista sembrare la descrizione di un’epidemia ma che man mano che ci si inoltra nella lettura si riempie di un alone di mistero ed esoterismo che lascia il lettore con mille domande irrisolte alla fine del racconto.
Sfida dall’infinito invece è una round robin story, cioè racconto scritto a più mani in cui ogni autore comincia un capitolo da dove avevo finito l’autore precedente. In questo racconto è evidente il tema del fantastico, dell’ alieno. Inizialmente lo spazio descritto è limitato, ma va ampliandosi all’infinito quando si arriva alla descrizione di forme geometriche, suoni ed esseri di altri mondi (il Popolo-Verme). Vi è qui una continua esplorazione del cosmo accompagnata da una sensazione nascosta di minaccia. L’uomo perde la sua corporeità, ma solo per assumerne un’altra, non umana, continuando la sua esplorazione di mondi lontani. Verso la fine inoltre troviamo una critica all’uomo, alla sua impotenza nonchè elementarità di fronte ad altre forme di vita. Stessa sensazione di spazi infiniti anche se un po’ più terrena è descritta nell’ Albero sulla collina. Qui si alternano momenti di realtà a momenti di totale estraneità con il mondo terrestre. Qui l’uomo viene in contatto con antichi saperi ma come sempre , spinto più dalla curiositù che dalla sete di conoscenza, viene a contatto con entità a lui incomprensibili e che mettono a rischio la sua stessa vita.
Classico racconto dell’orrore puro è invece L’Orrore nel cimitero, molto simile alla narrativa di Poe; qui il fantascientifico ha poco spazio, mentre viene dato molto più risalto alla più temibile delle paure dell’uomo, cioè la morte, anche se apparente come in questo caso.
Bel racconto, quasi apocalittico è Finché tutti i mari, racconto in cui Lovecraft descrive come il mondo finirà, la descrizione della lenta agonia degli uomini nel corso dei millenni, dovuta al sole che si fa sempre più caldo. All’inizio tutte le città dell’equatore vengono abbandonate, poi mano a mano tutto il mondo diventa impopolabile…le terre sono incoltivabili, i mari si prosciugano e gli animali si estinguono .Qui la fine del mondo si discosta da quella descritta nelle opere del ciclo di Cthulhu, in cui parla invece che prima della fine il pianeta sarà popolato da altre specie dopo l’uomo.
Altro racconto tipico dell’orrore è L’Esumazione, simile all’Orrore nel cimitero ma probabilmente più macabro: leggendo questo racconto, non so perchè, mi viene in mente Frankestein della Shelley.
Una storia d’acqua può essere L’Oceano della notte. In questo racconto viene descritto soprattutto l’elemento naturale, il mare, il cielo, la luna. L’autore vuole evidenziare la vastità dell’oceano, i misteri non svelati che le sue profondità nascondono e che non sono svelabili ad occhio umano, al quale non rimane che arrendersi di fronte all’immensità degli elementi naturali e ad essere consapevole di poter essere divorato dai mostri che vi si nascondono in qualsiasi momento.
Andando oltre al libro sento la necessità di parlare di due racconti che, anche se non presenti nel tomo sono pietre miliari, Dagon e Alle Montagne della Follia.
Il primo vede come elemento predominate ancora l’oceano, e l’uomo che cerca ancora di incontrare il suo passato fino a che non viene a contatto con le mostruosità che lo stesso oceano partorisce. Dagon è una delle poche divinità che appartengono ad un passato più o meno remoto. È importante come racconto perchè qui compaiono temi come il sogno, l’acqua, il ruolo dell’uomo nell’universo che accompagneranno Lovecraft in tutta la sua successiva narrativa.
Alle Montagne della Follia è forse uno dei racconti più incisivi. Parlando dell’Antardide come luogo inaccessibile e non disposto a sottoporsi alla materialità dell’uomo e sede, in passato, di civiltà aliene antecedenti l’uomo. Dopo la scoperta di queste civiltà nel racconto tutte le nozioni di tempo, spazio, vita vengono intaccate pesantemente.
Questo racconto si può considerare come una miscela di gotico e visioni di un mondo perduto in cui la presenza e l’età degli Antichi (non confondeteli con i Grandi Antichi) è messa in discussione dagli eventi che non escludono la presenza di più entità allo stesso tempo; ovviamente il finale è aperto e tocca a noi darci delle risposte.
E con questo termino la recensione, sperando di affrontare nuovamente i temi trattati da Lovecraft poiché, come ben sapete, inserire tutto in una sola recensione è pressoché impossibile.
Se avete voglia di rivisitare le tematiche di Lovecraft scritte da altri autori allora consiglio ‘I Miti di Lovecraft’ cura di R.M. Price edito dalla Urania (ah, l’Urania detto con la voce di Guastardo).
Grande estimatore di H.P.Lovecraft, Vincenzo Pennywise de Giorgio, spero apprezzerai.
TommyWarsaw
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