Sapete perché si dice “Merry Christmas” e non “Happy Christmas”? Per quanto i due aggettivi appaiano piuttosto simili, il significato originale del primo rimanda a feste connotate da un consumo alcolico importante. Spiega ilPost.it che nel diciannovesimo secolo la distanza tra i due termini si fece più marcata grazie alle distinzioni di classe: mentre la classe operaia e caciarona alitava “Merry Christmas”, la borghesia medio-alta preferiva il sobrio e bigotto “Happy Christmas”. Le differenze si sono poi pian piano affievolite, un po’ per questioni di marketing, un po’ per la vittoria della cultura popolare su quella d’elite. Il significato originario di “Merry” si è poi perso negli anni, e tuttavia è stato simbolicamente mantenuto in vita da ragazzi e ragazze che, approfittando delle vacanze natalizie, hanno gonfiato il proprio fegato come una zampogna scozzese. Ma proprio dalla Scozia potrebbe partire un’onda riformista che nei prossimi mesi andrà ad aggredire il consumo di alcolici in Europa e nel mondo.
I governi occidentali sono preoccupati del fatto che, nonostante il consumo delle bevande sia rimasto stabile negli ultimi vent’anni, gli effetti negativi generati da persone in stato di ubriachezza – tra danni ad oggetti, morti, violenze e improduttività – siano aumentati fino a raggiungere l’1,5% del PIL europeo e americano (non chiedetemi come diavolo l’hanno calcolato. Lo dice l’Economist, prendiamolo per buono).
Già alcuni Paesi avevano tentato di raffreddare gli spiriti alcolici. La Germania ci ha provato, obbligando i locali a proporre alla clientela almeno una bevanda analcolica che costasse meno di qualsiasi alcolico nel menù. Risultato: nessuno, visto che la gente si è abituata a comprare vino e birra a basso costo (e quindi spesso di pessima qualità) nei discount, ubriacandosi già nel pre-serata. I governi hanno quindi capito che bisognava intervenire direttamente sui prezzi, per esempio applicando forme di tassazione progressive alla gradazione della bevanda. Il Canada l’ha fatto, pare con risultati significativi: le morti generate dall’abuso di alcool sono crollate del 32% in meno di dieci anni.
L’ultima soluzione proviene, come si diceva, dalla Scozia. Verrà imposto un prezzo minimo di vendita, alzando così l’asticella soprattutto per i prodotti a bassissimo costo. I consumatori che verranno più colpiti dalla riforma saranno i poveri ubriaconi e gli studentelli che impiegano pochi secondi per trasformare le mance settimanali, in lattine di putridume al gusto birra (casualmente i lettori medi di IMDI rientrano in entrambe le categorie).
Il rischio è che questi provvedimenti si diffondano nel resto del Mondo come il video virale di un ippopotamo con la diarrea. E’ da meno di dieci anni che nei locali pubblici e privati vige il divieto di fumare: oggi sembra impossibile farne a meno, ma al momento dell’entrata in vigore si era scatenata una polemica ferocissima. Come dice sempre l’Economist: “Pure i liberali duri a morire, inizialmente nauseati dai divieti di fumo o dall’obbligo di indossare caschi e cinture di sicurezza, esiterebbero ora a rimuovere tali regolamentazioni”.
E’ un ragionamento che si applica bene alla Scozia come al resto dei Paesi sviluppati. Tutt’altra cosa invece vale per l’Italia, dove già si applicano accise su accise sulla birra e gli altri alcolici. Ovviamente l’applicazione non è voluta per disincentivare il consumo, ma per reperire i soldi che lo Stato non ha. L’ultima imposizione per esempio serviva a finanziare la scuola pubblica.
I wish you not a sober Christmas. Per regalo, il video dell’ippopotamo con la diarrea.
Per quelli che la partita doppia è andare allo stadio ubriachi. Prendo un libro o un giornale di economia, lo apro a caso, leggo e – qualche volta – capisco l'argomento, infine lo derido. Prima era il mio metodo di studio, adesso ci scrivo articoli. Sono Dan Marinos, e per paura che mi ritirino la laurea mantengo l’anonimato.
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