Estate del 1982. Nelle radio inizia a circolare un singolo che scalerà presto le classifiche italiane: “Un’estate al mare”; di facile fruizione e ballabile, ma con sonorità elettroniche e arrangiamenti raffinati, il brano diventa col tempo uno dei più famosi tormentoni estivi italiani di sempre, soprattutto grazie al ritornello memorabile. La voce, calda e potente allo stesso tempo, è della cantante palermitana Giuni Russo (nome d’arte di Giuseppa Romeo): cresciuta in una famiglia gremita di musicisti e amante della classica, della lirica e del jazz, la ragazza ha mosso i propri passi nel mondo della musica sin dall’età di 13 anni, ha persino partecipato a un’edizione di Sanremo quasi 15 anni prima, ma per il grande pubblico è ancora pressoché sconosciuta. “Un’estate al mare” la proietta rapidamente sotto le luci della ribalta. Sebbene Giuni rappresenti per la maggior parte degli italiani un volto nuovo, dietro la cabina di regia si celano nomi ben più importanti: il brano è firmato nientemeno che da Franco Battiato, che un anno prima ha consacrato il proprio successo e ha cambiato per sempre il volto della musica pop italiana col campione di vendite “La Voce del Padrone”; del lancio di Giuni Russo sulla scena musicale si sta occupando anche la nota cantante Caterina Caselli, che nel frattempo si è dedicata all’attività di talent scout per l’etichetta CGD.
Ascoltando di nuovo il brano con attenzione si può riconoscere l’impronta tipica del Battiato dei primi anni ‘80: il testo ha una forte vena ironica e le sonorità elettroniche sono curate e mai banali, con una strofa in accordi minori decisamente atipica per lo stile da tormentone. Ma è un dettaglio in particolare a emergere, soprattutto quando il brano inizia ad essere eseguito live in televisione: i versi di gabbiani che si possono udire nel suggestivo finale della canzone non sono campionamenti, ma è la cantante stessa a raggiungere quelle note impensabilmente alte. Giuni Russo non è una voce qualsiasi, è un soprano con quasi cinque ottave di estensione.
Un anno prima, Giuni Russo aveva già pubblicato un album per la CGD, sempre sotto la guida illuminata di Battiato: “Energie”. Da molti considerato il suo capolavoro, riscoperto dalla critica e dal pubblico solamente alcuni anni dopo, l’album è una commistione fra le diverse tinte che caratterizzano l’animo musicale di Giuni: il risultato è una new-wave romantica e colta attraversata da un intenso calore mediterraneo. Brani come “Lettera al Governatore della Libia”, l’intensa “Atmosfera” e “Una Vipera Sarò”, forse la sua canzone-simbolo, sono variegate gemme di rara caratura e diventeranno nel tempo dei classici del suo repertorio.
L’uscita di “Un’estate al mare”, nelle intenzioni della cantante, dovrebbe essere solamente una parentesi easy-listening da chiudere immediatamente per tornare alla musica sperimentale sul solco tracciato da questo disco. Sfortunatamente l’etichetta discografica, sull’onda del successo, impone a Giuni una linea commerciale che la ragazza, dal carattere ferreo e poco incline ai compromessi, riesce faticosamente ad accettare; il nuovo album “Vox”, infatti, scevro da qualsiasi imposizione riprende le sonorità del precedente e viene pubblicato con il dissenso della Caselli, che riesce tuttavia a imporre la scelta del brano con il quale la cantante parteciperà al Festivalbar, “Sere d’Agosto”. Anche il successivo disco “Mediterranea” vede uno scontro tra l’artista e l’etichetta sul singolo di lancio, che al posto della raffinata title-track è “Limonata cha cha cha”, brano estivo dalle sonorità immediate.
È l’inizio di una serie di delusioni e dissapori che culminano con l’esclusione all’ultimo minuto dalla partecipazione al Festival di Sanremo in favore di Patti Pravo: dissapori che si trasformano persino in una battaglia legale e in un triste, infamante documento redatto dalla CGD in cui si diffida qualsiasi etichetta discografica dallo scritturare Giuni Russo in quanto artista ingestibile. Ma l’amore per la musica è troppo forte per poter cedere di fronte alle difficoltà: Giuni abbandona il mondo delle major discografiche e trova un’etichetta indipendente disposta a scritturarla, la Bubble Record; lontana da quelle luci che solo pochi anni prima le avevano portato un successo strepitoso, ma proprio per questo libera di proseguire lungo il suo personale cammino artistico. Un anno dopo esce “Giuni”, album scritto assieme alla sua compagna artistica e di vita Maria Antonietta Sisidi, che contiene quello che diventerà gradualmente uno dei suoi brani di maggior successo, “Alghero”.
Ma l’evoluzione musicale di Giuni non ha intenzione di arrestarsi e due anni dopo, nel 1988, intraprende un improvviso e radicale cambio di rotta che la porterà verso territori musicali ancora più elevati. Il disco, “A casa di Ida Rubinstein”, è una rielaborazione di alcuni brani colti di Bellini, Donizetti e Verdi in una chiave completamente ibrida, a cavallo tra classica, musica leggera e jazz, portando per la prima volta nella canzone italiana il concetto di “musica di confine” e dando ulteriore prova delle sue straordinarie capacità vocali. Questa volta il progetto è talmente ambizioso che neanche la Bubble Record decide di pubblicarla: Giuni bussa ancora alle porte di numerose case discografiche, ma nessuna è intenzionata a produrre l’album; è l’amico Franco Battiato a credere ancora una volta nelle sue potenzialità e a pubblicarlo sotto la sua etichetta di proprietà “L’Ottava”, distribuita da EMI. Il disco riscuote ben poco successo e diventa presto irreperibile sul mercato, rimanendo totalmente nell’ombra fino alla ristampa che avverrà a quasi 20 anni di distanza. Proseguendo nel suo progetto di fondere canzone leggera e musica colta, nel 1994 la cantante pubblica “Se fossi simpatica sarei meno antipatica”, album dal tono autobiografico basato sul concetto di canto cabaret reso famoso da Ettore Petrolini.
Nel 2003 Giuni Russo decide di tentare la partecipazione al Festival di Sanremo. Il brano, “Morirò d’amore”, viene da lontano: è stato scritto già alla fine degli anni ‘80 assieme alla sua compagna e a Vania Magelli. Giuni aveva tentato un primo provino per l’edizione del 1989, che era stato però bocciato dalla commissione artistica del Festival. aveva provato di nuovo nel 1997, con lo stesso risultato e una beffa aggiuntiva: la commissione aveva giudicato stonato il provino. Ma la cantante, con il solito carattere testardo, decide di non arrendersi: vuole dare alla sua carriera uno slancio finale prima di morire; da qualche anno, infatti, sta lottando contro un cancro. Giuni si reca personalmente a Roma e chiede a Pippo Baudo, allora direttore artistico del Festival, di proporre la canzone alla giuria. Baudo accetta, ignaro del fatto che quello è lo stesso brano che aveva contribuito a boicottare anni prima. Finalmente Giuni sale sul palco dell’Ariston dopo ben 35 anni, con i capelli cortissimi a causa della terapia: l’esibizione è solenne e intensa e riceve una grande ovazione da parte del pubblico; il brano si classifica in settima posizione.
La partecipazione al Festival è una delle ultime apparizioni televisive di Giuni Russo; solamente un anno dopo, infatti, morirà per colpa di quel tumore che da anni non le ha dato tregua. Come spesso succede, solamente dopo la sua morte è iniziata la scoperta della sua figura artistica, in Italia e in Europa, incoraggiata dalla ristampa di alcuni dei suoi lavori, come “Energie” (la cui distribuzione era stata interrotta anni prima da parte della CGD) e “A casa di Ida Rubinstein. Le ristampe sono state curate dalla compagna Maria Antonietta Sisidi, che ha fondato anche un’associazione no profit con lo scopo di promuovere le opere e la figura della cantante. Figura che in vita è stata boicottata e umiliata dalle logiche di mercato disumanizzate dell’industria discografica italiana e dello showbiz in generale e che ha goduto di poca fama anche tra il vasto pubblico, abituato a formule musicali ben più immediate. Umiliazione che ha trovato il suo culmine durante una puntata del Festival di Sanremo 2014, nella quale sono stati ricordati alcuni grandi artisti scomparsi: a dieci anni dalla sua scomparsa, nonostante le richieste inviate al conduttore Fabio Fazio e alla RAI, Giuni non è stata nominata.
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