La Palestina. Dire che questa piccola striscia di terra è uno degli stati fra i più tormentati e sanguinosi nell’ultimo secolo è dire poco. Facciamo un piccolo riassunto storico per rinfrescarci la memoria.
La Palestina fino alla fine della prima guerra mondiale non esisteva da un punto di vista prettamente geo-politico in quanto parte del buon vecchio Impero Ottomano. Solo dopo la fine della guerra questa regione passò al controllo Britannico (assegnazione avvenuta già in precedenza in modo segreto con l’accordo Sykes-Picot) che, comportandosi in modo elegante e democratico, volle creare un punto di riferimento per gli ebrei di tutto il mondo. Stiamo parlando dell’accordo di Balfour che affermava più o meno queste parole:
“La buona vecchia mamma Gran Bretagna è favorevole che si crei in Palestina una casa per tutti gli Ebrei del mondo”, aprendo quindi, di fatto, la possibilità della creazione di uno stato ebraico.
“Ma che brava, la Gran Bretagna!” verrebbe da affermare “Bravi! Hai capito che brava gente i Tommy!”
Beh no, insomma.
Perché fino a due anni prima la stessa Gran Bretagna aveva promesso agli arabi della regione praticamente la stessa cosa:
“ La Palestina sarà vostra, una bella grande nazione araba. Vi suona bene, vero? Ma nulla, milords, è gratis. Dovreste giusto fare una cosuccia per noi, roba da poco per gente forte come voi. Beh, dovreste insorgere in massa e dilaniare dall’interno l’Impero Ottomano.”
Gli arabi non aspettavano altro. Allahu Akbar e si scatenarono. Impero Ottomano lacerato e vittoria easy delle forze britanniche.
Inutile dire cosa accadde quando due anni dopo la stessa terra venne proclamata come polo d’immigrazione ebraica dalla stessa Gran Bretagna: agli arabi girarono i coglioni. E non poco.
Elegantemente e con il mignolo alzato, lo stato di Sua Maestà fece giusto un passo indietro con la Carta Bianca del ’22: “Ma no, noi non vogliamo mica dire che la Palestina debba essere Ebraica, mio caro Husayn ibn Ali, solo che si può sviluppare meglio una comunità ebraica già esistente nel pieno rispetto dei diritti civili di tutti e con fraterna armonia con popoli di altre religioni, milords.”
Non servì a un cazzo.
Dal ’22 al ’47 le rivolte e le scaramucce reciproche furono all’ordine del giorno.
Ecco: è questo lo scenario, fra il 1944 e il 1948, in cui si inserisce Gerusalemme, splendida graphic novel di Yakin e Bertozzi.
Questo comic book è in grado di catapultare direttamente nella storia di quegli anni e di far capire quanta violenza e quanta sofferenza sia stata presente, ed è presente tuttora, in questa terra.
Qual è il clima che affrontiamo addentrandoci in questa storia?
E’ tutto più che tragico: la guerra infiamma in Europa e più di 30 mila ebrei palestinesi, nonostante la Carta Bianca del 1939, decidono di arruolarsi nell’armata britannica per combattere le forze naziste.
Nello stesso momento abbiamo l’azione di forze migratorie illegali che immettono in Palestina un ingente numero di ebrei, questi successivamente si uniranno all’Haganah o ad altri due gruppi militanti: l’Irgun e la sua derivazione più radicale, la banda Stern. Quest’ultima prende il nome dal suo fondatore Avraham Stern, giovane e carismatico ebreo polacco il quale sosteneva che l’espulsione delle armate britanniche dalla patria sionista era una causa sacra, più urgente persino della sconfitta nazista.
Non è finita qua. Nella Gerusalemme della nostra famiglia Halaby nascono giovani militanti rossi che, spinti dallo spirito stalinista, decidono di metter da parte le differenti religioni così da creare un unico nuovo partito comunista palestinese. L’accantonare le religioni per unirsi ad un unico ideale politico, però, non è certo cosa che ingoiano tutti facilmente in un clima del genere.
Come se la situazione non fosse abbastanza bollente e pepata ecco che al malloppo si aggiunge anche la votazione delle nazioni unite del 1947 per la divisione di due stati separati, uno arabo e uno islamico.
L’esito della votazione sarebbe stato ininfluente e la guerra fra arabi e ebrei, come già annunciato dal rifiuto della Commissione Peel, sarebbe avvenuta comunque.
I nostri protagonisti sono quindi costretti a districarsi fra i dolori e le incertezze di un paese lacerato nell’anima e controllato severamente dalle armate britanniche. Il dramma che scorre attraverso le pagine è graduale e ben dosato e sfocia nell’inizio della guerra fra musulmani ed ebrei a seguito della votazione del ’47.
La distruzione del quartiere commerciale di Gerusalemme, gli agguati sulla strada per Tel Aviv, la gelida indifferenza britannica davanti alle orribili violenze dei ribelli arabi, la carenza di viveri e l’odio reciproco sono tutti fattori che possono toccarsi con mano. Possiamo percepire l’odore del sangue che scorre, il dolore delle madri nel prendere in braccio i cadaveri dei loro bambini, il fumo denso della cordite e il profondo disprezzo che scorre fra questi due popoli in grado di bruciare fino al midollo una nazione.
Gli ebrei in questo non sono da meno. Il loro attacco a Der Yassin è raccontato con incredibile lucidità e una vena drammatica scorre su tutta la china. Le pagine sono tetre e scure non solo per i fantastici toni di grigio che caratterizzano tutta l’opera, ma per la pura espressività dei volti terrorizzati o carichi di vendetta dei personaggi.
Gli autori dopo aver introdotto i protagonisti di questa famiglia, averli caratterizzati, datogli uno spessore con dialoghi, speranze e storie personali li prendono e li catapultano in un contesto storico reale facendoli soffrire in modo atroce e terribile. E questa non è la classica sofferenza da comic supereroistico a cui siamo tanto abituati. Non è il solito Peter Parker o Matt Murdock che il Bendis di turno riempie di tragedie giusto per realizzare una storia e far vedere come il nostro eroe sia in grado di riprendersi.
No. Questa è vera agonia, vero dramma e tragedia che ci prende e ci morde alla gola facendoci sudare freddo mentre giriamo le pagine.
E la cosa peggiore, la cosa che fa più riflettere, è che ai nostri protagonisti, tutto sommato, va pure bene.
La sofferenza per le strade è così grande che non c’è da dispiacersi per qualche piccola sofferenza che loro son costretti a sopportare. Che cos’è la violenza gratuita su un bambino, l’odio fra due fratelli e la rottura di un’amicizia se messi a paragone con lo strazio di una bambina di cinque anni che prova a rianimare il cadavere a pezzi di sua sorella? Nulla.
Attraverso una narrazione capace, lucida, concreta e realistica Yakin ripropone in chiave fumettistica un sanguinoso frammento di una storia toccante e commovente. I suoi personaggi sono credibili, caratterizzati alla perfezione con le loro debolezze e le loro virtù. La sua capacità di aver unito i tantissimi ingredienti storici che caratterizzano tale complesso periodo storico in modo così efficace è stata davvero sorprendente. Bertozzi, con la sua china ruvida, con le profonde ed espressive sfumature di grigio e con la linea spessa, è in grado di dipingere ai nostri occhi un lungometraggio crudele e profondo. Le sue espressioni sono realistiche, nessuna mezza censura e nessuna esagerazione. L’ansia e l’agonia sono sottolineate dall’utilizzo di una vignetta riempita quasi interamente dai volti e dalle ambientazioni. Non vi è spazio o respiro, è tutto incredibilmente claustrofobico e questa scelta stilistica non fa che aumentare la sensazione di disagio che aumenta man mano che sfogliamo le pagine. Il chiaro scuro è fenomenale: si imprime negli occhi del lettore e non lascia scampo alla tensione che attraversa tutta la graphic novel. Fra le scelte stilistiche degne di nota che impreziosiscono l’opera abbiamo l’utilizzo della vignetta scontornata (che aiuta ad esaltare la conclusione di una sequenza), grandi campi lunghi orizzontali su due pagine e serie di vignette isolate su sfondo bianco (che evidenziano la drammaticità di un momento) e un utilizzo frequente di uno schema “non regolare” che permette una lettura dinamica.
Un’opera completa, ben studiata e storicamente valida, piccolo capolavoro che dovrebbe essere divorato da appassionati del fumetto e non. Come disse infatti Etgat Keret riguardo quest’opera: “Dieci misure di bellezza scesero nel mondo, nove le prese Gerusalemme.”
Un fumetto storico che chiunque dovrebbe leggere.
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