Oggi affronteremo due questioni: Egitto e democrazia. Non andando in vacanza ero veramente annoiato e ho pensato bene di appallare anche voi con qualche considerazione in materia, alla luce dei fatti recenti. Come qualcuno già saprà, in Egitto è in corso da qualche tempo un braccio di ferro – talvolta pacifico, talvolta meno – tra i sostenitori dell’ex-presidente Morsi e l’esercito. Ricordiamo che Morsi, eletto nel post-Mubarak, è supportato dal partito di matrice religiosa dei Fratelli Musulmani, radicato prevalentemente nelle campagne più arretrate. E di recente l’esercito ha deciso che Morsi non poteva fare il presidente, invalidando le elezioni e chiedendo che si torni al voto. La situazione si è fatta rovente, tanto che quando l’esercito ha cominciato a sgombrare i manifestanti pro-Morsi al Cairo è scoppiata la rivolta, tre chiese copte sono state date alle fiamme dai Fratelli Musulmani e addirittura un blindato della polizia è stato spinto giù da un ponte. L’esercito dichiara che «i manifestanti sparavano», i Fratelli Musulmani annunciano nuove marce sulla città. E adesso il governo egiziano ha stabilito che è “stato di emergenza” e che quest’emergenza andrà avanti per un mese.
Inoltre – come sempre dopo una manifestazione, in qualunque parte del mondo, è guerra di cifre tra organizzatori e prefettura, solo che stavolta non si parla del numero dei partecipanti, ma dei morti, con il governo che ne dichiara 421 e i Fratelli Musulmani dieci volte tanti. Ovviamente, vatti a fidare delle parti in causa.
A ogni modo, i più arguti di voi avranno già capito che della questione in realtà me ne frega ben poco. Potrei spingermi fino a ravvisare un’analogia tra quello che è il governo Erdogan in Turchia e quello che avrebbe potuto essere il governo Morsi in Egitto se i militari non fossero intervenuti. Potrei spingermi nel complottismo paventando la presenza di chissà quali interessi dietro la scelta di campo dell’esercito egiziano. Ciò che farò, invece, è cogliere l’occasione per elargire un’altra bellissima lezione su “come dovrebbe essere il mondo secondo Andrea” – come ho già fatto nel mio pezzo su Snowden e la casa di vetro.
Innanzitutto, una considerazione: quando è finita la guerra civile e si è andati a votare, in Egitto, i Fratelli Musulmani (e Morsi) hanno vinto prevalentemente grazie al voto delle campagne, raccogliendo ben scarsi consensi nelle città – città che invece hanno svolto il ruolo principale nelle lotte che hanno portato alla caduta di Mubarak – e non a caso il governo eletto non presentava alcuna delle novità che ci si sarebbe potuti aspettare da un prodotto della “primavera araba”, ma bensì si profilava come reazionario. Sorvolando la matrice religiosa della formazione politica dei Fratelli Musulmani (che pure ha un ruolo rilevante nella questione) per non impantanarci in una disputa teologica, mi limito a evidenziare l’ovvio: i Fratelli Musulmani hanno vinto perché la popolazione rurale egiziana è maggiore di quella cittadina. In sostanza, Morsi è stato eletto democraticamente.
La domanda che mi pongo è tuttavia la seguente: è un bene che un popolo possa fare democraticamente la scelta peggiore (in questo caso, un governo a spinta religiosa, reazionario, potenzialmente restauratore)? In sostanza: ha fatto bene o no l’esercito a intervenire?
Dall’alto del mio classismo e con gran godimento della mia fascistissima visione del mondo, la risposta che do io è: sì, ha fatto bene. Così come non lascerei un malato di Alzheimer vicino ai fornelli a gas, così come non metterei delle armi da fuoco nelle mani di un ubriaco, così certa gente non dovrebbe avere diritto di voto, secondo me. Perché la democrazia è una bella cosa solo quando tutti coloro che partecipano al processo decisionale hanno i mezzi per capire ciò su cui devono decidere. E se qualcuno non possiede una quoziente intellettivo o la preparazione culturale adeguata, non dovrebbe essergli concesso di prendere decisioni per gli altri – e questo deve valere tanto a livello di elettori che di eletti, secondo me, o si finisce per assistere, come stiamo facendo in Italia, a obbrobri quali il caso Stamina e la legge “anti-vivisezione”.
Quindi sì, sono a favore della democrazia, in linea teorica (certo, in linea teorica anche un Imperatore illuminato non mi vedrebbe contrario), ma solo quando tutti disporranno delle basi sufficienti per parteciparvi adeguatamente. Fino ad allora sarebbero meglio, secondo me, una democrazia limitata o una oligarchia allargata, in cui solo chi possiede un dato livello culturale può partecipare al processo decisionale. Perché se non sei in grado di capire ciò che significa Stato, ciò che è meglio per la totalità dei cittadini, come puoi pretendere di votare? Sarebbe come qualcuno che non sa come funzioni il manubrio che pretende di guidare un tandem – finché sta dietro, semplicemente pesa sul suo compagno di viaggio, ma quando acquista un peso considerevole o passa davanti può fare parecchi danni. Come dimostrano, in Italia, vent’anni di berlusconismo.
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