Fabrizio Corona ci informa che il 10 settembre esce un documentario, dal significativo nome “Metamorfosi” che racconterà l’ultimo periodo della sua vita prima di entrare in carcere (ora, per chi si fosse perso qualche passaggio, è fuori). Il nostro eroe sottolinea di aver intrapreso un percorso di crescita interiore che spera di portare ancora avanti per diventare un uomo migliore. Il celebre personaggio che, ricordiamo, fu ingiustamente incarcerato per aver scattato 3 foto (cit. demente italiano medio).
Perché parliamo di Corona? Semplice, perché è indiscutibilmente un fotografo. E questo ci consente il collegamento a un tema molto delicato di cui si sta dibattendo in questi giorni.
Quanto il diritto di cronaca può mostrare degli orrori che riguardano i migranti, uomini, donne, e bambini? E soprattutto quanto l’appellarsi a questo diritto serve in realtà a strumentalizzare la vicenda, da qualsiasi parte la si voglia vedere?
Aylan Kurdi era un bambino siriano morto in mare insieme a fratello e sorella (e almeno altre 8 persone che erano presenti sulla stessa barca) e ritrovato spiaggiato come un delfino su una spiaggia della Turchia. Mettere la sua foto in prima pagina sui giornali di mezzo mondo (inclusi alcuni dei nostri) quanto può realmente servire a trovare soluzioni a un problema ormai mondiale?
La famiglia di Aylan stava infatti cercando, attraverso varie tappe intermedie, di raggiungere una parente in Canada (appunto: problema mondiale), paese tra l’altro noto per essere piuttosto restrittivo nell’accogliere gli immigrati. Non si tratta quindi di un problema italiano, o siciliano. Non si tratta solo della “nostra” immigrazione.
Quanto può essere stato utile mostrare e condividere anche solo pochi giorni fa le numerose foto che ritraevano altri corpi, e altri bambini, di un’altra tragedia del mare, identica a molte altre che l’hanno preceduta? Chi di dovere quanto viene effettivamente smosso dall’esternazione senza filtro di queste testimonianze, crudissime, della realtà?
Non si tratta dell’utente medio di Facebook e Twitter che assolve il suo senso di colpa quotidiano condividendo foto e scritte urlate, magari apponendo come grottesco tocco personale pietosi cuoricini o peggio insulsi “mai più”. Si tratta di un livello superiore, più importante, un livello dove volendo con la giusta dose di serietà si può cercare davvero di cambiare lo stato delle cose in concreto.
No, dai, per pietà, basta con ‘sta roba.
Purtroppo a chi scrive sembra invece che, più che altro, tutti, che siano governi mondiali, o parrocchiette tutte nostre dalla Lega al M5S, al PD, a quelli di SEL, questo faretto mediatico venga usato unicamente per trarne beneficio, visibilità, potere.
Talvolta si ricorre anche a mezzi tragicomici, come il candidato sindaco del M5S e ora consigliere di Quartocciu, nel cagliaritano che sul suo profilo Twitter prima posta questa scrivendo “Se io fossi nato e vissuto dall’altra parte del Mediterraneo, questa potrebbe essere la foto del mio cadavere dopo il viaggio della ‘speranza’… Invece sono da questa parte e mi ritengo più fortunato. Nessuno può scegliere quando e dove nascere, nessuno può scegliere come, quando e dove morire. Questa è la verità, comunque la pensiate”
E poi tenta disperatamente di spiegare con un laconico “Il concetto era un altro” che, appunto, voleva intendere altro.
Già, altro. Perché alla fine come nel caso di Corona, sono sempre gli altri, l’altro, il problema. La fuga dalle proprie responsabilità è automatica, certa, e si vede sempre altrove l’errore, la fregatura, la rimessa. Gli altri diventano un problema che non si capisce, e quindi un problema a cui è impossibile dare una soluzione. Un problema che non si vuole capire, perché fa più comodo tenerlo lì, e lavorarci su, e usarlo, strumentalizzarlo, giocarci su.
Tanto gli ingenui su Facebook continueranno a far girare la fuffa mediatica, a commuoversi per 5 minuti, a condividere, a far girare. L’entropia viene continuamente alimentata dal pietismo mediatico che incrocia le braccia, giudica, e non risolve, tra il duro e sprezzante “Aiutiamoli a casa loro” e il “Accogliamoli tutti, E’ UNA TRAGEDIA”. Mai che si vada oltre, che si analizzi il perché sia una tragedia (perché sì, è davvero una tragedia, ma le cause reali vengono sempre omesse) e il come si possa aiutarli a casa loro (perché sì, è possibile, ma fa più ascolto criticare l’immigrato cattivo o fare gli snob radical chic con l’atteggiamento opposto).
Un film in cecoslovacco, ma con sottotitoli in tedesco. Una vera tragedia, per Fantozzi.
Il tutto (i bambini, le barche, la gente “timbrata” col pennarello sulle braccia) magari masticato e risputato anche da gente che magari aveva usato epiteti anche più pesanti di “troie”, “puttane”, “zecche” verso le due cooperanti Greta Ramelli e Vanessa Marzullo.
Due cooperanti che, guarda caso, lavoravano e aiutavano (e vennero rapite) proprio in quella Siria da cui Aylan e la sua famiglia stavano scappando, cercando un futuro migliore, altrove.
Il mondo è davvero un posto bellissimo dove condividere e far condividere.
Fabrizio Corona, in fondo, lo sapeva benissimo.
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