Ringraziando la Newton Compton per averlo incluso nei classici al prezzo di 99 centesimi mi sono recentemente dato alla lettura de “L’arte della guerra”. Il libro (in lingua originale “Sun Tzu”) ha circa 2500 anni, e in 13 stringati capitoli espone delle verità basilari che dovrebbero essere note a chiunque si accinge ad affrontare un conflitto.
Mischiando verità da Capitan Ovvio a rivelazioni mesmeriche che neanche il Generale Fabio Volo, utili forse solamente agli ultimi giocatori di Age of empire, il trattato è riuscito a conquistarsi un posto sulle scrivanie di molti top manager negli Usa degli anni ’90 (fonte: introduzione del libro). Il fatto non stupisce se si pensa all’impatto che ha vantarsi al cocktail di fine lavoro di “ispirarsi alla filosofia guerriera orientale del Sun Tzu nelle proprie strategie aziendali”, quando oltretutto il libro non richiede lo sforzo maggiore di un ora di lettura.
Personalmente non vi ho trovato nessun grande insegnamento di vita, se non quello di esser capace di individuare e aggregarsi al mutamento, seguire la corrente di un flusso piuttosto che contrastarla, e semplificare il più possibile la propria esistenza (beh per un euro che altro pretendevo?). Tuttavia ho voluto scrivere un piccolo articolo per farvi conoscere questo capitolo, posto alla fine del libro come dimostrazione e prova finale di tutti gli insegnamenti precedenti. Ve lo propongo non solo perché l’ho trovato simpatico, ma anche perché contiene forse l’insegnamento più importante di tutta l’opera:
<<Sun Tzu era nato nello Stato di Qi. Grazie al suo trattato, ottenne udienza presso il re di Wu, che così lo interrogò:
«Ho letto con cura la Vostra opera in tredici libri. Sarebbe ora possibile fare un piccolo esperimento di conduzione delle truppe?»
«Si può fare» rispose Sun Tzu.
«Anche usando le mie donne?» chiese il re.
«Certamente» fu la risposta.
Raggiunto l’accordo, il re fece uscire le bellezze del suo harem, raccogliendone centottanta.
Sun Tzu le divise in due gruppi, ponendo al comando le due favorite e ordinando di impugnare le alabarde.
Chiese poi: «Conoscete voi la sede del cuore, la mano sinistra, la mano destra e le spalle?»
«Le conosciamo», risposero le donne.
«Se dico “avanti”» continuò Sun Tzu «guardate verso il cuore. Se dico “a sinistra”, guardate la mano sinistra. Se dico “a destra”, guardate la mano destra. Se dico “indietro”, guardate alle spalle.»
Le donne assentirono.
Una volta esposte queste regole, furono approntate le asce da esecuzione, dopo di che gli ordini furono impartiti tre volte e spiegati cinque volte. Al rullo dei tamburi si comandò di volgersi a destra e le donne scoppiarono in una grande risata.
Sun Tzu disse: «Se le regole non sono chiare e le spiegazioni sono prive di fervore, la colpa è del generale.»
Dopo aver ripetuto per altre tre volte gli ordini e per cinque volte le spiegazioni, al rullo dei tamburi si ordinò di volgersi a sinistra; ancora una volta le donne risero rumorosamente.
Sun Tzu disse: «Se le regole non sono chiare e le spiegazioni sono prive di fervore, la colpa è del generale. Se, dopo i chiarimenti, non ci si conforma alle regole, la colpa è degli ufficiali.»
Ciò detto, Sun Tzu espresse l’intenzione di far decapitare le comandanti dei due gruppi.
Vedendo che si voleva uccidere le sue amate concubine, il re di Wu, che osservava dall’alto d’una terrazza, fu colto da grande timore e fece recapitare il seguente messaggio: «La mia modesta persona ha già capito che il generale sa impiegare le truppe. Se sarò privato di queste due concubine, il cibo non avrà più dolcezza. E’ quindi mio desiderio che non vengano decapitate.»
«Il vostro servitore» replicò Sun Tzu «è già stato nominato generale, e quando un generale comanda l’esercito può anche non accogliere alcuni degli ordini del suo Signore.»
Ordinò quindi di decapitare le due donne per dare un esempio.
Dopo aver posto al comando le concubine immediatamente inferiori per rango, fece di nuovo rullare i tamburi. Le donne andarono a destra e a sinistra, avanti e indietro, inginocchiandosi e rialzandosi in perfetto ordine e senza azzardarsi a fiatare.
A quel punto Sun Tzu inviò un messaggero dal re col seguente rapporto: «Le truppe sono ora ordinate e il re può scendere per passarle in rivista. Egli potrà impiegarle come vorrà, spingendole anche attraverso l’acqua e il fuoco.»
Il re rispose: «Il generale può ritirarsi nei suoi alloggi e riposarsi. Non è Nostra intenzione procedere alla rivista.»
«Il re ama le belle parole, ma non sa metterle in pratica» commentò Sun Tzu.
Il re capì allora che sapeva realmente impiegare l’esercito e lo nominò suo generale.
Ad ovest, Sun Tzu sconfisse il potente stato di Chu, penetrando nella città di Ying. A nord, intimorì gli stati di Qi e di Jin.
La fama che ottenne presso i signori feudali era quindi basata su effettive capacità.>>
Il significato dell’episodio è abbondantemente autoevidente, spiegandosi da solo durante la lettura. Tuttavia, alcuni critici, in lettura congiunta con certi filologi e agganciandosi a un filone filosofico del secolo scorso ritengono che dietro il racconto si celi un altro più profondo messaggio, una verità tramandata da tempo e accomunante tutte le culture, e cioè che le donne devono sempre restare in cucina.
Ciao, alla prossima.
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