Spesso e volentieri, i miti dell’infanzia vanno considerati per quello che sono: miti dell’infanzia. Voglio dire, quello che ci piaceva tanto con l’occhio (e la testa) del settenne forse è meglio che resti un bel ricordo e basta. Rivalutarlo con lo spirito critico di un ventenne può risultare deleterio. Sicuramente sono stati deleteri per il povero Macaulay Culkin, che è passato dall’essere uno dei bambini più famosi al mondo ad uno dei tossici più famosi al mondo (e tra l’altro potrebbe farmi fare un colpaccio al fantamorto, se si sbriga a tirare le cuoia). “Mamma ho perso l’aereo”, originariamente “Home Alone”, insieme al suo seguito rientra apparentemente a pieno titolo in questa categoria.
Se siete nati negli anni ’80 o nei primissimi ’90 e non eravate tra quelli che non si perdevano neanche una delle continue apparizioni in tv e che si esaltavano alla scena delle trappole ai ladri, beh, allora la vostra infanzia ha qualcosa che non va. I due film (il secondo è praticamente la copia riadattata del primo, per meccaniche di botteghino, quindi li considero come un’entità unica) erano amatissimi dai ragazzi degli anni ’90, e se ti sparo un “Tieni il resto, lurido bastardo” per forza che mi cogli la citazione. Bei ricordi di gioventù e tutto. Ma, siccome sono abbastanza stronzo, a quanto dicono, recentemente mi sono rivisto il primo film (come ho scritto, il secondo non rivelerebbe niente di più e niente di meno) per ricominciare da dove ero partito, o più probabilmente perché quella sera non avevo veramente un cazzo da fare.
La prima cosa che viene in mente, riguardando il film con il senno di poi, è che i parenti di Kevin sono veramente una manica di stronzi, mamma compresa (grazie al cazzo che hai i sensi di colpa, con ogni probabilità hai condannato tuo figlio a diventare un emulo di Madeleine McCann), e che lo stesso Kevin è un rompipalle viziato. Tutto della famiglia, della casa e della città di Kevin grida “middle class” (e, visto che si parla degli USA nei primi ’90, dannatamente benestante), la rappresentazione del natale americano è realistica e quindi assolutamente stucchevole, la trama è pretestuosa, basata su due colpi di scena in croce e sull’inevitabile maturazione di Kevin accompagnata dal pentimento, blah blah blah, scena rutilante delle trappole e lieto fine strappalacrime. Ok, quindi pare che io sia già arrivato all’inevitabile conclusione: “Mamma ho perso l’aereo è una cagata e da bambini eravamo proprio dei coglionotti ad adorare sta roba”. Beh, sarebbe facile chiuderla qui, ma non è proprio così. C’erano dei motivi ben precisi che rendevano quel film così affascinante, nonostante la banalità, il moralismo e tutto il resto.
Innanzitutto risulta molto forte la componente emotiva: dalle musiche, alle inquadrature, all’uso delle luci, “Mamma ho perso l’aereo” gioca molto sulle emozioni del “povero” Kevin costretto ad un ruolo che non è il suo e a rapportarsi con un mondo inquietante. Emozioni che sono di rimando le stesse che prova il bambino che il film lo vede: tutto infatti è giocato per fare identificare il “lettore modello” (cioè il bambino bianco di otto anni, o quello che è) con il personaggio di Kevin, che vive un po’ quello che è il sogno e al contempo l’incubo di tutti i bambini: fare all’improvviso una vita da “grande”. Il dopobarba che brucia, il sacco della spesa che si rompe, lo scherzo al tipo della pizza: a modo suo, “Mamma ho perso l’aereo” si avvicina quasi al realismo, o almeno alla verosimiglianza.
E il “meccanismo” che fa funzionare il film sta proprio qua: il bimbo bianco e benestante (gli anni ’90, prima della crisi e della società multietnica) si immedesima in Kevin, il cui comportamento irriverente ma sostanzialmente “da bambino” crea il gancio emotivo che rende molto più interessanti i suoi problemi, quelli di un bambino solo e impaurito in un mondo di grandi, che lo ignorano o cercano di fregarlo. Alla fine il biondino impersonato da Kevin si prende una rivincita in grande stile: la tremenda sofferenza arrecata dall’angelico (ai tempi) M. Culkin ai danni di Joe Pesci e dell’altro tizio brutto è non solo giusticata, ma persino glorificata dalla struttura narrativa del film. Il mondo degli adulti, agli occhi di Kevin, ha due facce: quella cattiva, impersonata dai ladri e dai parenti in generale, e quella buona, impersonata dalla mamma (che rimane però una stronza; non contenta della cagata fatta nel primo film, fa di peggio nel secondo) e da personaggi inaspettatamente positivi come il vecchio che sparge il sale.
Quindi, in sintesi: ok il moralismo americano e lo stucchevole contesto natalizio, ma a conti fatti “Mamma ho perso l’aereo” ha meritato il successo che ha avuto per il potente gioco di immedesimazione del bimbo spettatore col protagonista, che a distanza di anni ci fa ancora sorridere: quella piccola peste di Kevin potevamo benissimo essere noi negli anni ’90. L’importante, alla fine, è non assomigliare a Macaulay Culkin oggi.
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