Credo di non parlare solo per me stesso quando dico che le lezioni di letteratura epica alle medie e nei primi anni delle superiori erano, di solito, noiose. Cosa poteva fregare a noi di Enea che tira pacco a Didone? Cosa potevamo capire noi del valore di Ettore, della passione di Paride, della fede in se stesso di Ulisse a un’età alla quale non capivamo niente di violenza, di guerra, di fede e ancor meno di amore?
Niente.
Qualsiasi atto di eroismo, qualsiasi gesto d’amore di quei coraggiosi guerrieri e magnifiche donne, qualsiasi patetico atto di sacrificio ci entrava da un orecchio e usciva dall’altro a noi che piuttosto preferivamo ridacchiare ogni volta che la prof ripeteva quella nuova parola di cui avevamo appena imparato il significato: Troia.
Eppure tutti noi sappiamo chi sono questi personaggi. Sappiamo cosa hanno fatto e quale è stata la loro fine. Ma li ricordiamo come privi di qualsiasi significato e pathos, più o meno come ricordiamo Cappuccetto Rosso e il Lupo Cattivo.
O almeno così funzionava per me. Ma un giorno, parlando di musica, un mio amico (Dan, che mi ha anche aiutato nella stesura di questo articolo) mi suggerì di ascoltare una canzone che mi avrebbe fatto rispolverare le mie vecchie conoscenze di epica e riscoprirne, con una mente più matura di quella che mi ritrovavo alle medie, la bellezza. Bellezza che non sta solo all’interno del testo, ma anche nella forma dell’esecuzione della canzone che, grazie ai cori e ai numerosi interventi degli strumenti classici, ci inganna, facendoci quasi credere che si tratti di un’opera lirica.
Questa canzone è “And then there was silence” dei Blind Guardian che, per chi non li conoscesse, sono una band tedesca molto apprezzata nell’ambito del Power Metal.
Il pezzo ripropone gli eventi della Guerra di Troia secondo la profezia di Cassandra, la figlia di re Priamo condannata da Apollo a prevedere gli eventi più nefasti della sua gente e, una volta rivelate le profezie agli altri, a non essere creduta da nessuno.
Potrebbe sembrare a una prima occhiata una banale narrazione della guerra, ma leggendo le lyrics si può realizzare che ogni singola frase è pronunciata da un soggetto diverso, raccontando dunque le sensazioni e le reazioni di più di un eroe e facendoci provare i sentimenti di tutti i personaggi, dal coraggio dei cittadini di Troia alla rassegnazione di Cassandra, dalla felicità dei troiani di fronte al falso dono degli achei al dolore di Ettore nel capire in morte la condanna alla sua città, dall’amore di Elena e Paride all’odio di Achille per Ettore. Ogni azione, ogni motivazione prende forma.
Davanti all’incitazione per Ettore:
“Don’t you think it’s time to stop the chase
Around the ring?
Just stop running running
Round the ring
Don’t you know that fate has been decided by the gods?”
Vorresti anche tu che si fermasse e finisse quell’agonia affrontando l’inevitabilità della sua morte.
Oppure sentire Achille che urla davanti alle mura della città:
“Roar roar roar roar
Troy Troy Troy Troy
And as the lion
Slaughters man
I am the wolf
And you’re the lamb”
Dà la sensazione che gli achei abbiano vinto la guerra nel momento stesso in cui il glorioso guerriero si scatena con furia tra le file degli indifesi troiani che, con un misto di paura e spavalderia rispondono
“Nowhere to run
Nowhere to hide
Nothing to lose
Like one we’ll stand”
Ma non dimentichiamo la ragione principale della guerra: il desiderio di Paride per Elena, moglie di Menelao. L’azione di Paride ed Elena è condannabile da tutti i principi morali, odierni o antichi. Se si considera poi che il loro amore ha portato alla distruzione di un’intera città, alla morte o schiavitù di innumerevoli uomini i loro sentimenti ci risultano addirittura odiosi.
Eppure sentendo i versi
“She’s like the sunrise
Outshines the moon at night
Precious like starlight”
anche la più crudele guerra acquista senso. La vita di migliaia di uomini diventa, anzi, un prezzo troppo misero, troppo ragionevole, troppo a buon mercato per poter godere dell’oggetto di questa passione anche per una sola volta.
La canzone narra gli avvenimenti della caduta di Troia, persona per persona, evento per evento. La guerra, caratterizzata dal fragore dei combattimenti e dalle grida dei valorosi soldati, ha ormai cancellato ogni traccia della Città e messo a tacere ogni voce. Le uniche cose rimaste ai troiani, accompagnate da un clima musicale cupo e da un tono di grande malinconia, compongono il pianto finale dei sopravvissuti: “Sorrow and Defeat”, il dolore e la sconfitta.
E poi ci fu il Silenzio.
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