Il motivo principale che ti spinge a giocare a Katawa Shoujo è anche forte motivo di imbarazzo se qualcuno ti chiede di spiegare che roba sarebbe. Cioè una visual novel romantica/erotica ambientata in una scuola per disabili. Eh, sì, suona male, ma al contempo siete abbastanza stronzi da essere eccitati o anche solo incuriositi dall’idea, eh? So che è così. Giocate/leggete pure Katawa Shoujo (si scarica, gratis e legalmente, qui. C’è un sacco di testo in inglese, ma è il 2013 e voi sapete leggere tranquillamente l’inglese, vero???) perché è una delle novità più interessanti degli ultimi anni, e non esagero, che vi coinvolgerà senz’altro se siete anche solo vagamente giappominchia. Ma per motivi completamente diversi da quelli che pensate voi.
La cruda verità infatti è che Katawa Shoujo (che vuol dire all’incirca “ragazze storpie”) non è una collezione di battutine sulla disabilità e di rutilanti scene sporcaccione, ma racconta una serie di storie struggenti avviluppate tra loro che vi faranno piangere come delle donnicciuole. Prima che smettiate di leggere: sì, ci sono scene di sesso con ragazze cieche, sordomute, senza gambe, senza braccia o sfigurate. E sono anche una componente centrale della storia, come del resto il sesso lo è della vita, ma non nel modo che pensate voi. E, soprattutto, KS è in grado di regalarti feels e di farti riflettere come poche altre storie hanno fatto finora. E, ripeto, non esagero.
La singolarità dei contenuti e dello stile di Katawa Shoujo dipendono in realtà dalle sue alquanto singolari origini: da un racconto pubblicato online addirittura nel 2000 su delle ragazze disabili nascono diverse fanart, e nel 2007 uno sticky su /a/ di 4chan inizia a catalizzare l’interesse non solo dei giappominkia ma anche di veri e propri talenti: da lì nasce Green Leaf, un progetto di 21 “anonymous” (nel senso originale del termine, non quello dei ragazzini con la maschera di v che giocano a fare gli hacker) tra scrittori, artisti e programmatori che si concretizzerà con la pubblicazione del “gioco” (o visual novel, o come cacchio volete chiamarlo insomma) nel 2012. L’interesse per sto gioco delle giapponesine storpie prolifera nei chan e lo rende col tempo un fenomeno di culto. Sicuramente i temi inconsueti e il contesto morboso giocano la loro parte, ma il meritato successo “dal basso” di questa storia è frutto anche della sua indiscutibile qualità.
La struttura di Katawa Shoujo è in realtà estremamente lineare e “text-driven”: il giocatore legge lunghissimi dialoghi con i vari personaggi (o monologhi dell’estroverso ma pensieroso protagonista, che non è disabile ma soffre di aritmia cardiaca e teme continuamente che gli venga un colpo -NNNNNGGGHHHHH) e ogni tanto è chiamato a una scelta tra due o tre opzioni di dialogo; questi rari momenti di interazione sono cruciali, perché determinano a quale ragazza delle 5 si farà il filo e quale finale ci toccherà (per ogni ragazza ce ne sono almeno due. Sto cercando di completarli tutti, ma ci vuole del tempo). Queste scelte a volte sembrano irrilevanti, ma in realtà impegnano il giocatore/lettore che deve capire genuinamente come comportarsi con la ragazza a cui si fa il filo per avere successo. Del resto, i testi delle varie storie che si intrecciano tra loro sono di una profondità anomala per una storia tra liceali. A causa della loro disabilità, i personaggi sono particolarmente fragili ma al contempo maturi, e la loro caratterizzazione appare sorprendentemente credibile. La relazione tra il protagonista e le ragazze non è mai una banale storia d’amore e di sesso adolescenziale, ma progredisce in modo del tutto credibile. I disegni e soprattutto la colonna sonora contribuiscono a dare pathos a ispessire il “peso emozionale” già alquanto consistente del testo e a conferire pathos ai momenti clou.
Il tema delicato dell’anormalità fisica (e, spesso e volentieri, psicologica) dei personaggi non è affrontato né con leggerezza né con falso moralismo, ma con qualcosa che non esagererei a definire “umanità”. Che non ti aspetti di trovare in una visual novel romantico/erotica, ma si capisce bene che la genuinità della trama dipende dalle origini “underground” e amatoriali; un prodotto creato da una ditta per far soldi difficilmente avrebbe affrontato temi così scomodi con questa sensibilità così poco politically correct e quindi così tanto credibile. Le menate del “coming of age” le abbiamo viste sviscerate in tutte le salse, ma è proprio la non-normalità dei personaggi di Katawa Shoujo a rendere così credbili e piene di vita le storie che raccontano. Le relazioni con le ragazze sono credibili fondamentalmente per due motivi:
1) Ci sono un sacco di rotture di maroni, litigi, paranoie assurde (sì, anche da parte del personaggio maschile)
2)Come in una relazione seria, i partner si influenzano tra loro e cambiano il loro modo di vedere le cose
Pochissimi libri o film riescono a restituire in modo credibile la complessità e la ricchezza dei rapporti tra un ragazzo e una ragazza (il primo che mi viene in mente è Eternal Sunshine of the spotless mind), perché costretti a semplificarli per motivi di “spazio” o, più spesso, per la necessità di creare un prodotto fruibile ai più e quindi facile da vendere. Sì, non tutti hanno voglia di vivere nella finzione le menate che sono costretti a subire nella vita reale. Eppure, le menate hanno un certo fascino quando sono raccontate con stile, e Katawa Shoujo ne è un esempio. Esistono finali positivi e negativi (a seconda delle nostre scelte), ma non è quasi mai una semplificazione manichea, bensì una nota positiva o negativa che non compromette una storia affascinante perché carica di tonalità di grigio (del resto, i vari modi in cui la storia si sviluppa a seconda delle nostre decisioni ci permettono di gustare gli stessi eventi da punti di vista diversi). Come i rapporti tra le persone (non solo tra amanti) nella vita reale, del resto.
Katawa Shoujo non è comunque immune da difetti; le pur ottime musiche tendono a risultare ripetitive, soprattutto se si punta al 100% di completamento, le animazioni dei personaggi sono limitate, ci sono momenti piatti qua e là e i punti di snodo, dove il giocatore influenza la storia con le sue decisioni, sono probabilmente troppo pochi e a volte arbitrari. Sono difetti di un certo conto, sì, che dipendono però dalla natura amatoriale del prodotto e non compromettono quello che è il suo valore aggiunto maggiore e così raro in una storia contemporanea: la credibilità. Leggere/giocare a Katawa Shoujo ti lascia qualcosa perché, in tutte le sue sfaccettature, porta costantemente a riflettere sui sentimenti umani e sui rapporti tra le persone. E queste cose, al di là dell’esotismo delle disabilità e del fascino delle scene zozzone, non mi sembrano così di poco conto.
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