Sono Cat ed emergo dal mio complicatissimo mondo per parlare di: PREGIUDIZI.
Ebbene, ho letto alcuni articoli di IMDI e mi sono resa conto di una cosa: credete che tutti gli articolisti siano persone che non hanno a cuore nessuna razza differente dalla loro. Vi devo contraddire: a noi piacciono tutti, tranne quelli che ci sfracassano le balle dicendo che scriviamo solo luoghi comuni alimentati da pregiudizi a loro volta allattati dal seno dell’ignoranza. Ne ho sentite troppe di storie così per stare zitta, addirittura nell’ultimo articolo della Tait c’è qualche ignorante che le dà dell’ignorante buona solo a far pompini (e una di queste è un cesso che probabilmente gli unici pompini che conosce sono quelli con bayleys, khalua e panna montata,TIE’).
Ordunque chiariamoli questi pregiudizi, anzi farò di meglio, vi parlerò dei miei, affinchè abbiate un buon motivo per prendervela con me,e farò il tutto sotto forma di racconto che si intitolerà:
11!!!UNDICI!!
…a otto anni scoprii che Babbo Natale e compagnia bella non esistevano. Ero seduta sul water di casa mia e stavo facendo una delle prime,grandi, epiche litigate con i miei genitori. Piangevo disperata per l’aver appreso la dura verità, che si presentò ai miei occhi con una crudeltà inimmaginabile, la crudeltà di chi suo malgrado dice cose che non vorrebbe dire. Uscì la prima, grande ed intelligentissima verità dalla mia bocca, frutto del mio inconsapevole studio sulla mia famiglia: dissi ai miei genitori che da grande non sarei mai e poi mai diventata come loro. Da allora capii che forse avevo qualcosa di differente rispetto ai miei coetanei: mentre loro parlavano di videogiochi e prime palpate di tette, io mi appassionavo sempre di più al mondo della scienza, alla psicologia, allo spazio, e tutto mi era nuovo. Purtroppo questo mio essere differente non passava inosservato: i bei voti a scuola mi avevano fatta diventare la secchiona di turno, e tutti mi prendevano in giro. Soffrivo molto, alla mia età vorresti essere come tutti gli altri ma non ci riesci, e non riesci ad accettarti. Sono sempre stata la più alta della classe, questo fino alle medie. Avevo un problema di acne e tutti mi evitavano come la peste, perchè le loro pelli lisce da bambolotti non accettavano delle purulente imperfezioni arrivate in anticipo.
Quando mi arrivò il ciclo per la prima volta, in 5a elementare, me ne vergognai. Fui una delle prime, e nessuna poteva capirmi. Non volevo diventare grande, non mi interessava, ma perfino i primi spunti di tette mi facevano stare a disagio. Cominciai allora a tagliarmi i capelli cortissimi, a vestirmi largo,non volevo che si vedesse nulla, volevo in cuor mio essere un maschio, ma questo mi rendeva ancora più emarginata, visto che verso i dodici anni le ragazzine cominciavano le loro prime pomiciate e io invece ero una sfigatissima brufolosa che somigliava a un uomo. In prima media la prima cotta: mi innamorai perdutamente a primo sguardo di un mio compagno di classe, e non mi passò più fino alla fine delle medie. Lo adoravo, andavo a scuola solo per lui, ma lui, come tutti gli altri, non mi cagava di striscio perché non mi vestivo di marca, non ero figa, ero più alta di lui, avevo i brufoli. Per tre lunghi anni ho passato il mio tempo cercando di farmi accettare per ciò che ero, ma ciò che ero non andava bene. Non ero come gli altri, me ne rendevo conto anch’io, e le pretese dei miei genitori nei miei confronti non facevano altro che complicare la situazione,rendendo il mio carattere non proprio carino.
A 14 anni cominciò la fase che tutti abbiamo, quella in cui non vediamo l’ora di diventare maggiorenni. Anche io ce l’avevo, e speravo tanto in quel grande cambiamento che tutti si aspettano, ma nel frattempo ero sempre una sfigatissima nemmeno troppo simpatica che andava dietro a uno che si era appena fatto la zoccoletta della classe in gita, e quindi piangevo silenziosa sul balcone dell’albergo, pensando a quanto fosse stata ingiusta la vita con me.
Terminate le medie, mi resi conto che non valeva la pena nascondersi. Cominciai ad essere un pò più femminile,come le mie “amiche”, pensando a chissà quando avrei potuto finalmente dare il mio primo bacio. Nell’estate mi misi insieme a un ragazzo che non mi piaceva, ma piacevo io a lui e questo mi bastava, perchè volevo essere come gli altri e poter dire di avere un ragazzo. Ah, il mio primo bacio non fu esattamente ciò che si può definire “bello”,anzi, e così anche per il resto. Dai 14 ai 23 anni non ho fatto altro che cercare di farmi accettare dagli altri. Nel frattempo il corpo cambiava, i brufoli erano quasi spariti e io ero diventata ciò che sono ora, una persona normale. Tuttavia rimaneva in me l’animo intellettuale, che mi ha sempre fatta sentire un pesce fuor d’acqua con gli altri. Vedevo solo una marea di cretini intorno a me, e non riuscivo a capire il perchè fosse fondamentale andare in discoteca per pomiciare e bere fino a star male, avere la pancia piatta, avere le famosissime Silver che costavano diciotto occhi della testa, doversi vantare di andare all’università a fare la scena fuori dai baretti sparsi per strada o in biblioteca. Non concepivo semplicemente l’ignoranza, eppure il mondo era pieno di ignoranti, e io dovevo conviverci.
A 20 anni capii che la vera ignoranza stava proprio in me, che mi nascondevo assieme al mio cervello per evitare di essere esclusa ancora. Ho cominciato a fare quello che volevo: circondarmi di persone che potessero capirmi, ignorare gli stupidi e fargli credere che era tutto ok, ma purtroppo questo passo era difficile: quando convivi con i pregiudizi altrui, la maschera non scende finchè non sei veramente convinta, ed ecco che partirono altri tre anni di carnevale,dove capii un’altra cosa importante: per quanto tu voglia essere alternativo apparterrai sempre a un gruppo.
Purtroppo il delirio di onnipotenza umano non ti fa accettare i tuoi sbagli, la difficoltà più grossa è stata per me accettare i fallimenti, altrimenti avrei capito che non sarei mai più stata in pace con me stessa. Chi se ne frega dei vestiti, dei soldi, delle aspettative altrui? Cominciai quindi a fare e dire davvero ciò che volevo: nota bene, non sono un genio e non sono intelligente a sufficienza da poter entrare nel MENSA ( ho provato un paio di volte ma ci capisco poco, inb4 101), però ero sufficientemente stufa da eliminare definitivamente tutti i deficienti che avevano popolato fino a quel momento la mia esistenza: le fighette, i finti froci, i finti profondi, i finti sfigati, i finti nerd, ecc. ecc. ecc. Ho scoperto che mi piace la lettura dei fondi di caffè e quella delle carte, mi diletto a interpretare sogni, ascolto il mio sesto senso come non mai e ogni tanto faccio cazzate. La gente che è con me lo sa, e sa anche che sarò la prima che accetterà le critiche, a patto che siano fatte con gentilezza, perchè sanno che fatico ancora a vedermi piena di difetti. Ho scoperto che un foglio bianco e liscio non è bello, è più interessante se pieno di scarabocchi disordinati. Convivo col fatto che gli altri spesso e volentieri non mi piacciono e io non piaccio a loro.
Ancora adesso per un filo di pancetta vengo guardata male dalle figone che ogni tanto mi passano accanto, sicure di loro probabilmente perché il loro appartenere a un gruppo le fa sentire rassicurate,questo ogni tanto mi fa riflettere, ma alla fine se per un filo di pancetta devo far venire fuori un casino è meglio che non ci pensi nemmeno. Ora, a 25 anni, ciò che esprimo sono finalmente opinioni personali, che nulla hanno a che vedere con ciò che è il pensiero generale. Non sono una sovversiva, non pretendo di andare controcorrente però una cosa l’ho imparata: a tanti la mia opinione non piace e dicono che è un pregiudizio. I veri pregiudizi li ho vissuti sulla mia pelle, e quando una persona si mette davanti ad un computer per scrivere di qualsiasi cosa ci mette la faccia, a costo di risultare impopolare, pur di far riflettere qualcuno e magari farlo uscire da un mare di maschere come è successo a me e a molti altri come me. Il vero scopo non è giudicare a cazzo gli altri, ma far capire come la realtà possa distorcersi a seconda di chi la guarda.
Una persona vede un circolo di intellettuali che scambiano opinioni importanti di fronte ad un piatto di pasta, un’altra vede magari un gruppo di persone che vogliono appartenere a un gruppo, che si scambiano stronzate seduti su una cassa di fronte a un misero piatto di pasta. In questi casi non c’è una ragione o un torto, ma c’è la voglia di scoprire il mondo visto attraverso altri occhi, sempre e soprattutto per ciò che riguarda le piccole cose, che spesso ci sfuggono. Non chiamatela ignoranza per favore.
Cat
P.S.: la mia storia riguarda piccolissimi problemi visti in maniera distorta. Forse.
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