Noi tutti siamo portati a pensare fin dalla più giovane età a pensare che la scienza sia qualcosa di divertente. Qualcosa che possa continuamente soddisfare la nostra curiosità e la nostra voglia di fare. Qualcosa che, attraverso il suo legame con la natura, non stanchi mai. In fondo tutto il percorso scolastico porta con sé questa idea, una visione a tutti i costi positiva della scienza. Tanti divulgatori, nell’ammirevole intento di avvicinare più persone alle scienze, utilizzano questo approccio.
Ma è veramente così? A tutte le persone che tuttora la pensano in questo modo, quasi mi dispiace annunciare una dura verità.
È tutto falso.
La scienza è noia, rabbia, frustrazione, disperazione. Non c’è nulla di divertente nella scienza.
Non mi credete? Ve lo dimostrerò partendo da un esempio.
Prima di farlo, tuttavia, dovrò tediarvi con un piccolo rimarco. Uno dei tanti momenti che smorzano la buona volontà quando ci si approccia alla scienza.
Partiamo dalle basi: come funziona la scienza?
Tra il ‘500 ed il ‘600 Galileo Galilei ha messo a punto e codificato uno dei procedimenti più importanti di cui, ieri come oggi, ci si avvale: il metodo scientifico.
Questo è il procedimento, in breve: osservare un certo fenomeno naturale, trovare in esso una certa forma di regolarità, formulare un’ipotesi su come si possa rappresentare (spesso matematicamente) e poi verificare sperimentalmente se tale ipotesi sia fondata o meno.
Questo metodo ha alcune fondamentali implicazioni, troppo spesso dimenticate.
La prima è che è considerato vero dalla scienza solo ciò che supera la cosiddetta peer review, ovvero un numero congruo di verifiche sperimentali indipendenti che mettano alla prova la teoria in questione. Tutti devono poter controllare che una certa teoria sia vera.
La seconda è che una sola smentita (se verificata anch’essa) può far crollare una teoria, o quantomeno ridurre le situazioni in cui essa risulta applicabile. Per fare un esempio, tra il ‘700 e l’’800 si è osservato come a velocità molto elevate la meccanica classica smetta di aver troppo senso. Per questo, ad opera di Lorentz, Einstein ed altri, si è andata sviluppando la meccanica relativistica, teoria che spiega in maniera molto più accurata il moto ad alte velocità ed estende la più antica meccanica galileiana, che tuttavia continua a essere adeguata per descrivere i fenomeni a velocità molto minori di quella della luce… ovvero alle velocità con cui noi tutti abbiamo continuamente a che fare.
A questo proposito, la terza implicazione è che le teorie scientifiche non sono una fedele descrizione del mondo che ci circonda, ma dei modelli (matematici o meno) che forniscono un modo per affrontare in maniera sistematica lo studio dei fenomeni naturali. Sono, in buona sostanza, delle approssimazioni che funzionano bene. Così bene, in effetti, da permettere cosette da nulla come riuscire a far atterrare una sonda su una cometa a circa 720 milioni di chilometri di distanza da noi.
Ma terminiamo qui questa digressione e torniamo al punto centrale del discorso, di quanto la scienza sia noiosa. Vediamo insieme l’esempio.
Improvvisiamoci sperimentatori per un attimo e osserviamo il primo fenomeno naturale che ci viene in mente: un corpo che cade.
È senza dubbio un buon esempio; è un esperimento ripetibile, non ci vanno attrezzature particolari e il comportamento è più o meno sempre quello: lasci un corpo e questo va giù.
Prendiamo per il nostro esperimento una pallina e facciamola cadere. Con ogni probabilità, questa finirà a terra. È un fenomeno fin banale, ma descriverlo non è semplice; possiamo osservare che la velocità aumenta al passare del tempo. Più la pallina si avvicinerà a terra, più andrà veloce. Ma non sappiamo assolutamente quanto e come aumenta la velocità. Sappiamo solo che la pallina va giù e più a lungo la lasciamo cadere, più diventa veloce.
A questo punto, facciamo una supposizione. E se la velocità aumentasse in maniera costante al passare del tempo? Verificare in maniera diretta questa idea non è semplice. Tuttavia possiamo farlo supponendo che questo sia vero e controllando se i risultati a cui giungiamo hanno senso.
Un moto uniformemente accelerato è un moto in cui la velocità cambia costantemente nel tempo. Questo vuol dire che cresce (o decresce) sempre allo stesso modo; ad esempio, se un oggetto avesse un’accelerazione di 5 m/s2 vorrebbe dire che ogni secondo diventerebbe 5 m/s più veloce rispetto al precedente. Il 1° secondo a 5 m/s, il 2° secondo a 10 m/s, il 3° secondo a 15 m/s e così via.
Quindi, l’esperimento è proprio questo: far cadere una pallina e vedere se la sua velocità aumenta uniformemente col tempo. Ora noi sappiamo che, nel vuoto, ogni corpo che cade vicino alla superficie terrestre avrà la stessa accelerazione, pari a circa 9.81 m/s2.
Ma arrivare a questo risultato è facile? No, per nulla.
È complicato perché le persone sbagliano, di volta in volta in modo diverso. Misurare un tempo di caduta armati soltanto di un cronometro è un’operazione estremamente imprecisa, anche per la persona più reattiva. Allo stesso modo, c’è una certa incertezza anche nella misurazione delle altezze da cui lasciamo cadere il nostro oggetto. È proprio per questo che in fisica sperimentale (e non solo in essa, ovviamente) entrano in gioco due diversi strumenti matematici: la statistica e l’analisi degli errori, che risultano assolutamente indispensabili in ogni processo di misura.
Pensavate che bastasse prendere qualche dato per fare scienza? Vi sbagliavate. La scienza è fare calcoli, è compiere una quantità enorme di prove sperimentali. Ogni misurazione è accompagnata da un lungo, tedioso ed esasperante lavoro di elaborazione dei dati che occupa la maggioranza del tempo impiegato per l’esperimento. Per non parlare del momento in cui ci si rende conto che un qualche errore nel proprio apparato sperimentale ha falsato tutta la nostra esperienza, rendendo inutili i dati. E, superata la disperazione di quel momento, si ricomincia da capo.
Ma, in fin dei conti, è veramente noioso quello che ho descritto? Impazzire contro teorie e dati sperimentali alla ricerca di un qualche risultato concreto? Ingegnarsi per trovare nuovi modelli che descrivano meglio la nostra realtà o esperimenti più semplici ed efficaci per raggiungere il nostro obiettivo?
Se tutto questo invece di noioso ed inutile vi sembra stimolante, se non vi fa paura la prospettiva di dover affrontare lunghi calcoli e ragionamenti spesso astrusi, posso solo dirvi una cosa.
Benvenuti nel mondo della scienza.
20 anni, sono uno studente di Fisica che cerca di fare debunking attraverso un po' di informazione scientifica e si diletta di musica.
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20 anni, sono uno studente di Fisica che cerca di fare debunking attraverso un po' di informazione scientifica e si diletta di musica.
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