Spesso il termine che definisce un genere musicale non è altro che una mera etichetta il cui scopo è quello di trovare, anche in maniera goffa, punti di omologazione fra artisti che sono in realtà musicalmente e poeticamente distanti. Nel caso di un sottobosco musicale ricco e concettuale come quello che ruota intorno al collettivo Janus e all’etichetta discografica PAN (ma non solo) la definizione post-club rischia di essere piuttosto uniformante e riduttiva.
Effettivamente questo gruppo di artisti ha un punto in comune, o meglio una missione: prendere le sonorità e l’estetica della musica da discoteca e sconvolgerle, scomporle in fonemi da poter riutilizzare per creare un nuovo vocabolario, che vada oltre gli stringenti cliché della musica dance (tra i quali il ritmo in 4/4) e attribuire ad essa non più una valenza evasiva, bensì una carica fortemente antropologica e, perché no, politica. Musica intelligente, viva, piena di significato e fortemente legata alle arti visuali, come grafica, design e cinema. Le modalità con cui si cerca di portare a termine questo oneroso compito sono differenti e rendono questa nuova scena musicale estremamente variegata; un metodo utile per orientarsi in questa giungla digitale è una guida all’ascolto che menzioni le principali uscite discografiche degli ultimi due anni.
Holly Herndon è un’artista cresciuta fra la Berlino dei club underground e la Silicon Valley e la sua musica è una lucida commistione tra queste due anime, tra arte e tecnologia digitale. L’idea alla base di questo disco, che si ritrova anche nel nome stesso, è una teoria sociologica secondo la quale il futuro debba essere costruito non mediante una progettazione a priori, bensì attraverso una piattaforma ampia di persone che scambiano i loro pareri e le loro visioni attraverso vari metodi comunicativi. Herndon fa di questa teoria la poetica dell’intero disco, un intreccio di idee e di sonorità che parte dalla rete ed è indirizzato alla rete stessa come una sorta di lingua franca; sintomatica è la dichiarazione di Herndon, che afferma di registrare i suoni della sua attività su Internet e utilizzarli come fonte di ispirazione. Musicalmente, le tracce sono guizzi di avanguardia elettronica costruiti principalmente su sample vocali dell’artista (che può vantare una voce particolare e molto suadente) che si strutturano e sovrappongono creando movimenti sempre imprevedibili.
M.E.S.H, al secolo James Whipple, è un artista berlinese i cui lavori sono pubblicati dalla già citata etichetta underground PAN Records. “Piteous Gate” è il suo disco d’esordio, nonché il punto di arrivo della sua poetica musicale. Le tracce di questo disco sono parti di un’ipotetica colonna sonora, una pièce cinematografica futurista in cui l’artista rielabora suoni provenienti da qualche libreria di VST in pieno stile PC-music (e qui riemerge la missione di trasformare la musica club in qualcosa di diverso). Questi suoni, in “Piteous Gate”, hanno la funzione di costruire ambientazioni e creare movimenti dinamici, alternando momenti di esplosione rumorosa a sottofondi quasi ambientali e oscuri, mantenendo sempre una tensione e una complessita tonale notevoli. M.E.S.H descrive un mondo in cui l’eccesso di informazioni e dati talvolta in contrasto tra loro lasciano la persona sovraccarica e de-personalizzata, incapacitata a costruirsi un’idea concreta, disorientata e persa in un universo di feeds e notizie. In questo quadro disumanizzante, la musica di James Whipple cerca di espletare una funzione salvifica: dietro questo collage di suoni c’è in realtà la volontà dell’artista di essere un “receptor for constant information overload”, una sorta di struttura complessa in grado di elaborare i caotici flussi di segnali con il fine ultimo di riuscire a mantenere la propria individualità, la propria umanità.
Il criptico duo “Amnesia Scanner” è forse l’emblema di questa scena musicale in evoluzione. Le uniche informazioni note in merito ai due sono pochissime: si definiscono “Xperienz Designers”, risiedono a Berlino e ruotano attorno agli artisti del misterioso collettivo Janus (tra cui M.E.S.H). Il sito Internet del duo è un’accozzaglia di suoni e caleidoscopi luminosi senza alcun apparente significato, sui quali compaiono scritte del tutto incomprensibili; un intricato dedalo che lascia intendere la dimensione multimediale, non solo musicale, del progetto. La formula di “AS” è un fluire liquido di pattern sonori, una vastità di samples sezionati e deturpati tanto da essere resi irriconoscibili; musica sintetica ma, al contempo, organica e pulsante. Gli Amnesia Scanner si differenziano forse dagli altri artisti della scena per la loro volontà di mostrare più apertamente l’origine club della proposta musicale: laddove altri artisti del collettivo utilizzano la musica elettronica ballabile solamente come base semantica, nascondendola sotto strati di complessità musicale e concettuale e arrivando perfino a ripudiarla e criticarla apertamente in alcuni casi, gli Amnesia Scanner dichiarano apertamente la loro opera di destrutturazione, mostrandone il corpo sfigurato e trasformato in qualcosa di diverso, superiore. La natura estremamente irriverente di “AS” è forse la formula vincente che consacra questo disco non solo come capolavoro della scena post-club, ma come uno dei capisaldi della nuova musica elettronica.
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