Mercoledì 23 novembre è andato in onda su Rai 1, negli studi di Porta a Porta, quello che probabilmente è il dibattito più interessante pre-referendum, dati i partecipanti. Sei personaggi provenienti da tutto lo spettro politico hanno esposto le loro ragioni per votare Sì o No al referendum; ma prima, una premessa: Il fronte del no continua a ripetere che non voteremo i senatori.
È una critica molto pertinente e sensata alla riforma, che potrebbe spingermi decisamente a votare “No”, però è falsa. E non “falsa” tipo “diamo l’immunità ai senatori” (che è una mezza verità: in realtà non gli togliamo quella che già avevano); è falsa nel senso che è proprio una bugia.
Questo punto andava specificato per motivi che saranno chiari più avanti. Per ora, la pagella.
A discutere in sala c’erano tre rappresentanti per schieramento; a rappresentare il No al dibattito c’erano Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale, Giovanni Toti, presidente della Liguria per Forza Italia, e Alfredo D’Attorre di Sinistra Italiana. A rappresentare il Sì il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e Flavio Tosi, segretario di Fare con Tosi e sindaco di Verona. Banale ripetere che negli studi di Porta a Porta a moderare è Bruno Vespa. Format classico: segmenti di discussione su vari temi e i rappresentanti degli schieramenti a discutere al riguardo, con una certa libertà nello spaziare sugli argomenti proposti e un cronometro che misurava il tempo di parola concesso a ogni fronte per tenere il maggior equilibrio possibile.
Il povero uomo si ritrova preso in mezzo con una fascista da una parte e un forzista dall’altra ed è a disagio come un dipendente del McDonald’s quando nel locale entra Adinolfi. Questo incontro poteva essere l’occasione per dare un po’ di luce a Sinistra Italiana in vista di elezioni che non sembrano essere troppo lontane, ma muore ancora prima del secondo stacco pubblicitario: al minuto 14 entra nell’arena con la sua arringa, al minuto 16:40 comincia una replica selvaggia di Renzi che comincia fin da subito a bastonarlo dicendo che sulla stessa riforma è stato capace di votare in tre modi diversi in tre occasioni diverse (prima a favore, poi contro, infine all’ultima votazione non era presente in aula), per poi proseguire smontando i suoi dati. Prova debolmente a reagire ricordando delle cifre promulgate dalla Ragioneria Generale dello Stato, ma Renzi finisce il cadavere ricordando che quei numeri si riferivano a tutt’altro; al minuto 20:00 esce dal tritacarne, ma è già clinicamente morto; SFIGATO.
Un po’ meglio di D’Attorre, ma non eccelle. Performance senz’altro senza infamia; porta fin dall’inizio l’esempio delle leggi di iniziativa parlamentare che, essendo prive di spinta governativa, sostanzialmente non passano mai, senza però riuscire a essere incisiva (non fosse altro per il fatto che non la ascolta nessuno; stasera il bersaglio non è lei). Ha senz’altro fatto del suo meglio, ma credo che il suo ruolo sia più che altro fare numero per i risicatissimi sostenitori del Sì che per la sua capacità di farsi valere in un dibattito; SPALLA.
Chi scrive è sempre, SEMPRE stato prevenuto nei confronti della Meloni. Credo che starebbe molto meglio a fare l’oste in qualche degradata e brutta osteria delle periferie di Roma, piuttosto che a sprecare il denaro in Parlamento, e ho fatto non poca fatica a seguire i momenti in cui parlava. Conferma ogni mia impressione pregressa per la spiacevole tendenza a interrompere in continuazione la gente quando parla, ad andare fuori tema rispetto alle domande e parlare dei bisogni del popolo sovrano dall’alto del suo 1,95% di voti. Causa sincere risate nel sottoscritto quando comincia a tartassare Renzi chiedendo “È vero che non eleggeremo i senatori?” e Renzi risponde “No” (e Renzi ha ragione, come già notato). Si indigna talmente tanto di fronte a questa risposta che comincia a gonfiarsi come una rana e imprecare in romanaccio stretto, diventando così rumorosa che Vespa la mette in castigo e non le dà più la parola fino alla fine del dibattito; PAGAIATA IRL.
Continuano a chiamarlo ebetino, continua a stravincere ogni dibattito. Unico punto dolente: la domanda glissata di Vespa all’inizio. A precisa domanda “Cosa succede se vince il no?” Renzi fischietta e fa finta di niente. Per il resto della serata passa il tempo a riportare il discorso in topic con la Meloni che continua a provare a parlare di tutto tranne che del merito del referendum (comincia fin dalla prima domanda; Vespa chiede alla Meloni di argomentare sulla fine del bicameralismo perfetto e lei comincia subito dicendo “RENZI SE VINCE IL NO TI DIMETTI GNEGNEGNEGNEGNE”; lui la rimette subito in riga e ricorda che il 4 dicembre non si vota su quello), non interrompe gli altri quando parlano e, quando parla, è estremamente puntuale e preciso, oltre che tagliente. Si era chiaramente preparato molto bene al dibattito studiando la storia degli avversari per pungolarli, oltre che (chiaramente) la riforma. L’ho trovato estremamente convincente, ma mi fa arrabbiare il fatto che il ruolo di riportare gli ospiti in topic avrebbe dovuto svolgerlo Vespa, non lui; MODERATORE AD INTERIM.
Il sindaco di Verona prende la parola poche volte, ma lo fa in maniera sempre precisa e pertinente. Oltre a difendere il Sì al dibattito, ha lo scopo anche di far conoscere il suo partito, che ancora è piccino e deve ritagliarsi il suo spazio. Si pone fin da subito come un’alternativa alla destra populista e pecoreccia di FdI e LN parlando di Confindustria, di Europa, di categorie economiche… Insomma, una destra che parla al tessuto produttivo del paese e del tessuto produttivo del paese, non solo a tutti quelli arrabbiati per “I NEGRI COI BARCONI”. Ha fatto davvero una gran bella figura, ma se avesse interrotto un po’ meno gli altri mi sarebbe piaciuto ancora di più; IL NUOVO CHE AVANZA.
In mezzo agli altri rappresentanti del No, Toti spicca come un gigante di capacità dialettiche. A differenza degli altri porta innanzitutto un’esperienza amministrativa (che anche la Meloni potrebbe vantare, se non fosse stata rifiutata persino dalla sua stessa città per una parvenu come la Raggi), porta esempi e, genericamente, sa risultare meno odioso del resto dei suoi compagni. Se non fosse stato circondato da gente così impreparata probabilmente sarebbe riuscito a brillare di più, ma il fronte del No ha un enorme problema nel momento in cui sono tutti d’accordo a dire “No”, ma nessuno di loro riuscirebbe a trovare i voti per proporre una qualsiasi altra riforma. Il 90% delle obiezioni sollevate nel corso del dibattito dal fronte del No in generale (e da Toti in particolare) non sono attacchi alla riforma in sé, ma tutte le possibili variazioni sul tema di “Si poteva fare ANCHE questo”/”Alla nazione serviva ben altro”, senza pensare a come trovare i voti in Parlamento per portare avanti queste proposte che propugnano; BEN ALTRO.
La posizione del Sì è molto difficile, con i sondaggi che continuano a darlo in svantaggio. La riforma viene spesso accusata di non essere abbastanza incisiva, e al contempo di non essere frutto di una vera mediazione parlamentare/imposta a colpi di maggioranza, senza rendersi conto che il fatto che non sia incisiva come si vorrebbe è proprio dovuto al fatto che è frutto di un’autentica mediazione parlamentare. Questo non toglie l’amaro in bocca da tutti quelli che avrebbero voluto di più, perché sostanzialmente non siamo più abituati all’idea del compromesso e della mediazione; vogliamo avere tutto, vogliamo averlo esattamente secondo le nostre istruzioni, lo vogliamo subito. Da questa gente, per coerenza, mi aspetto che quando il datore di lavoro gli offre un aumento di 50 euro in busta paga lo rifiutino sdegnati perché sotto i 400 è una presa in giro. Credo che il fronte del Sì abbia fatto un buon lavoro presso tutti gli indecisi, anche per i numerosi scivoloni fatti dai suoi avversari nel corso della discussione; resta da stabilire solo se ci sono effettivamente abbastanza indecisi da invertire il risultato che si prospetta. Una domanda a cui avremo risposta il 4 dicembre: sarebbe bello poter avere i sondaggi anche nei 15 giorni precedenti per poter seguire l’andamento del trend, ma la legge ne vieta la diffusione (non il fatto di eseguire sondaggi; soltanto la loro diffusione). Quindi non resta che consolarci tenendo la nostra attenzione concentrata su altro; per esempio, coincidenza vuole che il 4 dicembre si voti per risolvere l’interessantissima diatriba fa i seguagi di S. SImplico e quelli di S. NOrberto nelle votazioni per il Concilio Ecumenico Fiorentino.
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