Nella notte e nella mattinata odierna il territorio dell’Italia centrale, già martoriato da diverse scosse susseguitesi nell’arco degli ultimi 2 mesi, è tornato a tremare. Lo sciame sismico conta 13 terremoti con magnitudo Mw maggiore di 4.0 tra le 7:40 del 30/10 e le 12:21 della stessa data.
La prima scossa di questa serie è stata la più intensa di questo movimento di faglia inauguratosi con il sisma del 24 Agosto scorso. Magnitudo Mw 6.5, ipocentro a 9 km circa. Ma fortunatamente, stando alle notizie parziali fornite dalla Protezione Civile, anche questa ha evitato morti dirette finora, nonostante i tanti danni a strutture già abbondantemente lesionate e una nuova emergenza che si aggiunge a quella precedente, con un patrimonio storico-artistico difficile da mettere in sicurezza e salvare.
Ma il caso del giorno, almeno sui social media, è di nuovo la questione magnitudo “abbassata dai poteri forti”. Sono già state spese parole per confutare la tesi del “limite di legge ai risarcimenti“, sia sulle nostre pagine che su quelle di un importante testata a tiratura nazionale. Ma la confusione su come vengano misurati i terremoti resta.
Prima di tutto bisogna capire quali effetti siano oggettivamente misurabili. Le due scale più famose in sismologia sono la scala Mercalli e la scala Richter.
La prima fu proposta da un sacerdote italiano studioso di sismologia e geologia nel 1902. Si basa su una scala ottocentesca che misura gli effetti di un terremoto a posteriori. In sostanza dopo la conta dei danni e delle vittime, permette di dare un valore alla distruttività dell’evento sismico. Tuttavia è spesso molto dipendente da fattori non oggettivi. Basti pensare al confronto tra il numero di vittime della scossa odierna e quella del 24 Agosto scorso. Per correggere alcune pecche fu più volte modificata, infatti esistono almeno 3 scale basate sulla Mercalli: MCS, MSK e MMI. L’ultima di queste correzioni fu proposta da un sismologo americano di cognome Richter.
Richter, per ovviare ai problemi della scala Mercalli, troppo legata a danni dipendenti dalle tipologie di edifici presenti e banalmente anche alla rapidità dei soccorsi, propose un approccio diverso e più scientifico. L’intensità energetica di un terremoto è di fatto un effetto misurabile ed oggettivo. Quindi, scegliendo arbitrariamente un piccolo valore di spostamento sul sismografo, ponendolo ad una distanza epicentrale di 100 km dall’origine del sisma, è stato fissato il valore 0 della scala. In termini energetici tale valore equivale a quello generato dalla combustione di 0,018 l di benzina. La scala poi cresce di 3 ordini di grandezza ogni 2 gradi. In altri termini un terremoto di grado 2 sprigiona 1000 volte l’energia di un terremoto di grado 0.
Ma questa scala, sebbene sia praticamente istantanea (permette di misurare l’intensità dell’evento sismico immediatamente dopo l’accaduto), ha problemi di saturazione per le intensità alte. In più non tiene conto correttamente di dimensioni e dislocazione della sorgente sismica. Quindi è stata elaborata una scala, del tutto simile a quella Richter per impostazione e ordini di grandezza, ma con miglioramenti in questo senso. Si chiama scala di Magnitudo Momento, ed è quella correntemente adottata dagli istituti sismologici mondiali. Nel terremoto dell’Aquila erano indicate dall’INGV entrambe le scale, ma ultimamente viene indicata solo quest’ultima con simbolo Mw. Tuttavia per semplicità i mass media continuano a chiamarla scala Richter.
Una volta definita la scala con cui è più corretto misurare gli eventi sismici, è necessario capire cosa misurare. Nella sismologia gli eventi sismici hanno varie componenti (fasi), chiamate onde sismiche. Ci sono le onde di volume, divise in P ed S, e quelle di superficie, divise in Lr ed Lq. Nella misurazione dei terremoti vengono impiegati dei sismografi, che sono di due tipi: orizzontali e verticali.
In base ai dati provenienti dai sismografi si passa al calcolo dell’intensità del terremoto. Per determinare la distanza dell’evento sismico dal sismografo è necessario operare delle stime. Prima di tutto si osserva la distanza di tempo tra la misurazione delle onde P e le S. Da tale differenza di tempo si ricava tramite tabella il tempo di viaggio delle onde P, che misura di fatto la distanza. Ripetendo la misurazione su stazioni multiple si procede con operazioni di triangolazione.
Tali misurazioni sono soggette ad errori sperimentali tra cui il campo magnetico compensato nella sala sismografi, il calcolo delle torsioni della crosta terrestre e le oscillazioni libere terrestri. Sorge quindi la necessità di correggere sperimentalmente i dati apportando fattori di correzione elaborati dalla sismologia. Per questo la corretta stima di un terremoto richiede fino a 30 minuti.
Alle 7:40 il terremoto è stato vissuto in diretta su molti canali allnews. Tra questi RaiNews24 che ha sede proprio a Roma, dove la percezione è stata moderatamente alta ma esente da danni. Subito la magnitudo è stata dichiarata di 7.1 dai mezzi di stampa. Ma siccome la scala Richter sottostima le intensità, la Protezione Civile e l’INGV avevano inizialmente comunicato 6.1. Svista giornalistica? Probabile. L’errore è stato in ogni caso corretto con la comunicazione successiva che aggiornava la magnitudo a 6.5. Ma la macchina del gggentismo era già in moto.
Sicuramente non aiuta l’imprecisione di alcuni servizi online. Ad esempio questo. Sulla mappa italiana segna due eventi sismici con magnitudo maggiore di 6, con distanza di circa una decina di km. Tuttavia sul sito dell’INGV ne viene segnalata una sola. Perché? Ci staranno nascondendo qualcosa i poteri forti?
La spiegazione è molto banale. E non c’entra la trilaterale né il gruppo Bilderberg. Sono misurazioni dello stesso terremoto eseguite da sismografi negli Stati Uniti ed in Australia.
Il limite di misurabilità di tali eventi è circa 11.000 km infatti. Tuttavia, per effetti geometrici abbastanza ovvi, se l’angolo della triangolazione è piccolo, gli errori sono alti. Mentre l’istituto nordamericano sovrastima l’intensità di 1,4 volte, quello australiano lo fa per quasi 4. In più l’epicentro individuato dagli australiani è palesemente sbagliato se confrontato con i dati INGV.
Dista circa 10 km da quello individuato dagli americani, che a sua volta è distante circa un paio di km da quello individuato dall’istituto nostrano.
In conclusione; no, non esiste un complotto per abbassare la magnitudine di un terremoto. Esistono, invece, diverse misurazioni effettuate da diversi enti che aiutano a dare un’idea dell’intensità dell’evento sismico, ma per avere il dato finale occorre aspettare che queste misurazioni vengano pesate e interpretate. Chi parla di complotti per abbassare la magnitudo di un sisma, soprattutto basandosi su dati di altri istituti di sismologia, sta commettendo gravi inesattezze (tipo Enza Blundo, dei 5S); anche perché i risarcimenti vengono stanziati sulla base dei danni effettuati (scala Mercalli) e non sulla base della potenza sprigionata; se così non fosse, si darebbero risarcimenti per terremoti potentissimi anche quando si scatenano in mezzo al deserto e non fanno nessun danno. E risarcire un danno che non c’è stato non si può.
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