Molto spesso capita di sentire opinioni di persone che affermano che il fisico non è la prima cosa che si nota o che si tiene in considerazione nella scelta del partner. Tralasciando il fatto che la scelta del partner possa essere più o meno ragionata con ipotesi più o meno oggettive, davvero non importa l’aspetto fisico? Facciamo un passo indietro. Prima di considerare se la persona che abbiamo di fronte sia un possibile candidato per essere il nostro partner, è bene incontrarla o, ancora prima, vederla. A prescindere che ci sia anche solo un’interazione verbale, prima di tutto quella persona è per noi uno stimolo visivo ricco di informazioni. Queste informazioni sono molto preziose e ci permettono a priori di farci delle impressioni, o meglio, di formulare giudizi. In altre parole: pregiudizi. Questi pregiudizi, che possono avere una valenza sia positiva che negativa, sono il frutto dell’evoluzione dell’essere umano. Per tutta la durata della lettura tenete presente che stiamo parlando di un processo che avviene prima dell’incontro effettivo con il prossimo. Per esempio abbiamo costantemente pregiudizi anche quando si fa shopping o si va a correre. È un processo imprescindibile della natura umana. Ma ora proviamo a fare un esempio di valenza.
Immaginate di essere un fan accanito di Justin Bieber (so benissimo che lo sforzo è notevole) e di vedere in lontananza un individuo che indossa una maglietta con la faccia della star. A prescindere da quanti metri vi separano, dal momento in cui il vostro nervo ottico ha captato quell’immagine, il vostro cervello ha già giudicato quella persona in maniera positiva. Immaginate ora di essere un italiano medio (mi rendo conto che lo sforzo è sempre maggiore) e che la parte occipitale del vostro cervello (area deputata all’elaborazione visiva. The more you know…) abbia elaborato l’immagine di un individuo dalla pelle nera. In tempo zero avrete già generato giudizi sulla sua natura di essere inferiore (la parola natura non è a caso), che ci viene a togliere il lavoro, ecc… Quindi perché è importante l’informazione visiva sull’aspetto delle persone? Perché ci permette di estrapolare informazioni e, di conseguenza, generare impressioni.
L’impressione o, più correttamente, la formazione di impressioni, è un processo attraverso il quale gli individui si creano un’immagine di altri individui singoli o in gruppi. Queste impressioni consistono in una serie di aggettivi positivi e negativi che, insieme, concorrono ad una valutazione unitaria. Riprendiamo l’esempio dell’italiano medio: appena vedremo l’individuo dalla pelle nera, immediatamente faremo associazioni con aggettivi come “sporco”, “ignorante”, “ladro”, “puzzolente”, ecc… Tutti questi aggettivi sono stati richiamati dalla sola informazione visiva, ecco perché è un pre-giudizio.
Quella che è stata descritta è definita in letteratura come “teoria implicita di personalità”. Questa è uno schema (cioè un pattern standard di elaborazione di informazioni) che permette di estrapolare una serie di aggettivi dopo averne captato anche uno solo. Immaginate di assistere ad un’entusiasmante rimpatriata tra vecchi compagni di liceo che si trovano nel ristorante in cui siete anche voi, al tavolo accanto al vostro. Tra il vociare, e le battute di basso spirito, scrutate in un angolo una persona che non parla con nessuno. All’istante il vostro cervello assocerà quell’immagine ad un aggettivo, come “timido”. Automaticamente, da quell’aggettivo, ne estrapolate di altri, come un fazzoletto dal cilindro: “solitario”, “antipatico”, “asociale”, “single”, “mememaster”. In una frazione di secondo avete visto una persona apparentemente timida ed elaborato la sua intera personalità seduti comodamente dal vostro tavolo.
Le prime impressioni sono statisticamente false perché si appoggiano a schemi mentali precostituiti. In altre parole estrapoliamo aggettivi in base a prototipi di individui creati dall’esperienza di vita e dalla cultura in cui siamo immersi. In una parola: stereotipi. Ecco perché le personalità implicite che elaboriamo contengono tutti aggettivi solo positivi o solo negativi. Un solo aggettivo (per esempio timido) porta con sé una serie di aggettivi coerenti con il prototipo che noi abbiamo della persona timida ed ecco perché se vediamo una persona con la pelle nera si attivano tutti quegli aggettivi negativi. È una coerenza determinata anche dalla cultura, infatti esistono altri prototipi di personalità che in occidente non esistono. Per esempio in Cina c’è la personalità “Shi Gù”: un individuo con senso pratico, che ha il culto della famiglia, ben inserito nella società e riservato. Questi ultimi due aggettivi in occidente non hanno alcuna correlazione e risulta anche difficile immaginarsi un prototipo avente quelle due caratteristiche contemporaneamente.
Un altro motivo per cui ci basiamo sulle impressioni è che queste sono il frutto dell’evoluzione umana. La formazione di impressioni ha, infatti, due caratteristiche che la rendono un processo fondamentale per la sopravvivenza. È un processo rapido e inconsapevole che prevede un bassissimo costo energetico; solo attraverso una ricerca approfondita di informazioni (molto costosa in termini di energia e motivazione personale) è infatti possibile farsi un’idea più complessa delle persone. Riprendendo l’esempio del ristorante, per farsi un’immagine più veritiera del personaggio timido avremmo dovuto avere molta motivazione a conoscerlo ed essere disposti a focalizzare le nostre energie su di lui. Questo processo è inoltre fondamentale per pianificare il comportamento potenziale: se incontro un fan di Bieber, avendo estrapolato una sua personalità, sarò pronto ad evitarlo, mentre se al ristorante vedo un tizio timido potrò ignorarlo perché potenzialmente non minaccioso.
Pensate ancora che tutto questo non abbia a che fare con la scelta del partner? Pensate davvero che l’essere umano si sia evoluto fidandosi delle persone brutte? È possibile ipotizzare che nella preistoria ci si mantenesse lontani (comportamento pianificato) da persone con un brutto aspetto perché potenzialmente minacciose. Tutto questo si ripercuote nella cultura, come ad esempio nelle storie raccontate ai bambini, con le più classiche favole che hanno come “cattivi” anche persone “brutte”.
Alexander Todorov, ricercatore dell’università di Princeton, ha scoperto come basti anche solo riprodurre determinate caratteristiche facciali su modelli 3D per far percepire questi modelli come più o meno affidabili o dominanti. In pillole, Todorov ha ricostruito alcuni pattern facciali in base ad alcune caratteristiche come la grandezza della bocca, la larghezza del naso, l’inclinazione delle sopracciglia e l’ampiezza degli occhi. La sua ricerca ha dimostrato come bastino le informazioni facciali per inferire istantaneamente (in un decimo di secondo) il tratto associato. I volti ricostruiti, infatti, sono stati valutati dai partecipanti ai suoi esperimenti in termini di alta/bassa affidabilità e alto/basso dominanza sociale.
Quindi, secondo questa ricerca, esistono prototipi di visi positivi e negativi a cui più facilmente si attribuisce, per esempio, fiducia, e di conseguenza tutti gli attributi positivi che il prototipo di persona fiduciosa si porta dietro. Ecco perché ci facciamo fregare dalle apparenze. Fa parte della nostra natura, ed è un piccolo prezzo da pagare che ci portiamo dietro dalla preistoria. E voi, uomini e donne, quanta energia e motivazione avete per interfacciarvi con persone lontane dal vostro prototipo ideale? Siete ancora così sicuri che l’aspetto non conti? Probabilmente vi chiederete se c’è un modo per superare questo ostacolo. La risposta c’è, ed è da individuare nella ricerca di informazioni. Infatti, se non sarete motivati abbastanza, andrete a ricercare solo quelle informazioni che avvalorano la vostra impressione iniziale. Ma questa è un’altra storia.
Con una laurea e tre quarti in psicologia sociale mi diletto nella pasticceria e nel scrivere racconti sconclusionati. Il mio sogno è avere un grado di autorevolezza tale da permettermi di dire a tutti che i loro ragionamenti sono sbagliati senza farmi picchiare. Ecco perché scrivo per IMDI.
5 Dicembre 2016
12 Ottobre 2013
17 Settembre 2013
5 Settembre 2013
29 Novembre 2012
Con una laurea e tre quarti in psicologia sociale mi diletto nella pasticceria e nel scrivere racconti sconclusionati. Il mio sogno è avere un grado di autorevolezza tale da permettermi di dire a tutti che i loro ragionamenti sono sbagliati senza farmi picchiare. Ecco perché scrivo per IMDI.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.