L’oppio e i suoi derivati sono a fianco dell’uomo da migliaia di anni, prima sotto forma di pozioni piuttosto primitive e poi, man mano che le tecnologie lo permettevano, in preparazioni sempre più pure e raffinate. Che siano bevuti da ciotole in legno, sniffati, fumati o iniettati, gli oppiacei sono probabilmente tra le classi di farmaci più antichi e più usati in assoluto.
Partendo da società più antiche come quella dei Sumeri e degli Egizi, l’uso dell’oppio approda nella civiltà greca che successivamente lo introduce anche a Roma. Qui, preparazioni come la Teriaca, che conteneva alte concentrazioni d’oppio, divennero talmente popolari che viene documentato più di un imperatore a cui la sera un po’ d’oppio non dispiaceva affatto. Dalla caduta di Roma fino alla seconda metà del Medioevo le tracce dell’oppio in Europa si perdono nelle ombre del tempo e da qui in avanti invece vediamo come l’uso sia terapeutico che ricreativo divenne sempre più presente nella società tardo medievale e rinascimentale. Si racconta che lo stesso Paracelso, una delle figure chiave nel mondo medico dell’epoca, morì a causa di una intossicazione da oppio attraverso una sua stessa invenzione: il Laudano. Si tratta di una tintura di morfina all’1% che venne usata sia come farmaco che come droga per centinaia di anni. L’oppio divenne famoso invece in ambienti letterari nel corso del XIX secolo, ma a quel punto già esistevano i suoi fratellini maggiori, morfina ed eroina, per cui la sua diffusione rimase confinata nei salotti e nei caffè letterari.
Anche dall’altra parte del globo, nel mondo orientale, il latte delle meraviglie è conosciuto sin dalla notte dei tempi e anche lì la sostanza divenne molto popolare, tanto da diventare un casus belli. La prima guerra dell’oppio fra Inghilterra e Cina (1839-1842) infatti ebbe inizio quando l’imperatore cinese decise di ridurne le importazioni visto che quel mercato era monopolizzato proprio dalla Compagnia delle Indie inglese. L’anno della svolta per tutti i tossici del mondo fu però il 1806. In quell’anno il chimico Friedrich Sertürner riuscì a isolare per la prima volta il principio attivo fondamentale dell’oppio: la morfina. Questo portò a due conseguenze fondamentali: la prima fu che si passò dal consumo di oppio, o di preparazioni il cui punto di partenza era sempre la pianta, a tutta una serie di medicinali la cui concentrazione di morfina era più alta o, perlomeno, nota; la seconda fu che divenne possibile modificare il principio attivo per renderlo più potente o per dargli caratteristiche farmacologiche specifiche.
Giocare al piccolo chimico con la morfina portò nel 1874 alla sintesi di uno dei composti più famosi di sempre. La prima sintesi dell’eroina avvenuta allora passò quasi inosservata ma nel 1897 il chimico di Bayer Felix Hoffmann, solo pochi giorni dopo aver scoperto l’Aspirina, sintetizzò di nuovo l’eroina, che venne messa sul mercato qualche anno dopo vista la sua efficacia nel sedare la tosse ma senza sapere che potesse anche dare (sopratutto se iniettata, ma anche fumata o sniffata) una sensazione euforica paragonabile all’orgasmo e un effetto collaterale ben più grave, passato in sordina e conosciuto come dipendenza, sia fisica che psicologica. Mentre la dipendenza è un effetto che l’eroina ha in comune con la morfina, il flash di piacere è dovuto proprio alle modifiche che hanno portato alla sua sintesi: essendo più lipofilica è in grado di superare più facilmente la barriera emato-encefalica (una specie di firewall che separa il cervello da tutte le cose brutte che girano nella circolazione generale) concentrandosi in breve tempo nel cervello. Dopo lo scoppio di piacere essa viene metabolizzata in morfina e continua il suo effetto.
Il passo successivo in tempi più moderni fu lo sviluppo di sostanze dagli effetti simili, ma che da un punto di vista chimico possono essere anche molto diverse dalle molecole “originali”. Un esempio può essere il Fentanyl, un oppioide sintetico usato principalmente nel trattamento del dolore oncologico ma che, essendo 100 volte più potente della morfina, comincia a essere usato anche come droga d’abuso.
Gli effetti di questa classe di farmaci si possono facilmente riassumere in tre punti: effetto analgesico, effetto ricompensa ed effetto vegetativo.
L’effetto analgesico, quello forse più importante a livello clinico, è il semplice blocco dei segnali nervosi relativi al dolore. L’oppiaceo blocca in due punti la trasmissione, prima più in periferia quando i neuroni entrano nella spina dorsale e poi a livello del talamo. Questo fa si che che la corteccia, la parte del cervello che rende conscio il dolore, non riceverà più segnali o per lo meno la sua soglia di attivazione sarà più alta. Tutto questo funziona particolarmente bene per il dolore cronico, mentre per altri tipi l’effetto è minore (dolore acuto) se non del tutto assente (dolore neuropatico).
Il secondo punto è il motivo per cui alla gente piace drogarsi: l’effetto ricompensa. Esiste infatti nel nostro cervello quello che viene chiamato circuito del piacere, che si attiva ogni qual volta facciamo (o anche solo pensiamo di fare) qualcosa di, appunto, piacevole. E chi, se non le droghe d’abuso tra cui troviamo ovviamente gli oppiacei, poteva essere un buon amico di questo sistema? Oppiacei e oppioidi, infatti, inibiscono i neuroni che normalmente tengono a bada il sistema mesolimbico.
Il terzo punto, l’effetto vegetativo, fa riferimento a tutti quegli effetti periferici che si manifestano dopo l’assunzione. Partendo con vomito e immobilità gastrointestinale, si passa per l’ingrandimento della pupilla (miosi), una riduzione della libido, una detenzione dell’urina e un’inibizione dell’iperattività uterina durante il parto. Ma in questo contesto l’effetto più importante è sicuramente l’inibizione dei centri adibiti al controllo della respirazione e infatti sarà proprio l’insufficienza respiratoria che porterà alla morte del paziente in caso di overdose.
Il mondo degli oppiacei è immenso e davvero interessante, sia per l’uso medico che per le ripercussioni sociali che le molecole di questa classe hanno avuto e hanno tutt’ora. Non dovrebbe essere necessario dirlo, ma per sicurezza va detto lo stesso: assumere farmaci senza che questi siano stati prescritti da un medico o assumere sostanze di cui non si sa la provenienza è abbastanza stupido. Vedete voi.
Studente di medicina a Milano. Scrivo per passione, che non è una scusante per fare schifo.
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Studente di medicina a Milano. Scrivo per passione, che non è una scusante per fare schifo.
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