Nel 2005 gli USA vengono colpiti da uno degli uragani più violenti della loro storia, il cosiddetto uragano Katrina: fra le zone più devastate vi è New Orleans, dove abita la signora Katonya Breaux con suo figlio Christopher, matricola alla University of New Orleans e aspirante musicista. Lo studio dove Christopher registra i suoi primi pezzi viene allagato dall’uragano, spingendo il giovane ad una drastica decisione: andare a Los Angeles per inseguire il suo sogno. È così che ha inizio la storia di Frank Ocean, uno dei più apprezzati cantanti R&B in circolazione.
Arrivato a Los Angeles, Ocean è convinto di rimanere in California solo per un breve periodo per poi ritornare all’università, ma quando inizia a conoscere diverse persone all’interno dell’industria musicale capisce che la cosa migliore per la sua carriera futura è trasferirsi in pianta stabile nella città degli angeli. Nel giro di qualche anno, Ocean inizia a scrivere brani per cantanti di successo come John Legend e Beyoncé. Ma Ocean non vuole fermarsi qua e allora nel 2009 entra a far parte del collettivo hip hop Odd Future, dove stringerà una forte amicizia con il rapper Tyler, The Creator. In quello stesso anno incontra il produttore Tricky Stewart, che lo aiuterà a firmare un contratto con la Def Jam. L’anno successivo, ormai pronto per dedicarsi pienamente all’attività di cantante, Ocean cambia legalmente il suo nome in Christopher Francis Ocean.
Malgrado il contratto appena firmato, Ocean non si sente supportato dalla Def Jam, e questo lo spinge ad agire alle loro spalle. Il 16 febbraio 2011 viene reso disponibile in free download sul profilo Tumblr del cantante il suo mixtape autoprodotto Nostalgia, Ultra, senza che l’etichetta discografica ne sappia qualcosa.
Nostalgia, Ultra è un’opera che, come suggerisce il titolo, getta uno sguardo all’infanzia di Ocean e dimostra tutta la maturità dell’appena ventitreenne cantautore. La musica del disco si alterna fra composizioni originali e campionamenti di alcuni brani famosi come Strawberry Swing dei Coldplay, Electric Feel degli MGMT e Hotel California degli Eagles (che successivamente minacceranno di agire per vie legali), oltre all’ estratto di un dialogo del film Eyes Wide Shut. I temi trattati nel disco sono spesso molto personali, come per esempio in There Will Be Tears, in cui Ocean racconta il dramma di vivere senza un padre: “Hide my face, hide my face, can’t let ‘em see me crying” canta disperatamente, frustrato dal fatto di dover nascondere la sua tristezza. In We All Try, invece, Ocean rompe alcuni tabù della musica pop, andando esplicitamente contro l’omofobia (“I believe that marriage isn’t between a man and woman, but between love and love“) e sostenendo la scelta autonoma della donna sulla questione dell’aborto (“I believe a woman’s temple, gives her the right to choose”).
Nonostante sia ancora un lavoro acerbo, Nostalgia, Ultra viene acclamato dalla critica, tanto da spingere la Def Jam a ricucire i rapporti con Ocean attraverso la pubblicazione di due singoli, Novacane e Swim Good. Entrambi i brani affrontano tematiche molto forti: Novacane è la storia di una studentessa che si paga gli studi girando dei porno e tratta della perdita di contatto con la realtà causata dalle droghe, mentre Swim Good parla della depressione causata dalla fine di una amore.
Ma non sono solo i critici musicali ad apprezzare l’opera prima di questo promettente giovane: i due rapper Jay-Z e Kanye West, impressionati dal talento di Ocean, lo invitano a collaborare in due brani del loro album Watch the Throne, uscito nell’agosto del 2011.
Per Ocean arriva il momento di mettersi veramente in gioco e così, con il sostegno della Def Jam, inizia le registrazioni del suo primo vero e proprio disco. Channel Orange viene pubblicato il 10 luglio 2012, riscuotendo immediatamente un enorme successo sia di pubblico che di critica. Ocean è un artista fuori dagli schemi, capace di guardare con occhio disincantato l’ambiente che lo circonda e sottolinearne gli aspetti negativi. Un esempio di ciò sono Sweet Life e Super Rich Kids, brani in cui viene criticata l’ostentazione della ricchezza tipica del mondo della musica black.
Colpisce inoltre la dichiarazione fatta da Ocean poco prima dell’uscita del disco: sulla sua pagina Tumblr pubblica una lettera in cui parla della sua sessualità, svelando di aver avuto una storia con un uomo all’età di 19 anni. I più maligni diranno che questa lettera è solo una trovata per pubblicizzare l’album, ma le parole di Ocean rivelano un coraggio non da poco: ammettere di essere gay in un ambiente in cui domina la figura del maschio alfa è potenzialmente una mossa suicida. Nel caso di Ocean, invece, sono numerosi gli artisti che esprimono solidarietà e sostengono la sua scelta di fare coming out.
Anche in Channel Orange le tematiche affrontate sono vissute da Ocean in prima persona, in particolare in brani come Thinkin Bout You e Bad Religion, entrambe sull’amare senza essere ricambiati: nella prima, Ocean parla di una sua relazione passata e rivela di essere ancora innamorato, mentre nella seconda parla con un tassista, sfogando tutta la sua sofferenza per non essere corrisposto. Altri argomenti toccati all’interno dell’album sono il consumo di droga in Lost e Crack Rock, il desiderio sessuale in Forrest Gump e Pink Matter e il diventare genitore da giovani in Sierra Leone.
Il brano centrale del disco è Pyramids, canzone della durata di circa di dieci minuti in cui viene spiegata l’evoluzione della donna africana, passando dal ruolo di regina a quello di sottomessa nella società occidentale. Le protagoniste della storia si chiamano entrambe Cleopatra: una è la sovrana dell’antico Egitto, mentre l’altra è una ragazza che per mantenersi fa la spogliarellista. Anche le piramidi del titolo sono due, una simboleggia la potenza e grandezza del regno egiziano e l’altra che invece è il nome dello strip club dove la Cleopatra del presente lavora.
Ocean si afferma rapidamente come figura di spicco dell’R&B moderno e decide quindi di iniziare a lavorare su di un nuovo disco. Nonostante già nel 2014 dichiari di essere vicino alla conclusione dell’album, Ocean non fa sapere niente per un altro anno. Poi, sempre tramite il suo account Tumblr, pubblica una foto che ritrae lui con in mano una rivista dal titolo Boys Don’t Cry. La descrizione recita: “I’ve got two versions. I’ve got twoooo versions.”
Dopo un altro anno di attesa, il 1° agosto 2016 apre il sito http://boysdontcry.co, in cui viene trasmesso uno streaming da una stanza vuota, ma niente di più. Ocean riesce a catalizzare in poco tempo l’attenzione dei giornali di settore, facendo aumentare sempre di più l’hype per il nuovo disco.
Arriva il 18 agosto ed ecco che su Apple Music compare Endless, visual album di 45 minuti composto da 18 brani. Endless è un lavoro confuso, dove le canzoni sembrano costruite su accenni musicali senza una direzione ben precisa. L’unico brano che si possa definire una canzone è At Your Best, una cover degli Isley Brothers, impreziosita dalla presenza di James Blake e Johnny Greenwood. Più che un album sembra una serie di esperimenti fatti tanto per fare, e forse è proprio questo il punto di Endless: a Ocean serve un album per concludere il proprio rapporto con la Def Jam, una relazione che non è mai stata amichevole, allora ecco un disco registrato solo per potersi finalmente sganciare dalla casa discografica. Pur non essendo un disco brutto, semplicemente non convince e lascia molto delusi i fan dell’artista. Ma le sorprese non finiscono qui. Il 20 agosto, dopo appena due giorni, ecco Blonde, il vero disco di Ocean, disponibile solamente su iTunes e Apple Music.
Blonde è un album minimale, in cui l’utilizzo delle percussioni è ridotto al minimo se non addirittura assente, lasciando la voce di Ocean accompagnata da pochi, essenziali suoni. I testi richiamano sempre tematiche già presenti nella poetica di Ocean, come la critica all’edonismo materialista in Nikes, il consumo di droga in Pink + White e l’amore perduto in Ivy. La critica incensa il disco come uno dei più riusciti degli ultimi mesi, ma ciò sembra più una reazione entusiastica all’altissima aspettativa creata da Ocean nell’ultimo anno. In realtà, Blonde è un disco di valore ma senza riuscire mai a far gridare al miracolo: da un artista del calibro di Ocean ci si poteva aspettare anche qualcosa di più.
Data la struttura fluida del disco, i brani non si staccano nettamente ma sembrano fondersi l’uno con l’altro, creando così una sorta di mare piatto da cui sono pochi i momenti di spicco che riescono ad elevarsi rispetto al resto dell’album: fra questi ci sono le già citate Pink + White e Ivy e Nights, brano composto da due parti molto diverse fra loro in cui Ocean ammette di fumare marijuana per riuscire ad affrontare la vita di tutti i giorni. Tolti questi, ciò che rimane di Blonde non riesce a mandare all’ascoltatore un messaggio forte, dando l’impressione che sia più un diario personale scritto in una lingua chiara solo ad Ocean e di cui un fan può riuscire a cogliere solo poche parti.
Nonostante il risultato sia comunque buono, Ocean non riesce a scrollarsi di dosso la pesante aspettativa creata da lui stesso, facendo risultare Blonde un disco troppo poco chiaro e in parte anche deludente per un musicista capace come Ocean: tutto l’album è nel complesso pregevole, senza però che ci siano momenti che siano in grado di raggiungere il livello di Channel Orange, decisamente superiore. Non ci sono dubbi però che Ocean riesca sempre a proporre qualcosa di valido e che nei suoi prossimi lavori riuscirà a proporre qualcosa di meglio rispetto a questo mezzo passo falso, magari senza dover aspettare altri quattro anni.
8 Novembre 2016
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