Subito dopo un disastro naturale partono immediatamente le catene di solidarietà, vengono attivati numeri per le donazioni via SMS, iban per bonifici, raccolte di sangue e di generi di prima necessità. Negli uffici governativi e legislativi, normalmente, partono anche proposte per ridestinare i proventi di una tassa o di porre nuove “tasse di scopo”, tipicamente sulle accise dei carburanti.
Ma negli ultimi tempi tali tasse sono causa di impopolarità e di calo del consenso, indi per cui i politici escogitano nuove, e originali, forme di finanziamento.
In questo caso la proposta è di ridestinare ad un fondo da destinare al territorio interessato al terremoto del 24 agosto il montepremi della vincita del “6” al SuperEnalotto, attualmente quantificabile in circa 128,8 milioni di € in gettoni d’oro. Tale proposta parrebbe provenire dal deputato Pd Antonio Boccuzzi e ha incontrato largo seguito sui social e sulle piattaforme specialistiche come change.org, nonché l’endorsement di diversi esponenti politici che la rendono piuttosto trasversale, quali Paola Binetti e Giorgia Meloni.
La proposta sembra geniale, ma in realtà non lo è. Molti diranno che esiste già un precedente in quanto nel 2009 si fece la stessa cosa per il terremoto in Abruzzo, ma la realtà delle cose è differente.
Furono destinati parte dei proventi dal gioco d’azzardo nelle casse dell’erario ad un fondo, che peraltro venne speso senza mai ricevere una rendicontazione chiara a riguardo. Paradossalmente il gioco d’azzardo, quasi per una sorta di autofinanziamento dei cittadini colpiti dal sisma, ha subito un’impennata nella provincia aquilana, tanto da diventare un problema sociale.
Ma veniamo al nocciolo della questione. Quello che si chiede di destinare in questo caso non è la percentuale di contributo all’erario derivante dal gioco d’azzardo del SuperEnalotto (passato dallo scorso mese di febbraio dal 53,6% delle giocate al 28,27%), ma l’intero montepremi della vincita massima, che a causa del nuovo regolamento entrato in vigore a febbraio, come si può leggere a chiare lettere all’articolo 4 commi 3 e 4, è il 17,40% dei fondi destinati al montepremi, ovvero il 60% degli incassi delle giocate.
Il regolamento era stato modificato per incrementare la percentuale di restituzione ai giocatori. In pratica, per evitare che ogni 10 € giocati 5 finissero allo stato e solo poco più di 3 tornassero in tasca ai giocatori, si è deciso di ridestinare almeno 6 € ai giocatori stessi.
Tale rimodulazione delle destinazioni era in accordo con il principio di alleggerire l’impatto e l’interesse statale sul gioco d’azzardo, favorendo il ritorno economico a quelli che fanno parte del sistema stesso. L’esatto contrario di quello che si chiede adesso.
Il montepremi infatti, non è a libera disposizione dello stato in quanto gestito unicamente dal concessionario privato (in questo caso Sisal), che si trova vincolato dal suddetto regolamento e andrebbe a rompere il contratto che i giocatori di fatto sottoscrivono al momento dell’accettazione della giocata. Sostanzialmente, lo Stato non dovrebbe destinare il proprio denaro, ma quello di proprietà di un privato, che sia la Sisal o i probabili futuri vincitori.
Inoltre la sola destinazione del montepremi del “6” denoterebbe un certo squilibrio per i giocatori delle attuali estrazioni, che si troverebbero preclusa una possibilità di vittoria, o, in caso di mancata estrazione di alcuna combinazione da 6 vincente, dei futuri giocatori, che si troverebbero in una posizione di svantaggio rispetto ai giocatori precedenti.
Si potrebbe tranquillamente ovviare a tutto ciò con un’iniziativa legislativa, ma molto probabilmente i giocatori dell’estrazione attuale e quelli futuri (soprattutto i vincitori), potrebbero riunirsi in una class action e intentare una causa allo stato, potendosi spingere anche fino alla corte europea.
Riassumendo la questione, vi piacerebbe giocare ad una partita di monopoli dove a metà svolgimento, un ente esterno, per motivi a voi del tutto avulsi, vi depaupera di gran parte delle vostre proprietà?
Come dinamica parrebbe simile ad un prelievo forzoso dai conti correnti, in questo caso solo a danno dei futuri vincitori di un gioco d’azzardo. Quanti degli attuali firmatari delle varie petizioni sarebbero invece disposti a devolvere il 6 per 1000 dei loro conti correnti ad un fondo con fini analoghi a quelli della proposta?
I mezzi per aiutare esistono e sono conosciuti; ad ogni edizione dei TG nazionali vengono mandati in onda enti affidabili a cui donare generi di prima necessità (cibo, vestiti, sangue) e denaro. Certamente dare del proprio è più difficile di quanto non lo sia indicare qualcun altro e dire “paga lui”, ma in ultima istanza è chiaro che lo Stato può deviare alla ricostruzione soldi destinati ad altre voci di bilancio, ma non può gestire come se fossero propri soldi che non gli appartengono.
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