22 luglio 2016, Londra.
Lo stadio del Queen Elizabeth Olympic Park ha tutte le gradinate occupate con qualche posto libero qua e là. Un evento della Diamond League ad appena 14 giorni dalla cerimonia di apertura delle olimpiadi è l’occasione, unica e irripetibile, di vedere i futuri campioni olimpici da vicino ed assaporare il profumo di qualche sfida che si combatterà all’ombra del Pan do Sucar.
Il grande atteso della serata, neanche a dirlo è lui. Il fulmine. Usain Bolt. Al rientro stagionale sui 200 m, non la sua gara preferita, ma quella in cui in potenza potrebbe dare di più.
Tamberi si è infortunato appena una settimana prima, e per la serata, tolto il solito guizzo di Bolt, non sono attesi record o spettacoli da almanacco sportivo. Pochi atleti sono propensi a rischiare l’infortunio forzando la prestazione a pochi giorni dall’evento olimpico.
Ma c’è anche chi, purtroppo, a mordere la pista di Rio con i propri tacchetti, non ci potrà essere.
Parliamo di Kendra Harrison. Classe ‘92, nata in Tennessee, data in adozione fin dalla nascita. Sesta di undici figli, di cui nove adottati, tutti delle più disparate etnicità. Per spostarli tutti Gary Harrison è costretto a convertire un pulmino di servizio di un hotel, non senza aggiungere la sedia del cattivo accanto a lui. I caucasicissimi Harrison sono entrambi arruolati nella marina americana, fanno girare prima gli states e poi il mondo alla famiglia, trascorrendo un periodo in Bolivia. Si stabiliscono finalmente nel North Carolina dopo il congedo del padre, pilota, che accetta un lavoro nella sicurezza interna.
E lì finalmente Kendra inizia ad emergere, anche grazie ai fratelli più grandi che iniziano a partire per il college. A Clayton inizia a giocare a calcio, e viene notata la sua velocità innata. Allora su consiglio dell’allenatore, smette gli scarpini e si inizia a dedicare alla pista, negli ostacoli. E vince, anche nei campionati nazionali. L’unica a correre in scarpe da tennis. I genitori non pensavano servissero calzature specifiche semplicemente, ma resisi conto dell’impresa della figlia, iniziano a spingerla e supportarla.
Per il college ne sceglie uno della South Carolina, principalmente perché lo frequenta anche il talento Brianna Rollins. E anche qui vince ben 6 titoli di conference in appena 2 anni. Ma un’investigazione a livello di sport federale porta al licenziamento dell’allenatore che si tasferisce in Kentucky, e lei, insieme ad una sprinter, lo segue. Un piccolo infortunio nell’inverno del 2014 non le impedisce di partecipare agli eventi universitari federali del 2015, dove si accaparra il titolo sui 60 h, sui 100 h e arriva seconda nei 400 h. Sui 60 il suo è il 4° tempo stagionale indoor mondiale mentre sui 400 il secondo. È appena nata una stella.
Si laurea e decide di concentrarsi sui 100. Partecipa prima ai Trials per i mondiali (solo seconda alla campionessa olimpica di Pechino) e poi ai mondiali di Pechino, ma nella semifinale viene squalificata da una falsa partenza.
Il 2016 dovrebbe essere l’anno della consacrazione, parte bene vincendo un paio di meeting sui 60 e arrivando seconda agli indoor americani con un rispettabilissimo 7.77. Ai mondiali indoor la settimana seguente replica con un 7.81 in batteria, ma in finale inciampa sul primo ostacolo e vede il titolo andare alla sfavorita Nia Ali. Apre la stagione outdoor con un 12.36 sui 100, valevole il 9° tempo all-time, arrivando ai Trials con il secondo miglior tempo di sempre, 12.24.
Ma di nuovo, nella più bella finale americana degli ostacoli femminili mai avvenuta, un piccolo inciampo nell’ultimo ostacolo la fa chiudere con 12.62. E così la detentrice del record americano, per soli 7 centesimi non si qualifica alle olimpiadi, cedendo il passo a Brianna Rollins, Kristi Castlin e Nia Ali.
“Guarderò dei film” si consola. “Ci vedremo il 22 luglio con le ragazze”. Ed eccole lì di nuovo, la nazionale di ostacoli più forte di tutti i tempi, tutte insieme schierate in batteria, a Londra. Kendra si presenta sulla linea di partenza un po’ malinconica, non festante come le sue colleghe e connazionali. Probabilmente chiunque avesse appena perso la possibilità di competere nell’evento sportivo per eccellenza lo sarebbe, soprattutto se a causa di regolamenti almeno discutibili. Il tifo è tutto per la star locale Jessica Ennis-Hill.
Le ragazze si allineano, 5 statunitensi su 9 corsie. Cala il silenzio tra il pubblico, per lasciare alle atlete l’occasione di sentire le istruzioni dei giudici. Kendra parte con una bellissima progressione, a testa bassa, precisa, con un gran ritmo, scaricando tutta la rabbia che ha in corpo e facendo il vuoto dietro di sé. Il colpo di reni finale è quasi da manuale, ma non per la fotocellula che non la rileva correttamente.
Mentre il video espone in sovrimpressione un “umano” 12.58 si rivolge alla telecamera con un gesto di stizza, quasi a voler dire “sono la prima al mondo, ma non ci vedremo a Rio”.
Passa qualche secondo e il sistema compie le sue dovute correzioni e si viene a conoscenza del tempo effettivo. 12.20, non 12.58, che è della sua collega Rollins. Un centesimo di secondo sotto uno dei record più longevi della storia recente dell’atletica stabilito nel 1988 dalla Bulgara Donkova. Il pianto è liberatorio, misto a rabbia per quell’opportunità negata dagli stringenti regolamenti dell’atletica americana.
Stanotte alle 3.30 ci sarà la finale dei 100 m ad ostacoli femminili. E Kendra non sarà lì, nonostante le batterie da 8 corsie su 9 e i tempi da passeggiata accordati ad altre atlete in nome dello spirito olimpico. Ma la vincitrice morale è lei, sperando di poterla veder correre sulla pista giapponese nel 2020, magari con un ritocchino ai regolamenti di qualificazione. Così, giusto per evitare di escludere la miglior ostacolista al mondo e fresca detentrice del record mondiale per appena 7 centesimi con un 12.62, quando si accede alla semifinale con 13.04.
17 Aprile 2017
29 Dicembre 2016
25 Dicembre 2016
11 Dicembre 2016
30 Novembre 2016
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.