Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che anche le scuole paritarie sono soggette al pagamento dell’ICI. Il motivo di questa decisione è che, nel momento in cui viene pagata una retta, l’attività svolta viene automaticamente considerata di tipo commerciale, a prescindere dalla presenza di utili.
È stata immediata, e piuttosto prevedibile, la presa di posizione della CEI per bocca del suo segretario generale Nunzio Galantini: “siamo davanti a una sentenza pericolosa”. Più spiazzante, invece, è stata la dichiarazione del ministro dell’istruzione Giannini: in sintesi, “forse c’è una riflessione da fare”. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, inoltre, sostiene che il governo avvierà un «tavolo di confronto» per arrivare «a un definitivo chiarimento normativo». Il motivo di ciò è che diverse scuole paritarie potrebbero essere costrette a chiudere se obbligate a pagare l’ICI, specialmente in regioni come il Veneto, dove si fa largo affidamento su di loro.
Personalmente non riesco a immaginare che tipo di chiarimento normativo sia necessario, visto che la Corte di Cassazione sull’argomento è stata piuttosto chiara. Detto questo, noi alla Chiesa diamo già un sacco di soldi con l’8 per mille; davvero dobbiamo continuare a garantire anche un’arbitraria esenzione fiscale solo perché non siamo capaci di offrire dappertutto un sistema scolastico decente? Da quando è stato affidato alla Chiesa il compito di supplire alle carenze dello Stato italiano?
A. & R.
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