Circolo Magnolia, Milano, 25 ottobre, un quarto d’ora alle undici; accolti da un pubblico non enorme (la sala è piena per metà), i Wild Beasts salgono sul palco per l’unica data italiana in promozione all’album Boy King, uscito lo scorso agosto per Domino Records, a suo modo una piccola rivoluzione nel suono della band che pur rimanendo ancorata al suo immaginario ad alto contenuto sessuale, decide di proporre un lavoro più diretto e carico, accostando (quasi in controtendenza rispetto alle contemporanee proposte della scena europea) sporchi riff e ritmiche killer di chitarra ai pad eterei dei precedenti lavori, in una inaspettata fusione tra ritmi industrial e costruzione dei pezzi smaccatamente pop.
I quattro britannici di Leeds ci mettono poco a svegliare la platea fino ad allora decisamente poco attiva (complice forse la tragica batosta di Genoa-Milan consumatasi sui megaschermi del circolo pre-live): una scaletta dinamica ed una attitudine da palcoscenico non da poco è infatti prerogativa della band, con il cantante Hayden Thorpe a rubare la scena (ed i cuori del pubblico di sesso femminile) sia con il suo cantato in farsetto che con linee di basso precise e ficcanti. Non da meno Ben Little e Tom Fleming (anche caratteristica seconda voce scura della band), a risucchiare la restante attenzione alternandosi tra chitarre e synth sui groove spettinati della batteria di Chris Talbot.
Protagonista del live l’ultimo lavoro della band, Boy King, che va ad occupare metà scaletta (8 brani su 16): il pubblico dimostra di aver apprezzato sin da subito questo ultimo lavoro ed addirittura pezzi come Ponytail ed He The Colossus risultano ancora più credibili che su disco, complice un ottimo lavoro sull’equalizzazione e sulla scelta dei suoni, più che mai granitici e potenti.
Molto apprezzate anche le tracce prese dai precedenti album, con apici di coinvolgimento per Mecca, Wanderlust (da Present Tense, 2014) e Lion’s Share (da Smother, 2011).
L’Encore è ancora una volta dedicato all’ultimo album, con il singolo di apertura, Get My Bang (corredato da un energico assolo di Tom Fleming), Celestial Creatures, protagonista del momento più coinvolgente della serata (grazie anche alla discesa nel pubblico del frontman) e per finire la conclusiva e storica All The Kings Men (tratta dal loro secondo album, Two Dancers, 2009).
In un’ora e mezzo tiratissima di live, stupisce la grande presenza scenica dei Wild Beasts, capaci di divertirsi, far divertire e trasmettere l’impressione di aver passato una splendida serata nonostante l’afflusso di pubblico decente, ma non strabiliante, pubblico che ha, però, altamente apprezzato la performance, arrivando quasi a far parte dello spettacolo alla pari della band, tanto veniva da essa coinvolto.
Lascia quasi perplessi vedere come band simili, al quinto album e con una evoluzione stilistica ed una carica live decisamente sopra la media (persino superiore a quella di progetti con numeri molto maggiori arrivati a scelte stilistiche simili in tempi successivi), abbiano un riscontro di pubblico positivo, ma non ancora notevole. Assistere ad un live dei Wild Beasts è altamente consigliato, se si cerca un coinvolgimento sopra le righe e se si è amanti degli incastri ritmici, dei tecnicismi non fini a se stessi e dei groove ballabili.
Chitarrista per passione, studente di Medicina nelle restanti 23 ore della giornata. Se non esistesse la musica, probabilmente non avrei validi motivi per alzarmi dal letto al mattino; sfrutto questi spazi per dirvi la mia.
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