La magia arcana dell’uovo al tegamino, il classico occhio di bue è lo Ying & Yang dell’arte culinaria.
Come cuocere perfettamente il viscido Tuorlo pur mantenendo intatto e cremoso il soffice Albume?
La risposta a questa ed altre domande scomode che i poteri forti non vi vogliono far conoscere sono solo qui, sulle pagine di #IMDIinCucina.
Ingredienti:
Basta così, non servirebbe altro, né olii né grassi né sale né niente. A patto di possedere un buon padellino di alluminio spesso dall’impeccabile rivestimento antiaderente questo è tutto quello che serve per ottenere il perfetto uovo all’occhio di bue da mordere su una fetta di pane. E una fonte di calore sapientemente dosata ovviamente.
Ma siccome lo so che siete insaziabili (io so di esserlo), vi darò anche qualche dritta à la “come me pare amme” per rendere laido e corrotto questo altrimenti candido e innocente classico della cucina mondiale.
Per cui aggiungete alla lista pure:
Se ben fatto già basterebbe l’uovo da solo, con questi cinque semplici ingredienti preparatevi a cenare nel Valhalla.
In fatti è lui il protagonista del primo passo, imburrate uniformemente la superficie di un tegamino di alluminio non troppo spesso e dotato di un buon rivestimento antiaderente.
In questo caso il Burro non deve essere uno scrupolo per non far attaccare l’uovo ma un mero peccato di gola, il suo gusto amarognolo leggermente acidulo sarà la base su cui tesseremo la nostra sinfonia da bava nell’ugola.
Fornello piccolo, potenza massima e arroventate bene il padellino dove avrete preventivamente adagiato due capperi fini interi, al centro. Massima cautela a non far durare questa operazione per più di 20 o 30 secondi, il punto di fumo del burro entro cui mantiene il suo profumo di donna è alto ma non irraggiungibile, sopratutto a fiamma vivace su un padellino di questo poco spessore.
TAC, rompete l’uovo esattamente al centro cercando di colpire nel mezzo tra i due capperetti.
Inutile sottolineare quanto sia fondamentale eseguire l’operazione con un colpo secco e deciso al guscio, per non rischiare di rompere il delicatissimo tuorlo ancor prima di aver toccato la padella.
Già di per sé è un gioco da stupidi, ma se credete di essere veramente i numeri uno allora potete aiutarvi rompendo preventivamente l’uovo in una ciotolina con il fondo liscio da cui poi lo trasferirete indirettamente nella padella, ad alcuni risulta più facile.
Preferibilmente freddo di frigo, non fa la differenza tra il discepolo ed il maestro, ma una minor temperatura delle due fasi dell’uovo a disparità di spessore avvantaggerà la velocità di cottura dell’albume in quanto meno spesso rispetto al tuorlo una volta adagiato sulla superficie.
Qui entra in ballo la scienza, poiché l’arte dell’ovetto al tegamino perfetto e regolata da numeri precisi a cui bisogna attenersi strettamente: coprite con un coperchio e abbassate la fiamma al minimo, oppure vi svelo un segreto, spostate in mantinente la padella dal fornello piccolo al massimo a quello medio al minimo.
Perché fare questo? Le due diverse fasi di cui si compone un’uovo contengono proteine (l’albumina) e grassi in proporzioni differenti, emulsionati in acqua. Le proteine sottoposte a regimi di alta temperatura entro un preciso intervallo di gradi restano nella loro forma naturale e fluida, superato il quale formano un reticolo nel quale intrappolano l’acqua e le sostanze adiacenti modificando permanentemente di stato la consistenza della soluzione in cui si trovano dissolte.
In parole povere coagulano, in un processo permanente ed irreversibile che però viene attivato a due temperature diverse per via della differenza di composizione di albume e tuorlo: questo avrà luogo prima per il bianco non appena toccati i 62°C, poi per il rosso a 65°C. Soli tre gradi di differenza.
Per questo risulta così difficile mantenere separati i due processi ed è proprio qui che entra in gioco il mio piccolo consiglio.
Un fornello di dimensioni minori, anche se regolato al minimo tenderà a concentrare il calore della fiamma su un punto preciso del tegamino, che visto lo spessore irrisorio per forza di cose non riesce a redistribuire uniformemente su tutta la superficie. D’altro canto, una fiamma dolce, distribuita regolarmente in forma circolare proprio intorno (sotto) al delicato tuorlo, farà in modo che il calore arrivi prima e più direttamente all’albume, preservando il cremoso centro fino a completa cottura del bianco.
Tutto questo è letteralmente questione di secondi, nell’arco di un tempo di cottura totale che non supera il minuto.
Se avrete fatto le cose per bene, nessuno sospetterà che voi abbia fatto realmente qualcosa…
Il più, anzi il tutto è fatto, servite il vostro (nostro :^) capolavoro con un’Acciughina arrotolata sul tuorlo, qualche fiore di Finocchio e un spolverata di Parmigiano. Buono sul pane, sulla carne su un panino, proprio come l’intelligenza che ci vuole a farlo per bene non va mai di moda e sta bene con tutto, ma sopratutto da solo.
Arrivederci anatroni e alla prossima puntata di
articolisucosesemplicitroppolunghidascrivereperchèhounsaccodicosedadiresullargomentoeho
amalapenafattointempoascrivereperchémelosonofattopermerendasulpanechebuonomalartico
loescealleottoaaaaaa!
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