“Non siamo mai stati mainstream. È come se stessimo al confine tra due mondi, tra alternative e mainstream. Per molti programmi radio mainstream, i Cure sono ancora un po’ strani. Per un programma alternative, siamo troppo mainstream.”
(Il cantante Robert Smith in un’intervista del 1999)
I Cure sono stati uno dei simboli della musica new wave post-punk tra gli anni ’80 e gli anni ’90, nonché uno dei pilastri della cultura dark e goth. Riprendendo la citazione, hanno avuto un grande successo commerciale proprio grazie al loro sound. Che, pur rimanendo legato al genere, si contamina di una distinta atmosfera pop, e si guadagna così il successo.
Hanno influenzato artisti molti distanti da loro, dai Placebo fino ai Korn. Al punto che questi ultimi hanno ospitato il cantante dei Cure nel loro unplugged del 2006, a cantare un medley fra In between days, di questi ultimi, e Make me bad – della band nu metal. La scelta dei Korn non è casuale, e ricade nella vena malinconica pervade tutti i loro pezzi. Una forte contrapposizione allo spirito allegro e goliardico del Glam rock degli anni ’80. Questo andare in controtendenza con i trend dell’epoca, assieme ad altri gruppi new wave come i The Smiths o i Joy Divison ha permesso ai Cure di fare da fondamenta a tutta la musica alternative futura, dal Grunge fino all’Indie dei nostri giorni.
Un’influenza che non si limita alla musica. Basti pensare a film che riprendono i titoli delle loro canzoni, come Boys don’t cry o al protagonista del film di Sorrentino,”This must be the place” che è costruito proprio sulla figura del frontman della band.
Una band così iconica, che quando il leader, Robert Smith, si tagliò i capelli nel 1992, dicendo addio all’acconciatura arruffata e cespugliosa che faceva parte del suo personaggio, venne considerato un evento. Al punto che il telegiornale di MTV lo riportò fra le sue notizie, quel giorno, e la radio canadese The Edge 102.1. lo ricorderà poi come uno dei 50 eventi più shockanti della storia del rock .
Boys Don’t Cry (1979)
Una delle canzoni più famose dei Cure, in cui un ritmo allegro accompagna un testo malinconico sull’accettazione di se stessi. Questa canzone divenne famosa anche per il film omonimo del 1999 con Hillary Swank, che parlò in maniera diretta del tema del omosessualità. Frank Ocean, per presentare il suo ultimo album Blonde (di cui ne parliamo qui) ha creato una rivista chiamata proprio Boys don’t cry e mette questo pezzo nella lista delle sue fonti di ispirazione.
A Forest (1980)
A Forest è un pezzo molto più post-punk, molto vicino ai Joy Division. Come tante altre canzoni dei Cure, ne esistono diverse versioni, per l’abitudine della band a improvvisare o cambiare il testo durante i concerti, creando varianti o addirittura pezzi mai registrati e che esistono solo in live, come Forever.
Close To Me (1985)
Un pezzo molto ritmato che esprime tutta la forza della voce di Robert Smith. Di sicuro, uno dei più popolari del gruppo. La base è un adattamento di una tradizionale marcia funebre di New Orleans.
Just Like Heaven (1987)
Robert Smith scrisse questa canzone durante un viaggio in riva al mare con la sua futura moglie. È considerata come una delle più belle canzoni d’amore da molte riviste e canali, come Rolling Stone o VH1.
Hot hot hot! (1988)
Uno dei pezzi più anomali di tutta la discografia dei Cure. Si discosta molto dalla loro malinconia per andare su dei ritmi più funky e dance. Lo stesso Smith disse che cercò di fare una canzone nello stile degli Chic. Una scelta che confuse i fan e fu criticata aspramente dalle riviste dell’epoca, ma che regala un pezzo strano e accattivante
Pictures Of You (1989)
Un altro pezzo strappalacrime e malinconico proveniente da uno dei loro album migliori: Disintegration. Un Intro che non sembra finire ma che raccoglia tutta la forza e la poetica del gruppo. L’ispirazione per questo pezzo è venuta dopo un incendio alla sua casa di Robert Smith. Dopo questo evento si ritrova a camminare, trovando per terra delle vecchie foto mezze bruciate. Pictures of you fu usata in una delle scene più toccanti della prima stagione di Mr. Robot.
Lullaby (1989)
Esistono diverse teorie sul vero significato di questa canzone. Per molti si tratta di un’allegoria della passata dipendenza dalle droghe del cantante, mentre per altri, compreso lo stesso Smith, parla delle sue paure infantili e dalle ninna nanne che gli cantava suo padre all’epoca. Una canzone che parla di paura in entrambi i casi.
Lovesong (1989)
Un’altra grande canzone d’amore scritta per l’amata moglie Mary Poole. Uno dei loro brani più dolci e una delle più belle canzoni d’amore mai scritte. Particolarmente apprezzata dal pubblico, tanto da essere stata ricantata pure da Adele
The same deepwater as you (1989)
Sempre una canzone d’amore ancora più malinconica, sulla lontananza fra 2 persone che si amano. Un altro capolavoro della New Wave Britannica.
Friday, I’m love (1992)
L’ultimo singolo che è entrato in classifica per i Cure e forse il loro pezzo più popolare. Una canzone che è entrata nella cultura pop e da cantare a squarciagola. Robert Smith, mentre scriveva la melodia di questo pezzo era convinto di averla copiato da qualche altro pezzo, andando in paranoia. Smith chiedeva a chiunque se avevano già sentita una canzone del genere. Si scopri che era un composizione originale e che poteva assomigliare ad All the way dei New Order che allo stesso tempo si rifaceva a un pezzo dei Cure, Just like heaven.
Last day of summer/Sleep when I’m Dead (2000/2008)
Il nuovo millennio non è stato uno dei periodi più attivi per il gruppo. Con soli tre album e una scarsa fiducia da parte delle loro case discografiche sembrano quasi scomparsi. Nonostante tutto, riescono a regalare alcuni ottimi pezzi come questi due, la prova vivente che i Cure possano ancora esprimersi, e ritornare, nonostante non esca un album a loro nome dal 2008.
Ottimi entrambi i pezzi. Il primo riesce a esprimere la malinconia della fine dell’estate con una lunga intro strumentale mentre con Sleep when i’m dead mescolano il loro sound con il blues creando una canzone di forte significato.
Bonus Track: Not in Love-Crystal Castles feat Robert Smith (2011)
I Cure, in quasi 30 anni di carriera, hanno influenzato chiunque, tanto da essere uno dei più coverizzati di sempre (e intendo veramente chiunque). Era ovvio che pure il duo Elettronico Indie dei Crystal Castles dovesse pagare omaggio a loro, sopratutto con una collaborazione del genere con Smith. Questa canzone tira il meglio di entrambi, creando un alchimia perfetta.
Ghost Track: Il cameo di Robert Smith in South Park
Normalmente le poche celebrità che prestano la loro voce a South Park, si ritrovano a doppiare degli oggetti in secondo piano e marginali, come George Clooney che ha doppiato una pecora, per esempio. Questo non è stato il caso di Robert Smith.
Nonostante fosse occupato con la registrazione dell’album del 2000 “Bloodflowers”, registrò alcune battute per uno degli episodi più folli della prima stagione di questo show animato: Mecha-Streisand.
In questo episodio la Cantante Barbra Streisand ruba dai bambini protagonisti, due triangoli che la fanno trasformare in un gigantesco mostro simile a Godzilla, che distrugge tutta South Park.
L’unico modo per sconfiggerla è proprio Robert Smith, trasformandosi in una gigantesca farfalla di metallo. Dopo aver sconfitto Streisand,va via dalla città, mentre uno dei protagonisti, Kyle, urla questa frase :
“Disintegration è il miglior album di tutti i tempi!”
Ha cominciato a scrivere a 12 anni per il giornale della parrocchia. Poi per qualche strano motivo, è finito a scrivere su Imdi dopo la classica adolescenza complicata. Studente universitario, admin a tempo perso di Matthew Mr. Renzie e appassionato di cinema, musica, serie tv, fumetti, cultura pop e tante altre cose che non stiamo a dire che senno non è più una descrizione dell'autore ma diventa una biografia.
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