Ave, o piccoli amici.
Fa freddo, il Natale incombe e immagino che i vostri cervellini ipotermici non siano in grado di elaborare complicate nozioni scientifiche, in quanto sarete oberati da preoccupazioni quali le ultime interrogazioni/esami prima delle vacanze, la lista dei regali, elaborare tweet sagaci sulla morte di Schicchi.
Quindi oggi ho deciso di parlarvi di un argomento -solo all’apparenza- faceto: ovvero, perché noi poveri pirla intellettuali sciegliamo la carriera scientifica. La quale solitamente inizia con un Dottorato di Ricerca.
Innanzitutto: cos’è un dottorando? Dicesi studente di dottorato una persona che ha deciso di prolungare la propria carriera accademica dopo la laurea, specializzandosi ulteriormente in un argomento di ricerca astruso e ignoto alla massa. Quali sono le motivazioni che spingono un essere umano a sottoporsi, dopo la tesi di laurea, a ulteriori 3-4 anni di schiavitù accademica presso il laboratorio di un barone universitario che (teoricamente) dovrebbe supervisionarne l’attività di ricerca? Vediamoli insieme.
–L’amore per la materia di studio: questo è generalmente ciò che ha motivato ognuno di noi a intraprendere un dottorato. Spinti dall’esaltazione per il nostro 110 e lode ottenuto grazie a una tesi sperimentale sulla preferenza sessuale nei pesci rossi, e sicuri che la carriera scientifica non mancherà di riservarci altrettante soddisfazioni, ci avviamo festanti e secchioni verso questa nuova vita, negli occhi ancora l’immagine di nostro padre che si asciuga i lacrimoni durante la proclamazione della tesi. Non preoccupatevi: passerà. Dopo l’entusiasmo iniziale, le prime lezioni, l’insediamento nel nuovo fiammante appartamento (ora ho uno stipendio e posso permettermi addirittura una singola invece che una tripla in appartamento abitato da dodici punkabbestia), comincerete a chiedervi “is this the real life?”. I vostri amici d’infanzia cominciano a sposarsi e fare figli e voi siete ancora lì che vi ubriacate agli erasmus party e litigate coi coinquilini per i peli pubici incastonati nel piscio secco sull’asse del wc. C’è qualcosa che non quadra. E i risultati del vostro esperimento non sono statisticamente significativi.
–L’ambizione: voglia di riconoscimento. Ah, il mondo deve sapere quanto sono intelligente! Posso smontare in un secondo tutte le teorie sul funzionamento dei neuroni olfattivi grazie all’ingegnosissimo esperimento che ho pensato per il mio progetto di dottorato! Prima di addormentarvi passate in rassegna i possibili outfit da sfoggiare alla consegna del Nobel: meglio un classico tait o qualcosa di più informale, da intellettuale umile che non bada all’apparenza? Sì, opterò per la seconda scelta, vada per il dolcevita e la giacca di velluto con le toppe.
Non preoccupatevi: i vostri sogni di gloria si scioglieranno più velocemente di un calippo tra le minne di Eva Henger. Un collega ignaro vi scongelerà la coltura di neuroni scambiandolo per il suo tupperware di hummus, oppure perderete i dati grazie al blackout durante un temporale perché il vostro professore preferisce pagarsi coi fondi di ricerca le conferenze a New York piuttosto che acquistare un gruppo di continuità. Oppure, semplicemente, il vostro esperimento non riesce. Alla fine del terzo anno, come mostra questo semplice grafico, tutto ciò a cui ambite è finire quella cazzo di tesi e togliervi dalle palle.
–La fuga dal mondo reale: diciamocelo, il dottorato (e se vogliamo anche il post-doc, e il post-doc successivo; ho visto gente che è ancora post-doc a 40 anni e guarda il mondo da un oblò) è un modo come un altro per posticipare la vita adulta. Siete ancora nel limbo pre-lavorativo, siete degli studenti advanced che possono schifare gli universitari guardandoli dall’alto in basso, ma allo stesso tempo siete anche pagati per fare un lavoro speciale e stimolante e guardate con un misto di compassione e pena i vostri coetanei che hanno scelto una banale e monotona vita 8-ore-in-ufficio-e-poi-a-casa-a-vedere-xfactor. Vi sentite in cima al mondo per un po’, fino a quando non vi ritrovate single e disperati quando la vostra morosa storica vi molla per un impiegato dell’INAIL col posto fisso perché “tu non mi dai la sicurezza di un futuro”.
Ve l’ho già detto che ho un serio problema a scrivere il finale degli articoli? Comunque, vi lascio con un antico fumetto del mitico Daw sulla condizione privilegiata del dottorando. Personalmente mi sono ritrovato davanti donne anziane che mi mostravano i loro pubi irritati pensando che “faccio il dottorato” significasse “sono un medico”.
Ci risentiamo a gennaio
Dottor Sucks.
Sito consigliato:
PhDcomics
Il Dr Oliver Sucks nasce numerosissimi anni fa in un paesino imprecisato del Uaiòming. Dopo un’infanzia e un’adolescenza assolutamente mediocri, si iscrive al corso di Psicologia e Neuroscienze della scuola Radioelettra di Torino e si laurea col massimo dei voti. Consegue poi un dottorato in Neurotuttologia alla CEPU e infine corona il suo sogno scientifico diventando emerito professore di Cognitive Neuroscience alla Fave University. Da qualche tempo, nei momenti liberi tra un simposio, una conferenza e una frustata ai suoi dottorandi, si dedica alla divulgazione di argomenti neuroscientifici per voi giovani topini da laboratorio di IMDI. E’ anche un accanito fan degli Elio e le Storie Tese, nel caso non ve ne foste già accorti. http://www.facebook.com/ilDottorSax
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