Il 12 novembre 2014 alle 17:03 p.m. orario dell’europa centrale, dopo più di 20 anni di sviluppo, 10 di viaggio e milioni di kilometri macinati internet è esploso. E no, non si tratta di un tarzanello della Kardashian espulso da un suo peto vettore.
Mi sto naturalmente riferendo alla campagna marketing che ha permesso a me come a milioni di altri sbarbatelli intorno al globo di venire a conoscenza della missione Rosetta promossa dall’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea udite udite (alla faccia tua NASonA!).
Scrivendo all’alba dell’ultima settimana di novembre dovreste già tutti sapere com’è andata a finire: la scienza è finalmente riuscita a stabilire con assoluta certezza che le pin-up spaziali sono fichissime.
Questo e tutta un’altra serie di dati scientifici inutili ma, partiamo dal principio…
Al volgere degli anni ’80, conclusasi la grande corsa allo spazio e di lì a poco la stessa Guerra Fredda che l’alimentava, il mondo puntava gli occhi al cielo ormai solo per vedere se pioveva. In questo clima di incertezze l’esplorazione spaziale era a uno stallo nella popolarità ma, proprio in quegli stessi anni si era per la prima volta tentato l’approccio a uno dei corpi celesti più affascinante e caratteristico dei nostri cieli: una cometa. La cometa di Halley per la precisione, oggetto di vari flyby nell 1986 da parte di numerose nazioni intente a cavalcare l’onda della sua popolarità. Un incontro tutt’altro che ravvicinato e ad altissime velocità che, ispirato dalla fama dell’astro che inseguiva, servì a sua volta da apripista per il primo “accometaggio” della storia. Il progetto originale dell’ESA era di proporzioni epiche e mastodontiche persino per gli anni d’oro dell’esplorazione spaziale: spedire una sonda in grado di prelevare campioni dalla cometa e fare rientro SULLA TERRA col prezioso carico. Tutt’altro che roba da matti (il progetto è stato in sviluppo effettivo per anni) ma, per dire, la povera NASA si era limitata a concepire lo stesso genere di flyby e approccio ravvicinato con una sonda sulla superficie che alla fine sarà alla base della missione Rosetta. Nel ’92 infatti gli americani dovettero demordere per questioni economiche e nel ’93 anche l’Agenzia Spaziale Europea rivisitò il suo ambizioso progetto, andando sostanzialmente a riprendere la missione NASA e, anzi, collaborando con la stessa alla realizzazione. Fu così che venne alla luce la missione Rosetta e con lei tutto il suo carico di innovazioni. Solo per citare due pietre miliari:
Lo sviluppo durò circa 10 anni con oscillazioni di staff e budget dovuti all’allargamento delle collaborazioni internazionali.
All’alba del nuovo millennio Rosetta era pronta a muovere i primi passi ma, a causa di un’incidente con lo stesso razzo vettore della missione avvenuto durante un lancio commerciale, andò persa la finestra di aggancio del corpo celeste prescelto: la cometa 46P/Wirtanen. Esatto, 67P/Churyumov-Gerasimenko non fu la prima scelta degli scienziati, che dovettero ricalcolare la traiettoria sulla base del nuovo obiettivo, uno dei pochi (insieme al precedente) dotato di un’orbita raggiungibile attraverso una serie di precisissime “fiondate” gravitazionali tra un pianeta e l’altro del nostro Sistema Solare. Il raggiungimento dell’astro infatti sarebbe assolutamente impossibile con le fonti di propulsione note, viste le enormi distanze e le limitate quantità di propellente trasportabile. E così il lancio avvenne non più nel 2003 con arrivo previsto nel 2011, bensì a marzo 2004.
All’epoca non esistevano smartphone, non esisteva GTA San Andreas, FaceBook aveva poche settimane e la Kodak faceva ancora pellicola fotografica. Questo per dare l’idea di quanto sia “datata” la tecnologia a bordo della missione, il progetto in realtà fonda le sue radici sulla tecnologia degli anni ’90, con pochi Mega di memoria, ancor meno MegaPixel e codice in LINGUAGGIO FORTH.
Degli esseri umani sono poi riusciti raggiungere una cometa in corsa e atterrarci comandando da remoto una macchina vecchia di 20 anni che ne ha passati 10 nello spazio siderale, bombardata dalle radiazioni a centinaia di gradi sotto lo zero.
In realtà il lancio è stata la parte facile, nei mesi e negli anni successivi gli scienziati hanno dovuto costantemente monitorare la traiettoria e aggiustare la “mira” delle loro fionde planetarie, monitorare la posizione dell’obbiettivo. Nel frattempo la sonda ha sorvolato numerosi obbiettivi secondari, compresa la Terra stessa (in uno di questi passaggi ravvicinati è stata addirittura scambiata per un meteorite), Marte e asteroidi prima di cadere in ibernazione per l’ultima fase dell’approccio alla cometa. 6 anni in tutto, fino al 2011, poi altri 3 anni di sonno siderale per risparmiare energia e carburante. Infine nel 2014 la missione è pronta a entrare nell’anno di sua più intensa attività.
A gennaio il risveglio, dopo 4 anni nello spazio gli scienziati aspettano un segnale radio lontano “minuti luce” dalla terra che comunichi loro il miracolo di un oggetto così lontano da dove è stato creato, eppure ancora in grado di funzionare e, anzi, di dare il meglio di sé nelle fasi più cruciali della missione. Il segnale arriva alle 19:28 del 20 gennaio. Viene rilevata una perdita di pressione nei condotti del combustibile per i piccoli thrusters che ne regolano la traiettoria, nulla di grave, l’unico impatto rilevante sarà solo un lieve calo della potenza in frenata durante l’avvicinamento alla cometa (grazie alle manovre gravitazionali, per raggiungere il nucleo la sonda viaggia a una velocità considerevolmente superiore rispetto alla cometa, centinaia di migiaia di kilometri orari in assenza di attrito).
Otto mesi dopo Rosetta è a 100 kilometri dalla cometa, 10 anni dopo il lancio. Comincia il lavoro di mappatura di un’oggetto che fin’ora si conosceva solo attraverso le immagini di telescopio e l’analisi della luce. OSIRIS, la telecamera di 4 megapixel a bordo della sonda, scatta decine e decine di foto della superficie del nucleo. Viene addirittura creato un modello 3D dell’oggetto. Cominciano gli studi balistici per consentire l’atterraggio del lander Philae che si concluderanno il 15 settembre con l’individuazione del sito. Nel mese successivo si da il via alle manovre di sgancio, compresi test di funzionalità per tutti gli strumenti scientifici di bordo e i meccanismi di atterraggio: viene riscontrata un’anomalia nel piccolo razzo thruster in testa al modulo, che in concomitanza con i tre piedi di appoggio dotati di viti da ghiaccio e ben due arpioni asplosivi dovrebbero garantire l’ancoraggio della macchina alla superficie della cometa, dodata di una ridottissima forza di gravità migliaia di volte inferiore a quella terrestre (Philae, che sulla terra pesa oltre 100 kilogrammi, sul nucleo non supera il grammo). Il team valuta se proseguire con l’operazione e la notte dell’11 novembre ariva l’ok all”accometaggio.” Il thruster viene considerato un’anomalia secondaria, compensata dalla presenza dei due arpioni e dall’ipotesi che il terreno circostante la zona di atterraggio sia caratterizzato da un struttura non troppo dura e materiali porosi, in grado di attutire l’atterraggio e facilitare la penetrazione degli ancoraggi.
Il 12 novembre 2014 alle 17:03 p.m. orario dell’europa centrale, dopo più di 20 anni di sviluppo, 10 di viaggio, milioni di kilometri macinati e 28 minuti luce: internet è esploso. Senza sapere un cazzo.
Summary:
19 Ottobre 2016
1 Settembre 2016
20 Giugno 2013
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