Questo articolo è comparso sul New York Times a firma di Margo Kaplan, assistente professore alla scuola di legge Rutgers-Camden.
L’originale si può trovare qui. La traduzione in italiano è a cura di Bevione Rodolfo e Amina Ras.
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Cerca di ricordare la tua prima cotta d’infanzia. Forse era un compagno di classe o un amico della porta accanto. Con ogni probabilità, la tua attenzione ha continuato a focalizzarsi su persone che avevano pressapoco la tua età. Ma immagina se questo non fosse successo.
Secondo alcune stime, l’1% della popolazione maschile, molto dopo la pubertà, continua a sentirsi attratta da soggetti in età prepuberale. Queste persone vivono con la pedofilia, un’attrazione sessuale nei confronti di bambini che spesso costituisce una malattia mentale. Sfortunatamente, le nostre leggi ignorano questa realtà, e, di conseguenza, perdono occasioni per prevenire stupri sui minori.
Il “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali” definisce la pedofilia come un intenso e ricorrente interesse sessuale nei confronti di bambini in età prepuberale. Lo classifica inoltre come disordine se causa “marcato stress o difficoltà relazionale ” o se la persona agisce secondo tali desideri. Nonostante ciò, le nostre leggi ignorano la pedofilia fino al momento in cui si configura come reato, enfatizzando la pena, non la prevenzione.
Parte di questo fallimento si origina dalla errata convinzione che la pedofilia coincida con lo stupro di minori. Una persona può vivere con la pedofilia e non agire secondo questi desideri. Siti come quello dei pedofili virtuosi offrono supporto per pedofili che non molestano i bambini e che ritengono che fare sesso con loro sia sbagliato. Non si può dire che questi siano pedofili “inattivi” o “non praticanti”, quanto che la pedofilia sia uno status di vita e non un’azione. Infatti, mostrano le ricerche, circa la metà di coloro che molestano i bambini non sono attratti sessualmente dalle loro vittime.
Una seconda convinzione sbagliata è che la pedofilia sia una scelta. Recenti ricerche, nonostante siano spesso limitate dal fatto di essere condotte su stupratori – a causa del tabù sulla pedofilia che impedisce ricerche su campioni più ampi – sembrano suggerire che il problema abbia origine neurologica. La pedofilia potrebbe originarsi da un errore del cervello nell’identificare quali stimoli ambientali dovrebbero provocare una risposta sessuale. Le risonanze magnetiche condotte su stupratori affetti da pedofilia mostrano minori collegamenti neuronali noti come materia bianca nei loro cervelli. Individui con la pedofilia sono tre volte più inclini a essere mancini o ambidestri, un forte indizio di cause neurologiche del disturbo. Alcune ricerche suggeriscono altresì che disturbi nello sviluppo neurologico nell’utero o nella prima infanzia incrementino il rischio di contrarre la pedofilia. Altri studi hanno anche mostrato che gli uomini con la pedofilia conseguono mediamente punteggi più bassi nei test sulle abilità visivo-spaziali e memoria verbale.
Il sito dei pedofili virtuosi già citato è pieno di testimonianze di persone che hanno giurato di non toccare mai un bambino e ciononostante vivono nel terrore. Devono nascondere il loro disordine a tutte le persone che conoscono, altrimenti rischierebbero di perdere opportunità di studio e di lavoro e di dover affrontare la possibilità di molestie o persino violenza. Molti si sentono isolati; altri sono tentati dal suicidio. Lo psicologo Jesse Bering, autore di “Pervertiti: il deviato sessuale che vive in tutti noi”, scrive che le persone con la pedofilia “non stanno nemmeno vivendo le loro vite chiuse nell’armadio; sono eternamente rinchiuse in una stanza antipanico”.
Nonostante i trattamenti non possano eliminare l’interesse sessuale di un pedofilo, una combinazione di farmaci e terapie cognitivo-comportamentali possono aiutarlo a controllare gli impulsi ed evitare di commettere crimini.
Ma il motivo per cui non abbiamo nozioni sufficienti sui trattamenti efficaci è perché le ricerche sono quasi sempre state limitate a coloro che hanno commesso crimini.
Le leggi che applichiamo oggigiorno sono inefficaci e irrazionali. Per esempio, la legge federale e 20 stati permettono alle giurie di emettere un’ordinanza civile ad uno stupratore, specie se ha la diagnosi di pedofilia, per farlo entrare in una struttura di cura mentale non appena la sua pena sia stata scontata – con standard molto meno rigidi di quelli delle generiche “restrizioni civili” per persone con malattie mentali. Nonostante ciò, quando si arriva a trattare di politiche pubbliche che potrebbero aiutare le persone con pedofilia a farsi avanti e cercare aiuto prima che compiano reati, la legge non offre aiuto. (Nota per i tontoloni: l’autrice è americana. La giurisprudenza italiana ovviamente agisce in maniera diversa)
L'”Americans With Disabilities Act” del 1990 e la sezione 504 del “Rehabilitation Act” del 1973 proibiscono la discriminazione contro ogni individuo che abbia disabilità mentali ma che sia altrimenti qualificato in settori come l’impiego, lo studio e le cure mediche. Il Congresso, ad ogni modo, ha esplicitamente escluso la pedofilia dalla protezione garantita da queste due leggi cruciali.
È arrivato il momento di rivedere queste esclusioni. Senza protezione legale, un pedofilo non può correre il rischio di cercare aiuto o rivelare il proprio stato a nessuno per cercare aiuto. Potrebbe perdere il lavoro, e future opportunità di lavoro, se fosse visto a sessioni di terapia di gruppo, chiedesse facilitazioni per il lavoro (1) per prendere medicinali o vedere uno psichiatra, o richiedesse un limite ai suoi incontri con bambini. Porre barriere fra un individuo e il suo lavoro ed il trattamento di cui necessita aumenta soltanto il rischio di commettere crimini.
Senza alcun dubbio nell’estendere la protezione dei diritti civili alle persone affette da pedofilia devono essere tenute in considerazione la salute e la sicurezza degli altri, bambini in particolare. Un pedofilo non dovrebbe lavorare come insegnante alle elementari. Ma sia l’A.D.A. che il Rehabilitation Act contengono esenzioni per coloro che non sono “altrimenti qualificati” per un lavoro o che pongono “una diretta minaccia alla salute e sicurezza di altri” che non può essere eliminata da una soluzione ragionevole. (Per questo i datori di lavoro non devono assumere autisti ciechi o guardie giurate mentalmente instabili.)
L’analisi della minaccia diretta rigetta l’idea che i datori di lavoro possano affidarsi a generalizzazioni; devono valutare il caso specifico e fare affidamento su prove, non presupposizioni. Coloro che si preoccupano che i datori di lavoro possano essere costretti ad assumere pericolosi pedofili dovrebbero dare un’occhiata alla giurisprundenza dell’HIV, dove per anni le giurie sono state estremamente prudenti, trovando ingiustamente una minaccia diretta, fino addirittura agli ultimi anni ’90, quando le autorità mediche avevano ormai convenuto che le persone affette da H.I.V potessero lavorare in sicurezza, ad esempio, nei servizi di ristorazione.
Rimuovere l’esclusione della pedofilia dalla protezione non inficerebbe la giustizia penale o il suo ruolo nel reagire all’abuso di minori. Non renderebbe più semplice, per esempio, per qualcuno accusato di molestia su minore di dichiararsi non colpevole per ragioni di insanità mentale.
Un pedofilo dovrebbe essere ritenuto responsabile della sua condotta ma non dell’attrazione sottostante. Discutere per i diritti di gruppi fraintesi e disprezzati non è mai un’azione ampiamente condivisa, in particolare quando sono associati ad un danno reale. Ma il fatto che la pedofilia sia così disprezzata è precisamente il motivo per cui le nostre reazioni ad essa, nella giustizia penale e nella sanità mentale, sono state inconsistenti e controproducenti. Riconoscere che i pedofili hanno un disordine mentale e rimuovere gli ostacoli che ora impediscono loro di esporsi per chiedere aiuto non è solo la cosa giusta da fare, ma migliorerebbe anche gli sforzi per proteggere i bambini da questo pericolo.
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L’articolo termina qui. Non rimane molto da aggiungere, tuttavia vorremmo offrire un altro paio di considerazioni personali sul tema. Innanzitutto, nessuno ha detto che i pedofili che si rendono colpevoli di stupro abbiano diritto ad avere delle attenuanti per un atto che rimane comunque orribile. Né l’autrice né noi riteniamo che chi si renda colpevole di stupro nei confronti dei bambini sia in qualche modo giustificato. La tesi che sostiene l’autrice (e che sottoscriviamo) è che chi prova attrazione sessuale nei confronti dei bambini non sia da crocifiggere per questo semplice fatto, e che debbano essere rinforzate le strategie di prevenzione, permettendo ai pedofili di ricercare aiuto psicologico, se lo ritengono necessario. Crediamo inoltre che l’odio sociale che circonda questo problema sia ingiustificato; non si può detestare qualcuno se non ha fatto nulla per meritarsi l’odio, e rende soltanto più difficile la vita ai pedofili incolpevoli e ai bambini che hanno la sfortuna di essere stuprati. Si potrebbe evitare tutto questo semplicemente mettendo un po’ di buonsenso.
Un’altra nota a margine è sull’uso dei termini “pedofilo” e “pedofilia”. Ad oggi si è diffusa l’errata convinzione che le figure del pedofilo e dello stupratore di minori coincidano; non è così. Pedofilo è colui che prova attrazione sessuale nei confronti dei minori; la violenza sessuale, se c’è, viene dopo, ed è una faccenda separata. Abbiamo inteso quindi il termine nel suo significato originario, privo di connotazioni sia negative che positive.
(1) la traduzione “facilitazioni per il lavoro”, nonostante sia orrenda, è la più credibile che mi sia venuta in mente. La legislazione americana obbliga i datori di lavoro a rimuovere gli ostacoli che impediscono a persone con problemi di vario genere di fare il proprio lavoro. Spesso si tratta di interventi non costosi e non richiedono investimenti di capitale, quanto piuttosto flessibilità sul posto di lavoro
23 Ottobre 2016
28 Settembre 2016
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