Scrivo questo ciclo di articoli (o almeno tale vorrebbe essere, in realtà va già bene se trovo la voglia per finire questo) come indignata e doverosa replica a questo articolo di Vice che definisce i nineties come “il decennio più sfigato di sempre”.
“E NON MI STA BENE”, direbbe forse il numero uno tra i mostri italici del tubo. Perché se da una parte l’ineluttabilità del recupero, più o meno ironico, di tematiche, simboli e mitologie degli anni ’90 è sempre più sotto gli occhi di tutti, dall’altra la prospettiva del solito hipsterone di Vice non è magari deòl tutto falsa, ma sicuramente faziosa. Più che altro parla di sfighe della sua adolescenza, che potrebbero appartenere a qualunque decennio perché l’adolescenza è per sua stessa definizione sfigata, soprattutto se è quella di un futuro “redattore” di Vice. Ad esempio, denigrare i ’90 per l’arretratezza tecnologica (secondo gli occhi di un macfag del 2012) è come dire che gli antichi romani erano dei segaioli perché non c’avevano il bazooka. E’ un ragionamento talmente ritardato che non merita nemmeno di essere commentato.
Dall’altro canto, non ritengo risibile e incoerente solo la prospettiva hipsteroide del “sta tornando di moda? Allora dev’essere per forza lammerda”, ma pure il ben più naturale ma altrettanto deprecabile sbarluccichio neglio occhi di chi condivide su Facebook copertine di giochi della Playstation assolutamente mediocri come Crash Bandicoot 3 (diciamo le cose come stanno, eh) o foto del millino montessoriano condite col blasonatissimo populismo anti-euro che arricchisce un po’ tutti i piatti. Anch’io ho messo il like sulla pagina “Rivogliamo Giochi Senza Frontiere” pensando al me stesso seienne che prendeva quella trasmissione più seriamente dei mondiali di calcio. Poi, in una sera di tedio in cui avevo finito le birre, ho commesso l’atroce errore di riguardarmi degli spezzoni su Youtube al grido di “le jè son fet” (non ho mai imparato il francese). Beh, non commettete anche voi questo errore. Ci sono alcuni miti della nostra infanzia che in qualche modo superano l’impietoso trascorrere del tempo, tipo alcuni film della Disney o Tetris per il Game Boy. Altri, come Indovina Chi o le Bull Boys, è meglio lasciarli nell’armadio polveroso dei ricordi piuttosto che forzarsi a conferir loro un valore che il nostro io di 16 anni dopo è impossibilitato a riconoscere dopo un’impietoso esame del senno di poi. Quindi sì, sono abbastanza convinto di non rivolere più “Giochi Senza Frontiere”, così se non altro potrò comunque raccontare (mentendo) a una mia ipotetica prole di quanto fosse figo quando l’Italia giocava il jolly.
Dicevamo, essendo passati ormai 12 anni dalla loro fine, le varie generazioni si trovano a dover fare i conti in modo più o meno impietosi con gli anni ’90, un decennio fatto più di sfumature che di simboli, con qualche mito superstite però controverso (Kurt Kobain, Bill Gates, Bill Clinton), messo in ombra da una parte dal bagliore degli ’80 e dall’altra dalla chiassosità webduepuntozerica degli ‘0. Dalle voci che si sono alzate fino ad ora, sembra che le generazioni che si sentono in dovere di prendere una posizione precisa verso i ’90 sono la X e la Y. E quindi, diciamo che i nati dal ’73 all’82, che sono stati adolescenti e/o 20enni nei nineties, tendono a smerdarli impietosamente, mentre al contrario quelli dall’83 al ’92, che i cui ricordi dei ’90 corrispondono più che altro alla alla loro infanzia e/o pubertà, li glorificano oltremodo. I post ’92 sono invece quelli che, spiace per loro, i ’90 non li hanno mai veramente vissuti, checché scrivano su Twitter o (orrore) Pinterest. Difficile decidere un marcatore generazionale netto, ma di solito chi non si ricorda dei tossici ai giardinetti, non ha mai ricevuto come regalo una musicassetta o ritiene divertenti le ultime stagioni dei Simpson non è un ’90 kid.
Io (classe ’86 e fiero di esserlo) rientrerei pienamente nella categoria dei “nostalgici”, e in effetti i miei film, fumetti, videogiochi, gruppi musicali, libri e manga preferiti sono praticamente tutti usciti tra il ’94 e il ’98. Culturalmente sono un figlio dei ’90 tout court, ho iniziato i ’90 con i miei primi giri in bici e li ho chiusi con le mie prime esperienze onanistiche.
Quindi che voglio fare nei prossimi articoli? Prendere dei pezzi culturalmente massicci degli anni ’90 e valutarli non col senno di poi o con l’entusiasmo di allora, né con la lente della nostalgia. Vorrei riuscire non tanto a filtrare quanto di valido è uscito davvero dai ’90, ma a ricostruire una certa identità di quel decennio, che al momento sembra fare fatica a emergere. Compito ambizioso, se vogliamo. Ma del resto io sono sopravvissuto agli ‘883, al primo Jovanotti, ai Power Rangers e a Mauro Serio, sono abituato alle sfide…
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