Nel corso degli anni la politica estera di Putin ha assunto un’impronta aggressiva e poco propensa al dialogo con i suoi vicini, soprattutto tra le ex repubbliche sovietiche. Una tendenza che sembra ripetersi nel Baltico, in particolare in Lettonia, paese alla quale la Russia guarda con interesse e che rischia di generare un nuovo conflitto su vasta scala.
Ma nuove intese ed alleanze si presentano ad Oriente della Federazione Russa, pronta ad allargare la propria influenza e a distendere i rapporti con i propri vicini asiatici ed europei.
Europa: tra NATO ed UE
Mentre in Ucraina la guerra nel Donbass prosegue tra scontri ed incidenti diplomatici, un nuovo conflitto rischia di esplodere più a nord.
Agli inizi di Ottobre il Cremlino ha dispiegato sistemi missilistici Iskander (capaci di lanciare anche missili nucleari) nei dintorni di Kaliningrad, enclave russa situata tra Polonia e Lituania ed unico porto russo nel mar baltico. La Lettonia, la cui capitale Riga dista pochi chilometri da Kaliningrad, ha espresso preoccupazione per quella che il ministero della difesa russo definisce “un’esercitazione militare ordinaria”, richiamando a se l’attenzione degli alleati della NATO, che per tutta risposta ha deciso di dispiegare un contingente di oltre 4000 soldati (di cui 140 italiani), una forza che va a sommarsi alle oltre 25.000 unità presenti nell’area del Baltico, ufficialmente per esercitazioni militari, ma in pratica per scoraggiare un’eventuale iniziativa russa ai danni del paese.
Il sistema missilistico Iskander in azione (strategic-culture.com)
La Lettonia è la nazione ex-sovietica con la più alta percentuale di cittadini di etnia russa, circa il 26%, una larga fetta di popolazione alla quale fu negata la naturalizzazione lettone dopo la caduta dell’Unione Sovietica (mossa attuata anche in Estonia), e che oggi potrebbe essere cruciale per giustificare un eventuale intervento russo “di protezione” così come accadde per la Crimea nel 2014. Un casus belli che non è passato inosservato agli occhi del governo lettone, storicamente critico nei confronti dell’imperialismo russo ed oggi più preoccupato che mai per la propria indipendenza.
Se da un lato l’escalation militare in Lettonia ha lasciato presagire il peggio con la NATO, oggi i rapporti tra Unione Europea e Russia appaiono più distesi, soprattutto in seguito alla decisione di non infliggere sanzioni alla Russia per i bombardamenti in Siria.
Una posizione fortemente contrastata dalla Germania, in particolar modo la Merkel che non esclude di ritornare sulla questione, ma anche Francia e Gran Bretagna (che ha rischiato di trascinare l’UE con una propria decisione nonostante rischi di non farne più parte tra pochi anni), ma appoggiata dall’Italia.
Il premier Renzi ha infatti insistito affinchè la Russia venga considerata come un partner, e non come una minaccia nella crisi siriana, posizione che potrebbe valere all’Italia un ruolo di mediazione tra il governo di Mosca e quello di Washington, dopo l’endorsment ricevuto da Obama (e quindi, indirettamente, anche dal partito democratico di cui la Clinton fa parte). Una scelta che alla fine sembra essere stata ripagata dalla decisione di Putin di estendere la tregua umanitaria ad Aleppo, città distrutta dai bombardamenti russi ed attualmente occupata dai ribelli anti-Assad, ma non dalle milizie dell’ISIS, attualmente schierate a meno di dieci Km dalla città.
Asia: l’asse con Cina e Filippine
Se i rapporti con l’Europa continuano ad essere tesi, l’Asia si rivela una terra fertile per la Russia: pochi giorni fa il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha annunciato la storica separazione dagli Stati Uniti, optando per un avvicinamento alla Repubblica Popolare Cinese e alla Russia, un cambio di posizione che inverte i rapporti di forza nel Pacifico.
Le Filippine, con ben cinque basi americane sul territorio, erano insieme al Giappone l’unica certezza statunitense per contenere la sempre maggiore influenza cinese e russa in Asia, ma che senza l’appoggio del governo di Manila rischia di perdere i contatti con l’intero sud est asiatico.
Il presidente Vladimir Putin con il primo ministro indiano Modi (bbc.com)
La posizione di Duterte è solo l’ultimo tassello di una politica strategica tra Russia e Cina che negli ultimi mesi ha costituito una rete di alleanze in Asia ben salda: in un summit dei paesi del BRICS a metà Ottobre, la Russia è riuscita a stringere diversi accordi difensivi con India e Pakistan, tra cui la vendita per diversi miliardi di dollari di sistemi missilistici contraerei all’India e la costruzione di un gasdotto per 2 miliardi di dollari con il Pakistan, senza contare il recente avvicinamento di Erdogan a Putin.
In questo modo il mondo sembra dividersi nuovamente in due, da un lato l’Occidente della NATO a guida statunitense, dall’altra la cooperazione asiatica tra Cina, India e Russia.
Stati Uniti: tensione in aumento
E proprio nella Cina la Russia trova un valido alleato contro gli Stati Uniti, soprattutto nella guerra cibernetica. Il 21 Ottobre la costa Est degli States è rimasta vittima del più grande attacco informatico avvenuto fin ora: il sito di hosting Dyn, una delle maggiori piattaforme del suo genere, ha subito ben due attacchi DDoS che hanno paralizzato per ore siti come Twitter, Spotify e Netflix, ma anche store e siti d’informazione come eBay, Visa, CNN e Financial Times.
Ma l’attacco non è stato un caso isolato: nel Luglio scorso alcuni hacker cinesi si sono “infiltrati” nella portaerei nucleare Ronald Reagan per carpire informazioni sulle manovre militari statunitensi nel Mar Cinese.
La portaerei nucleare Ronald Reagan (corriere.it)
La pista russa sembra la più accreditata, data soprattutto dalla “strana coincidenza” di come l’attacco si sia verificato pochi giorni dopo la minaccia da parte del vicepresidente americano Joe Biden di voler effettuare massicci attacchi informatici in risposta alle presunte interferenze di hacker russi, una sorta di attacco preventivo russo per intimidire (o peggio ancora, provocare) il governo di Washington e scoraggiare una possibile guerra cibernetica su vasta scala. Una guerra che ricadrebbe interamente sulle spalle del successore di Barack Obama, ormai al termine del suo mandato ma ancora profondamente critico (insieme al resto del partito democratico) nei confronti della politica estera di Mosca.
Il freddo scambio di sguardi tra Barack Obama e Vladimir Putin durante il G20 (corriere.it)
La storica nemesi della Russia si ritrova divisa in due sul futuro dei rapporti internazionali con il gigante russo: da un lato la Clinton, che già da adesso nutre un profondo rancore per Vladimir Putin, accusato di aver ordinato a Wikileaks di hackerare e diffondere le sue mail private in combutta con il suo rivale Donald Trump, che sin dagli inizi della sua campagna ha espresso il suo supporto per il capo di Stato russo e la sua politica anti terrorismo in Siria, ma che per ora non ha proferito parola sulla crisi ucraina e lettone, lasciando intendere di non voler interferire negli affari europei lasciando spazio aperto alla Russia.
Studente presso la facoltà di scienze politiche alla Federico II di Napoli, non c'è molto da dire su di me, se non la mia passione per la politica che mi ha portato a scrivere per IMDI
30 Maggio 2017
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30 Marzo 2017
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Studente presso la facoltà di scienze politiche alla Federico II di Napoli, non c'è molto da dire su di me, se non la mia passione per la politica che mi ha portato a scrivere per IMDI
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