Questo articolo fa parte di un progetto di sopravvivenza a tutta la merda che esplode dalle pareti virtuali di Facebook e ci sta sempre più sommergendo: compito ostico ma non impossibile, se si agisce in modo drastico e risoluto. Qui trovi la prima parte.
Ma ora veniamo all’argomento del giorno: voci di corridoio senza alcuna attendibilità recepite come veritiere, ipotesi deliranti assunte come verità incontrovertibili, cazzate false e tendenziose prese per oro colato, bufale che si ingigantiscono e ottengono diffusione clamorosa. Questo è internet oggi. Ma questo è, soprattutto, Facebook, magico luogo dove le peggiori puttanate diventano realtà. A meno che non abbiate già fatto un’epurazione radicale dei vostri contatti, è alquanto probabile che solo scrollando la vostra home ci sia qualcuno che condivide falsità e disinformazione di vario genere, da immagini o slogan di puro qualunquismo apparentemente innocenti a articoli spazzatura di diffusione virale del blog di controinformazione di turno.
Alla radice della psicosi dei vari “L’HO LETTO SU UN BLOGGHE! INFORMATI!!!1!” (che ormai è un meme) ci sono da una parte gli annosi piagnistei, tanto di sinistra che di destra, su quanto l’informazione italiana sia controllata dallo schieramento politico opposto, e dall’altra la propensione dei neofiti (ma non solo) dell’internet a farsi buggerare da qualunque cazzata. Questo sarebbe un problema solo loro fintanto che questi geniacci si limitano a scaricare virus o a fare versamenti a sedicenti imprenditori nigeriani, ma diventa una grossa rottura di coglioni quando su internet qualunque peones che abbia tempo da perdere riesce ad acquisire una certa visibilità, spargendo il virus della disinformazione come una baldracca nigeriana fa con l’aids (non ce l’ho con i nigeriani, se ve lo stavate chiedendo).
The cult of the amateur (trad.it Dilettanti. com), libro del 2007 di Andrew Keen, denunciava anzitempo, con le iperboli e le ridondanze tipiche degli yankee, il fatto che su internet qualunque coglioncello possa riuscire a diffondere informazioni completamente false, per lucro o per puro spirito di stronzaggine, senza dover temere conseguenze di alcun tipo. La diffidenza, a dire il vero non sempre immotivata, nei confronti dell’informazione ufficiale ha fatto sì che alternativi di qualunque fazione tendano a prendere per buone assunzioni false e tendenziose, in virtù del fatto che affermare teorie “alternative” (dal crollo delle torri gemelle per opera del governo americano, ebrei, alieni, Chuck Norris, le tartarughe ninja e Carmen Sandiego, al negazionismo dell’allunaggio, a quel cazzo che pare a voi) ti rende figo agli occhi di vari altri badass contro il sistema, dandoti ottimi motivi per bullarti nel tuo irish pub o surrogato di starbucks preferito, o facendoti guadagnare chances di copulare con poser ingenue/i. Se questo era già vero prima della facebookizzazione del web italiano, immaginatevi oggi.
Come capire se un articolo di blog o una voce diffusa su facebook è falsa? Di solito basta una ricerca lunga al massimo 3 cazzo di minuti su gùgol: se non trovate dichiarazioni ufficiali o quantomeno attestate da testate credibili (che stanno attente alle fonti semplicemente perché se no rischiano licenziamenti e denunce), sono al 99,9 % cazzate. Ma a volte basta un pelino di buonsenso: vi sembra credibile che Monti voglia tassare gli animali domestici? Per la maggior parte degli urlatori di facebook lo era.
In ogni caso, secondo una logica induttiva e quindi quasi sempre in grado di dare ottimi risultati con poco sforzo, vi suggerisco di stare molto lontani, se non per farvi quattro risate, da blog/siti/pagine facebook con
Linkografia
Protesi di complotto, brillante pagina Facebook che sputtana i complottisti et similia
Il Disinformatico, il blog del giornalista Paolo Attivissimo, che se la tira un po’ ma è molto puntuale ed efficiente nello smerdare le bufale più diffuse
Bibliografia
Andrew Keen, Dilettanti. com, edito da Geonext e acquistabile online per meno di un pacchetto di paglie.
8 Gennaio 2017
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