Per i romantici del fútbol questo è stato un anno difficile. Gli addii al calcio giocato di John Terry e Xabi Alonso, e l’abbandono di White Hart Lane e Vicente Calderón ci hanno ricordato che ogni scintilla, per quanto splendente, è passeggera. Molto più silenzioso, a livello mediatico, l’addio di Tiago Mendes, che ha annunciato di non voler rinnovare con l’Atletico Madrid.
Debuttante diciottenne nella squadra riserve del Braga, Tiago convince al punto di essere chiamato in prima squadra appena un anno più tardi; qui si conquista un posto da titolare indiscusso. È però il passaggio al Benfica, dove milita tra il 2002 e il 2004, a costituire un vero punto di svolta nella sua carriera: qui colleziona 75 presenze totali e segna ben 19 reti, un numero notevole per un centrocampista difensivo. A Lisbona vince anche la Coppa di Portogallo, battendo in finale il Porto, allora guidato da José Mourinho. Il tecnico, alle porte del debutto sulla panchina del Chelsea, lo chiama con sé a Londra a luglio del 2004.
Ai Blues, dove sbarca per circa 12 milioni di euro, segna per 4 volte nelle sue 34 presenze. È tra i protagonisti di un’impresa storica: quell’anno, il Chelsea torna ad essere campione d’Inghilterra dopo cinquant’anni di digiuno, raccogliendo anche una Coppa di Lega lungo il percorso. Resta solo per una stagione, ma quella stagione rimarrà indimenticabile per lui. L’operazione che porta Essien in Inghilterra lo vede passare al Lione, dove lo attendono comunque due anni (2005-2007) di ottimi successi. Sotto la guida di Gérard Houllier vince due campionati francesi e una Supercoppa di Francia, conquistandosi una chiamata da una Juventus in ricostruzione dopo i fatti di Calciopoli.
A Torino, Tiago viene caricato di un grosso fardello: è l’acquisto più costoso della campagna della Juventus. La pressione è tanta e si fa sentire ad ogni errore. Come se non bastasse, manca la fiducia di Ranieri, che gli preferisce Cristiano Zanetti, Sissoko e l’emergente Marchisio. Le sue prestazioni restano molto altalenanti, tra qualche alto e moltissimi bassi, soprattutto nell’ultima stagione alla Juve. Sarà lui stesso a ricordare queste stagioni come il punto più basso della sua carriera. Ciononostante, gli “anni persi” di Torino saranno molto utili alla crescita di Tiago, se non sul piano calcistico, sicuramente in quello emotivo. Nel luglio 2011 firma con l’Atletico Madrid, dove aveva già contribuito alla vittoria della Copa del Rey segnando in finale contro il Celta Vigo, e della Supercoppa Europea contro l’Inter. Sotto la guida di Simeone ritrova fiducia ed equilibrio. Qui si laurea anche campione di Spagna nel 2014.
Nel novembre 2015, Tiago si infortuna. Si rompe una gamba, e la sua carriera cambia radicalmente. Non riesce più a ritrovare la forma. Tra il suo rientro e la fine della stagione 2016-2017 gioca appena 15 partite per l’Atleti. Con orgoglio ed umiltà, alla vigilia della partita contro l’Athletic Bilbao, dichiara che il rinnovo è fuori discussione. «Smetterò o andrò a giocare in una lega meno competitiva», spiega ai giornalisti. «Non mi sento più all’altezza dei miei compagni». Per sua stessa scelta, l’ultimo sipario si preannuncia destinato a dimenticarsi. Invece, quando all’88’ si toglie dal braccio la fascia da capitano e viene sostituito, il Vicente Calderón si alza in piedi e grida il suo nome all’unisono. Una, due, dieci, venti, trenta volte. Le lacrime rigano il volto di Tiago. Voleva andarsene in silenzio, ma è un clamore ad accompagnarlo.
Tifo Bologna e Liverpool. Dormo poco, sogno molto.
9 Dicembre 2016
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