Abbiamo già parlato (qui!) del Fertility Day promosso dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin (diventata mamma a 43 anni di due gemelli, cosa che suona già un po’ meeh) e di come si sia partiti da un’idea tutto sommato neanche tanto brutta, arrivando a generare una vera e propria tragedia comunicativa. Si parta da un assunto molto molto semplice: in Italia nascono pochi bambini. Siamo una nazione anziana, dobbiamo contare sui figli degli immigrati (si, proprio loro!!! Gli immigrati brutti e cattivi e aiutiamoliacasaloro!! Lo sapete che tra qualche anno saranno i loro figli a pagare le nostre pensioni?) per avere delle basi su cui poggiare il futuro e impedire che il sistema collassi su se stesso.
Gli italiani, dopo i littori figli per la Patria, dopo il baby boom, semplicemente sembrerebbe che si siano scocciati di mettere a disposizione della comunità tutta i propri ovuli e i propri spermatozoi. Ecco quindi che si rende necessaria una campagna istituzionale che voglia promuovere una corretta informazione intorno al tema della fertilità, istituendo una giornata (il 22 settembre prossimo) dedicata allo sviluppo e all’approfondimento di questo tema che riguarda in egual misura uomini e donne che vivono nel Paese più anziano d’Europa.
Ma, hey, siamo in Italia. Come mandare tutto allegramente a peripatetiche? È ovvio: orchestrando una campagna pubblicitaria tra le peggiori degli ultimi tempi, ottima per finire tritata nel mare magnum dell’analfabetismo funzionale dell’italiota medio, abituato a guardare le figure ma non a leggere le scrittine che l’accompagnano. Consci di questo, i copywriter dell’agenzia Mediaticamente srl di Milano, pagati con il denaro pubblico, hanno ritenuto di dover rafforzare il concetto di “richiamare l’attenzione di tutta l’opinione pubblica sul tema della fertilità e della sua protezione“ partorendo (e mai termine fu più appropriato) una serie d’immagini agghiaccianti, incentrate sul tema del “tempo che passa”, della “responsabilità” e soprattutto del concetto di “fertilità come bene comune”.
Target: achieved!!! Quale miglior argomento per far insorgere le femministe del web? Guardandosi bene dal cliccare il sito istituzionale del Ministero per almeno provare a far finta di capire di cosa stiamo parlando, l’esercito delle nuove Suffragette 2.0 ha iniziato a flammare più o meno ovunque, sentendo lesa la loro maestà di consapevoli portatrici di utero. Evidente è difficile comprendere che la fertilità è un argomento che riguarda anche gli uomini, in quanto le regine dell’universo sono sempre e costantemente loro. In questa crociata contro il nulla, sono state più che adeguatamente supportate da un altro tipo umano che popola il web e i social network, ovvero le nazimamme. Coloro che giudicano la qualità di una donna solo in base a quanti figli ha o vorrebbe averne, hanno approfittato del Fertility Day per ribadire quanto si sentano discriminate in una società che prima “impone” di fare dei figli (così procreare risponderebbe a un bisogno imposto? Non dovrebbe essere una scelta personale e consapevole?) e poi non fornisce gli adeguati supporti.
Sotto accusa, la cronica carenza di posti negli asili statali e gli abusi dei datori di lavoro tramite le famigerate “dimissioni in bianco” che vengono fatte firmare al momento dell’assunzione, per tutelare il padrone dalle gravidanze incontrollate della dipendente. Non si vuole certo negare che le situazioni del genere esistano e siano purtroppo molto diffuse, ma non viene dato atto che, ad esempio, l’ultimo jobs act preveda l’obbligo per il dipendente di presentare istanza di dimissioni solo on line al momento della necessità. Sradicare malcostumi figli di una mentalità da caporalato è difficile, ma è altrettanto difficile non cadere nell’eccesso opposto, ovvero l’abuso delle misure previste dalla legge per consentire alle donne di vivere serenamente la propria gravidanza e il dopo. Si parla sempre delle lavoratrici in nero o con contratto precario che rischiano di perdere il lavoro se restano incinte. Ok, ma perchè non parlare anche di coloro che, una volta assunte stabilmente, iniziano a fare un figlio dopo l’altro, rientrando al lavoro solo per brevi e sporadici momenti? Perchè l’argomento è impopolare e rischierebbe di far passare le donne da vittime a carnefici del loro stesso destino. E tutto questo, su internet, non genera like nè consenso.
Nel bailamme generale non ha voluto essere di meno la politica, tramite il “solito” blog pentastellato che con un post a firma della prestigiosa paladina del genere femminile Paola Taverna accusa il Governo di “ipocrisia”, non mancando ovviamente di strumentalizzare il Fertility Day per fare vittimismo circa emendamenti bloccati “per dispetto” sulla pelle dei poveri bambini. La solita informazione faziosa, per nulla trasparente, funzionale a creare ancora più fumo e a intorbidire acque già non limpide in partenza. La signora Taverna ha preso attenta visione di quanto è nelle intenzioni del Ministero della Salute? Se l’ha fatto, non si evince. Un tutti contro tutti, insomma, che fa perdere di vista la questione principale, ovvero che il futuro dell’Italia è a rischio perchè non nascono abbastanza bambini. E, in secondo luogo, che come al solito si preferisce fare chiacchericcio, piuttosto che provare a mettere mano al problema.
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