Nel 2016 è quasi impensabile far uscire un videogioco tripla A online che non pretenda di essere un eSport: gli utenti pretendono ladder, premi, tornei, campionati mondiali, stream su Twitch seguiti da migliaia di persone. Che succede se questa dimensione manca o è carente? Semplice, il gioco in questione guadagna l’infamante epiteto di non competitivo.
Per il videogiocatore medio del 2016, quello che frequenta siti di informazione videoludica e community online (che chiameremo d’ora in avanti affettuosamente VGM), il gioco online non competitivo e senza eSport non ha senso di esistere: perché passare del tempo davanti allo schermo di un PC o di una consolle se non c’è la possibilità, anche remota, di partecipare a tornei con in palio montepremi di (come minimo) decine di migliaia di euro? Il VGM spesso passa da un gioco competitivo all’altro, nella malcelata speranza di poter ascendere al rango di pro gamer. O tempora, o mores! Non si partecipa ai tornei per giocare, ma si gioca per partecipare ai tornei.
Gli sviluppatori, intanto, si sono adeguati alle esigenze del mercato: nei nuovi giochi online è quasi sempre presente una “modalità competitiva”, nella quale i giocatori possono cimentarsi nella difficile impresa di scalare la ladder. Sono comparsi nuovi aspetti da tenere in considerazione, come il bilanciamento, essenziale per garantire un’esperienza di gioco uguale a tutti i giocatori, mentre altri sono passati in secondo piano, come la grafica. Si è passati a produrre videogiochi con un ciclo vitale più lungo che in passato, e ad investire molto sull’aspetto server.
Qual è il problema di questa situazione? Stiamo assistendo alla scomparsa dei giochi online “for fun”, privi di qualsiasi velleità competitiva. Prendiamo come esempio Battlefront: classico sparatutto online, aveva come punti di forza un gameplay estremamente semplice e immediato e un lato tecnico pressoché perfetto, che garantivano l’immedesimazione del giocatore. Tuttavia è stato un grosso insuccesso per DICE e EA: dopo l’hype iniziale il numero di utenti è calato vertiginosamente, proprio perché mancava una dimensione competitiva che invogliasse i giocatori a continuare a passare il proprio tempo a pilotare degli X-Wing. Un simile destino è toccato a Titanfall, anche se per la ragione opposta: Respawn aveva presentato la sua creatura come l’fps competitivo online definitivo, ma alla prova dei fatti fallì miseramente. Al lancio mancava ad esempio un sistema di tornei e di leghe, che sarebbe stato aggiunto più avanti, non c’erano server privati e soprattutto c’erano notevoli problemi di bilanciamento, con alcune armi che non premiavano sufficientemente l’abilità del giocatore (chi si ricorda la pistola con aimbot incluso?).
Questo cambierà? Probabilmente sì. La passione smodata per l’eSport non è altro che una moda, e come tutte le mode non durerà in eterno. Per ora tuttavia bisogna rassegnarsi ad avere sempre più titoli che puntano a diventare sport elettronici, sperando negli indie e nelle produzioni più originali.
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