Un affare mostruoso emerge dalla terra e chiama il mio nome. Non può essere, non di nuovo. Perchè deve succedere a me? Questi cosi sono ovunque, credo che ci osservino. Ogni giorno sbucano dal sottosuolo e ci chiamano, perchè non ci lasciano liberi? Sento il mio corpo pesante, ma devo alzarmi e andare. Esco fuori dal bunker in cui non arriva la luce del sole, sono nudo. Fuori il cielo sembra fatto di plastica, ogni cosa è ricoperta di verde, mi dà la nausea. Guardo le mie mani, deformate, e mi viene da vomitare, non riesco a stringere alcun oggetto. Un passo dopo l’altro sono in strada, e vedo i miei compagni, gonfi, come me. Dobbiamo urlare il nostro nome, e poi mostrare tutta la nostra gioia verso il Padrone, che ci osserva dall’alto. Non l’abbiamo mai sentito parlare, ma il suo sguardo folle è sufficente per impartire noi gli ordini. E allora balliamo, ci dimeniamo e salutiamo, e lui è felice, e accenna una risata. Anche oggi siamo salvi. Dobbiamo costantemente muoverci se vogliamo sopravvivere, e allora camminiamo e corriamo, finchè non veniamo sopraffatti dai dolori. A quel punto un’enorme sistema di areazione meccanico inizia a girare e diffonde nell’aria della polvere brillante che una volta inalata cancella le nostre volontà e i nostri patimenti fisici, consentendo di muoversi fino a sera. Intorno a noi piante allucinogene – a tratti mi sembra di parlare coi fiori. Quei pochi animali sopravvissuti, perlopiù innocui conigli, pascolano indifesi e ci osservano.
Non so come siamo finiti in questo sintetico luogo di prigionia. Non ricordo niente della mia vita prima, come ogni mio compagno. Queste giornate uguali a se stesse e tutte queste droghe hanno cancellato la nostra memoria, non so per quanto ancora riuscirò a ricavare questi momenti di lucidità. Nella mia squadra siamo rimasti in quattro, ma non riusciamo scambiarci discorsi di senso compiuto. Sento il mio cervello spappolarsi, è l’ultima delle trasformazioni fisiche che abbiamo passato. In principio sono state le gambe, sempre più grandi, sempre più pesanti, poi i fianchi, il bacino rotondo. Credo sia un modo per non farci fuggire, in queste condizioni non riuscirei a scavalcare nessuna recinzione. E poi le braccia che si accorciano, perdono massa muscolare, non riesco neanche più a toccarmi la testa. La mia testa gonfia, enorme, pesante da sorreggere. Eppure dobbiamo continuare a muoverci, e danzare. Le orecchie si sono allargate, l’udito affinato. E’ un meccanismo di controllo: se smettiamo di ballare dagli altoparlanti le fanfare si fanno più forti, e causano dolore. Tutto il giorno con queste marcette militari. Ma cos’è questo? Un campo di prigionia? Si mangia solo una sbobba densa, di colori improbabili.
Alterazioni chimiche nel mio organismo, anche i peli hanno cambiato colore, hanno un aspetto più tossico, più sgargiante. Mi sento radioattivo – “IL PARDONE E’ LA LUCE! IL PADRONE E’ IL BENE!” – non riesco neanche a guardarlo, luci lo circondano e lo abbagliano. Ma dove siamo? Dove siamo?! Cosa siamo diventati? Sono radioattivo, al centro del mio corpo hanno istallato un macchinario. Ogni tanto si illumina, brucia, brucia come l’inferno dentro le mie membra. Si accende e noi dobbiamo fermarci e osservarlo. Ma perchè? Qual è il senso di tutto questo? Mi sento come osservato da qualcuno, come se la nostra sofferenza fosse una forma di intrattenimento per divertiti spettatori. E poi di nuovo altoparlanti che sbucano dal terreno: “SALUTATE IL PADRONE, IL PADRONE E’ LA LUCE!”. E noi balliamo e salutiamo, e ripetiamo i nostri nomi: “CIAO-CIAO!”. Siamo salvi per un altro giorno.
Torniamo nei bunker e di nuovo arriva il buio.
Per sempre.
LIBERAMENTE ISPIRATO DA: https://www.youtube.com/watch?v=DbQYfEvMXcM
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