Fino a due mesi fa il brand Volkswagen era una delle poche certezze che il mondo poteva ancora ammirare. Una azienda in grado di diventare il primo costruttore mondiale di automobili in pochi anni, che da sempre è stata ambasciatrice del made in Germany esportato in tutto il mondo. Come tutti sanno, però lo scandalo del Dieselgate si è abbattuto come una scure sul colosso di Wolfsburg, mandando nel panico migliaia di azionisti e milioni di clienti e facendo uscire a galla la verità: in Germania, qualcuno non sa costruire le auto.
E quel qualcuno usa come slogan “Das Auto“. L’automobile per antonomasia.
In poco tempo si viene a scoprire quello che molti addetti ai lavori già intuivano. Alla VAG (gruppo proprietario di VW, Audi, SEAT, Skoda, Ducati, Lamborghini, Porsche e Bugatti) si è sempre speso moltissimo in operazioni di marketing e davvero poco in ricerca e sviluppo. Mentre qualcuno investiva in motori diesel all’apice della tecnologia (ad esempio il Multijet Fiat, lo SkyActive Mazda, i 6 cilindri in linea BMW) qualcun altro si vantava di essere all’avanguardia della tecnica e di sfornare i cosiddetti “Clean Diesel“, che di pulito avevano ben poco.
Tralasciando le enormi multe e i costi che le piomberanno addosso, alla VAG interessa principalmente una cosa: ricostruire l’immagine del proprio brand. Ma come?
Innanzitutto minimizzando e nascondendo tutto ciò che sta venendo fuori. Il problema è che a quanto pare, dopo non essersi fatti scrupoli della salute degli abitanti del pianeta (vendendo milioni di veicoli che emettono NOx 40 volte oltre il dovuto), sembra non si facciano scrupoli anche nelle nuove campagne di marketing.
Il primo caso riguarda un articolo del giornale francese Le Canard enchaîné che il 30 Settembre ha pubblicato una lettera inviata dalla VW alla stampa francese. Il succo del discorso è che in cambio del silenzio sulla vicenda, la già pianificata pubblicità Audi sarebbe continuata, e l’assegno da oltre 1.400.000 euro incassato.
La seconda avvisaglia arriva dal giornale Libero, che in questo articolo annuncia di non aver teso la mano a VW e di averne pagato le conseguenze, tramite il ritiro della campagna pubblicitaria Audi.
Benché tutto questo sia perfettamente legale, può sorgere il dubbio che la VW stia cercando con ogni mezzo di bloccare eventuali articoli contro di lei, invece di prodigarsi a collaborare con le indagini una volta per tutte. Specialmente considerando che, a conti fatti, non ci può essere via d’uscita.
Consideriamo, oltre alle multe miliardarie, i costi per gli interventi di aggiornamento delle auto conivolte. Un motore mal progettato per generare poco inquinamento deve subire una pesante modifica prima di poter essere reimmatricolato. Confrontando i dati trovati in giro, possiamo dire che tutti i motori “truccati” devono subire modifiche per almeno 3000 €; moltiplicato per 11 milioni di auto, fanno 33 miliardi di euro.
Durante questi 5 anni le auto VW hanno approfittato di incentivi statali che invitavano la gente a comprare auto a basso impatto ambientale. Anche questi soldi andrebbero restituiti, per un totale qualche altro miliardo di euro.
Questo per quanto riguarda i motori Diesel euro 5. Recentemente è uscito fuori che anche i motori a benzina potrebbero avere dei problemi di software pirata.
Nel frattempo, si nota che sul Corriere della Sera, in data odierna (Lunedì 9 Novembre) di articoli sul DieselGate non c’è traccia. Sull’edizione di ieri era comparso un piccolo articolo che parlava del licenziamento del designer.
Forse, a guardare la prima, l’ultima pagina, pagina 2, 3, 6, 7, 10, 11, si può anche intuire il perché.
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