Bene, sono passate più di quarantottore dalla dipartita del Bud nazionale, e quindi un articolo su di lui non rientra più nell’ambito dei coccodrilli e/o del click baiting.
In un anno pregno di scomparse di pregio, tra David Bowie, Umberto Eco e Buonanno, perché a suscitare il maggior clamore sui social italici è stato proprio un attore degli anni ’70 e ’80 noto per film blandamente demenziali per bambini? La risposta è una di quelle con cui per laureato in materie umanistiche può sentirsi orgoglioso del suo pezzo di carta: non si piange per quello che Bud Spencer è stato (tra le altre cose, un candidato di Forza Italia nel 2005), ma per quello che Bud Spencer rappresentava. Cioè, banalmente, un felice ricordo di infanzia.
Prima di sprecare i propri anni migliori a guardare gli streaming di League of Legends, infatti, svariate generazioni di infanti sono cresciute all’ombra del tubo catodico. E, prima di Sky e Netflix, non è che il palinsesto italiano offrisse poi ‘ste grandi alternative. E allora, per dare un senso alle serate invernali prima del coprifuoco genitoriale, ci si arrangiava con quello che capitava. E quello che repubblica.it ha definito “Il gigante buono” spesso e volentieri la faceva da padrone, dando da solo uno scopo all’esistenza di Rete Quattro.
Non ha molto senso mettersi a citare film specifici o singole scene, perché in fondo alla risposta “Cos’hai visto ieri sera?” durante la ricreazione del giorno dopo, si rispondeva ineluttabilmente “Bud Spencer”, o, al più, “Bud Sperence e Terence Hill”. La filmografia di Carlo Pedersoli vede infatti pellicole perlopiù intercambiabili tra loro, con ambientazioni genericamente esotiche, cattivi fumettosi, spalle comiche sempre simili, battute da oratorio, moralismi annacquati al punto giusto per non far alzare il sopracciglio né al babbo democristiano né a quello comunista, e soprattutto una marea di simpatici cazzottoni, che rallegravano tutta la famiglia dai 6 ai 90 anni.
Sarebbe ingenuo definire questa ripetività una debolezza, visto che è invece il punto centrale del successo dell’omaccione barbuto (ma sufficientemente ingenuo e bonaccione da non rischiare di finire nell’iconografia omoerotica del bear): un film di Bud Spencer vale letteralmente l’altro. Che vuole anche dire: sai esattamente quello che stai per vedere, e pertanto, se decidi di farlo, non sarai mai deluso. Per questo preciso motivo Bud Spencer è diventato un idolo internazionale, degli anni ’70, ’80, ’90 (le cheeky spam) e ’00: perché è sempre uguale, lui e i suoi film, abbastanza generici da essere senza tempo.
Per motivi di phisique du role ma anche anagrafici, visto che nei suoi anni d’oro non si occupava di film ma di vasche in piscina, il ruolo di Bud nei suoi film è sempre quello dell’uomo vissuto che se ne sbatte sostanzialmente il cazzo, ma che suo malgrado si ritrova a dover combattere, metaforicamente o anche no, contro i cattivi, per difendere qualche povero sfigato oppure se stesso. L’iconografia, che rischia di consegnare la sua facciona alla cultura pop al pari dello sguardo sognante di John Lennon o quello fiero di Che Guevara, ce lo mostra con un sorrisone bonario, e, ovviamente, il cazzotto pronto. I personaggi di Bud menavano un sacco di gente nei film, ma nessuno ci lasciava mai le penne, e non erano mai scazzottate rabbiose né folli, e neanche veramente divertite: Bud mollava ceffoni e manrovesci non per cattiveria o vendetta, ma semplicemente perché era nella sua natura farlo. Io volevo solo il mio tappeto, diceva un altro idolo cinematografico; ebbene, Bud non voleva fare a botte, mai, voleva sempre e solo starsene per i cazzi suoi su un peschereccio, al saloon, o in giro con una Dune Buggy, a seconda dell’ambientazione. Però puntualmente arrivava qualche stronzo a rompere il cazzo, e quindi al buon vecchio gigante buono toccava far valere i suoi diritti, sbuffando e elargendo battute vagamente sarcastiche, perché non c’è peggior cattivo del buono che diventa cattivo, e insomma ci siamo capiti, ecco.
Sicuramente Bud Spencer è stato un idolo infantile per tantissimi, maschi e (a volte) femmine, ricchi e poveri, nerd e sportivi. Ma nessuno, credo, voleva veramente essere Bud (al contrario di quanto scritto nei coccodrilli da qualche tirocinante che la mattina del 28 giugno si trovava con l’ansia a dover spulciare wikipedia), perché non è mai stato lui quello figo. Bud era quello che volevamo fossero i nostri padri o i nostri fratelli maggiori: un guardiano del bene simpatico e rilassato. Noi invece abbiamo sempre voluto essere l’altra metà della mitica coppia, la scheggia impazzita, il figone ironico, non il burbero con il cuore d’oro ma l’adorabile bastardo. Noi non volevamo avere responsabilità, né sbatterci per partire verso nuove avventure, non volevamo altro che metterci al traino di un cavallo sbadigliando, e ordinargli: “California”.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.