Tra tutti gli articoli che ho scritto sui ricordi pop/nerd degli anni ’90, mancava forse quello per me più importante. Del resto, cosa dire su Final Fantasy VII che non sia già stato scritto su articoli pomposi o, meglio, dibattuto allo sfinimento su forum da più o meno adolescenti brufolosi? Che senso ha fare ancora una classifica dei migliori FF, discutere se sia meglio Aeris o Tifa, su quanto sia emo Cloud e se Sephiroth sia solo uno schizzato in preda a deliri tipicamente freudiani o “solo” uno dei personaggi più fighi mai visti in un videogioco, e non solo?
Altrettanto difficile è raccontare quello che ha significato FF VII per me.
Appena ricevuta in dono la buona vecchia Playstation nell’autunno del 1998, non avevo ancora accesso a internet ma ero abbastanza organizzato da aver collezionato una discreta quantità di riviste per capire quali giochi non mi dovessi perdere. Tra le varie figate già pubblicate, una svettava su tutti: questo Final Fantasy VII, un gioco di ruolo giapponese potenzialmente molto figo. Così diedi fondo al cash della cresima (beh, a 12 anni cosa non si fa per aver due lire in più) per andare al negozio locale: mi ricordo che il gestore mi guardò con un po’ di scetticismo:
“Ma mi han detto che complicatissimo e tutto in inglese”
Quella sera avevo già invitato due amici per il dopocena. Anche se non era certo il gioco ideale per tale contesto, infilai il primo CD e continuai a perdermi per le strade di Midgar fino ad aver farmato abbastanza da battere il primo boss anche se il sistema di combattimento non mi era un cazzo chiaro. Fin dall’inizio, FFVII mi aveva rapito. Vuoi la presentazione “cinematografica” dei vari filmati che ai tempi erano davvero tanta roba, vuoi il sistema di gioco da gdr che misconoscevo, vuoi i fitti dialoghi in inglese che rappresentavano più una sfida che un ostacolo, dizionario alla mano, vuoi le atmosfere dark di Midgar.
Sì, Midgar. Nella mia scostante e ultimamente alquanto trascurata esperienza da gamer, non ricordo di aver mai amato e odiato una città virtuale così tanto. Durante il mio primo “giro”, penso di averci passato minimo minimo 20 ore, girando per slums e centrali Mako, cazzeggiando nel Wall Market (la scena di Cloud travestito ha fatto la storia), esplorando gli anfratti, emozionandomi come mai prima in un videogioco (ed ero ancora molto lontano da QUELLA scena, ci siamo capiti). Per non parlare della Shinra Tower: io sono stato tra i rari sfigati ad aver scelto l’opzione di prendere le scale invece che salire con l’ascensore, eppure quella mezzoretta di gioco ripetitiva ed alineante mi ha nondimeno affascinato, per il gusto di essere uscito dai binari tracciati e di scoprire ogni singolo spezzone di dialogo, anche il più ridicolo.
E poi la fuga in moto, che ai tempi era visivamente impressionante, il primo boss vagamente serio, la creazione del party e, cazzo, dopo chissà quante ore, la mappa del mondo da esplorare. Considerate che era il mio primo jrpg, che non ero ancora smaliziato con il 3d e che, beh, ero un cazzo di niubbo dodicenne. In realtà per tutto il primo disco c’è ben poco da esplorare, ma a me sembrava già un mondo a parte. Poi a Kalm e il famoso (finto) flashback, che fa finalmente accellerare la trama. Poi il Midgar Zolom. E poi… vabbè mobbasta, che non ci tengo particolarmente a finire nel patetico.
Beh, questo 17 anni va. Stamattina invece, alzandomi alle 6 per via di un cristo di calabrone che si illudeva di riuscire a forzare le zanzariere, ho visto questo:
E pur con la coscienza che NULLA potrà mai coinvolgermi e appassionarmi anche solo vagamente quanto FF VII nel 1998, tutto ciò mi sembra comunque una discreta figata. Dite che il filtro della nostalgia mi sta facendo scivolare verso l’inevitabile delusione? Boh, vedremo, tanto chissà quanto ci metteranno, avrò tempo per pentirmene.
23 Ottobre 2017
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